Baby gang latine, segnali di presenze anche a Piacenza. “Ma nessun allarme”

La cronaca nera degli ultimi anni non mente. Da qualche anno anche a Piacenza si osservano segnali di presenza di bande giovanili di strada di estrazione latino-americana che si richiamano a quelle esistenti in America come i Latin Kings e i Nietas. "Segnali che vanno tenuti monitorati, ma che non devono destare allarme". Parola di Gian Guido Nobili della Regione Emilia Romagna Ada sicurezza autore di due diverse ricerche sul tema che sono partiti da analisi europee. I dati di questi studi sono stati illustrati nel corso del convegno "Bande giovanili e violenza nello spazio pubblico" che si è svolto presso la Cappella Ducale. Ad aprire i lavori sono stati il sindaco Paolo Dosi, la comandante della Polizia Municipale Renza Malchiodi e il vicequestore di Piacenza, Mei, quindi, dopo la relazione di Nicola Gallo, consigliere nazionale Anfp, sono intervenuti Gian Guido Nobili, responsabile dell’Area ricerca e progettazione del Servizio Politiche per la sicurezza e la polizia locale della Regione Emilia-Romagna, e Stefania Crocitti, ricercatrice presso l’Università di Bologna, che hanno presentato gli esiti delle ricerche condotte sul campo in Europa, in Italia e nel territorio piacentino. A seguire, Marcello Sasso, funzionario della direzione Città sicura di Genova, e Alessandra Bucci, primo dirigente della Polizia di Stato del capoluogo ligure, illustreranno il fenomeno delle bande giovanili e delle “pandillas” latino americane presenti nella città della Lanterna. Nel corso dell’iniziativa è stato distribuito il volume “EU street violence. Bande giovanili e violenza nello spazio pubblico”, pubblicato da Efus – Forum europeo per la sicurezza urbana, che raccoglie alcune esperienze europee in tema di devianza giovanile di gruppo e fornisce un quadro delle strategie preventive e reattive che le amministrazioni del territorio hanno definito e applicato in questi ultimi anni. Sono state raccontate alcune esperienze vissute sul campo da parte anche degli inquirenti. Nobili ha spiegato che dagli studi "certi segnali vengono ridimensionati. Ci sono segnali di aggregazioni giovanili, ma di vere e proprie gang sono assenti nel panorama della nostra regione. Questo è perché pagano certe politiche di welfare messe in atto in questi anni". La questione bande giovanili non ha nulla a che vedere con le forme di bullismo. Attenzione però al fatto che nel panorama regionale sono Bologna e Piacenza a far emergere qualche piccolo germe di presenza di gang latino – americane. Piacenza, 7 maggio 2014 Oggetto: “Le bande giovanili in Emilia-Romagna tra fenomeni migratori e devianza”, alcuni aspetti emersi dalla ricerca condotta da Stefania Crocitti (Università di Bologna) Nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto in alcune aree urbane dell’Italia settentrionale, si è manifestata la presenza di organizzazioni giovanili di strada di estrazione latino-americana, talora denominate “bande”, spesso richiamantesi a organizzazioni già esistenti in Nord America (in particolare a New York) e/o in America Latina come i “Latin Kings/Queens” e “Netas”. Alcuni segnali indicano la presenza di simili realtà organizzate, per quanto ancora debolmente e con scarsa visibilità, in alcune zone dell’Emilia occidentale. Altrove nella Regione, si segnala invece la presenza di un contesto potenzialmente favorevole allo strutturarsi di simili organizzazioni giovanili. La nozione di Eurogang, definisce la banda di strada come un gruppo di giovani che ha una certa stabilità nel tempo, si ritrova in luoghi non soggetti al controllo degli adulti e sviluppa un’identità collettiva caratterizzata dal coinvolgimento in attività illegali. Sulla base delle ricerche condotte in America, l’uso degli spazi pubblici si configura in termini di territorialità: l’occupazione di una determinata area urbana considerata e difesa come fosse di proprietà della banda. Le indagini legate all’approccio della criminologia culturale condotte in Italia hanno evidenziato come le aggregazioni giovanili rappresentino delle strategie di resistenza alla subalternità, di mutuo aiuto e di riconoscimento messe in atto dai figli dell’immigrazione (provenienti soprattutto dall’America Latina). La ricostruzione e l’analisi “dall’interno” del vissuto dei giovani migranti hanno messo in luce come la partecipazione alle “bande” possa intendersi quale riconfigurazione in modo collettivo delle condizioni di marginalità e vulnerabilità sociali. La costruzione mediatica delle aggregazioni giovanili come baby gang ed il conseguente allarme sociale creato nell’opinione pubblica hanno indotto ad approfondire il fenomeno, anche per contrastare campagne di stampa che alimentano sentimenti di insicurezza nei confronti di presunte pericolose bande di adolescenti e per decostruire la loro immagine come “bande delinquenti”. L’indagine si è mossa su un doppio binario, esplorativo ed interpretativo. Esplorativo, nel senso di una ricostruzione della presenza delle “bande giovanili di strada” in Emilia-Romagna; interpretativo, in quanto rivolto a comprendere la natura dei gruppi giovanili dell’Emilia-Romagna alla stregua dei modelli elaborati all’interno di alcune tradizioni socio-criminologiche. In ciascuna provincia dell’Emilia-Romagna (tra luglio 2011 e maggio 2012), sono state condotte interviste e focus group con testimoni privilegiati (educatori sociali, animatori di strada, dirigenti scolastici, operatori di polizia, esponenti delle amministrazioni locali e rappresentanti degli stranieri) coinvolti nella programmazione ed attuazione di politiche giovanili, educative, sociali e di sicurezza. I testimoni privilegiati concordano sul fatto che in Emilia-Romagna solo alcune aggregazioni giovanili sono paragonabili alle bande. Di compagnie giovanili sul territorio ce ne sono tante ma vere e proprie baby gang si riscontrano solo in alcune realtà: a Piacenza Latin King New York, Latin King Chicago e Ñetas, gruppi che – come nel resto della regione – presentano forti analogie con le gang americane ed europee. La ricerca ha messo in rilievo come in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna siano stati realizzati programmi di intervento incentrati principalmente su attività volte a favorire la socializzazione degli adolescenti attraverso l’apertura di centri di aggregazione e l’organizzazione di programmi di animazione ed educativa di strada. L’obiettivo degli interventi è stato duplice: creare occasioni e luoghi di incontro e svago per i giovani (alternativi rispetto allo spazio pubblico e più strutturati) promuovendo, al tempo stesso, il senso civico e la cittadinanza attiva degli adolescenti. Progetti che danno una risposta adeguata ai bisogni di ricerca di identità e autostima dei ragazzi coinvolti; promuovono il rispetto delle regole di convivenza; mettono a disposizione dei gruppi spazi che non rappresentano soltanto un luogo fisico di incontro, ma anche e soprattutto uno spazi simbolici in cui costruire significative reti di relazione sia con gli adulti che tra coetanei. Il disagio giovanile che sta alla base dei gruppi di strada trova origine in diversi ambiti, anzitutto nel contesto familiare e nella scuola. La scuola rappresenta il principale strumento di emancipazione sociale, in quanto consente l’acquisizione delle conoscenze e competenze professionali necessarie per accedere alle attività occupazionali che costituiscono l’orizzonte delle opportunità lecite. In questo senso, la scuola deve essere capace di re-inventare il proprio ruolo, adeguandolo alle mutate condizioni della struttura sociale. Le famiglie, in particolare quelle migranti, necessitano dell’aiuto necessario a superare le difficoltà che di regola seguono al ricongiungimento del nucleo familiare. Come messo in rilievo dagli intervistati proprio qui a Piacenza, il ricongiungimento familiare mette in discussione il ruolo dei genitori come figure di riferimento e d’autorità. Se il genitore è in difficoltà, come può fare da guida se lui stesso è perso? Quali opportunità può offrire al figlio adolescente, come può orientarlo? Per quanto riguarda i progetti che nello specifico mirano a contrastare la delinquenza giovanile, a Piacenza, si è analizzata un’interessante e complessa attività di intervento delle forze di polizia basata su una serie di strategie selettive di controllo. Al fine di ridurre la coesione del gruppo e per delegittimare la leadership dei capi dei Latin King, la polizia ha messo in atto, tra l’altro, delle misure di prevenzione estese a tutta la comunità ecuadoriana. I ragazzi ecuadoriani (e le loro famiglie) sono stati sottoposti a controllo dei documenti nelle scuole, nei quartieri di residenza, nei locali di ritrovo dei sudamericani, sui luoghi di lavoro. L’efficacia dell’intervento – che secondo i poliziotti intervistati ha evitato il radicarsi del fenomeno bande a Piacenza – è stata confermata anche da altri intervistati, i quali tuttavia sostengono che non sono stati eliminati i fattori di rischio della formazione delle bande. Nell’ultima fase della ricerca si è proceduto all’analisi dei risultati – sia quantitativi che qualitativi – in relazione, anzitutto, alla definizione ed ai caratteri tipici delle “bande”, ma anche in merito alla formulazione di ipotesi sulla consistenza e sullo sviluppo potenziale di “bande” giovanili nel territorio dell’Emilia-Romagna. Particolare attenzione è stata inoltre dedicata all’individuazione delle modalità di risposta e delle forme di prevenzione del fenomeno. Piacenza, 7 maggio 2014 Oggetto: “Le bande giovanili in Emilia-Romagna tra fenomeni migratori e devianza”, alcuni aspetti emersi dalla ricerca condotta da Stefania Crocitti (Università di Bologna) Nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto in alcune aree urbane dell’Italia settentrionale, si è manifestata la presenza di organizzazioni giovanili di strada di estrazione latino-americana, talora denominate “bande”, spesso richiamantesi a organizzazioni già esistenti in Nord America (in particolare a New York) e/o in America Latina come i “Latin Kings/Queens” e “Netas”. Alcuni segnali indicano la presenza di simili realtà organizzate, per quanto ancora debolmente e con scarsa visibilità, in alcune zone dell’Emilia occidentale. Altrove nella Regione, si segnala invece la presenza di un contesto potenzialmente favorevole allo strutturarsi di simili organizzazioni giovanili. La nozione di Eurogang, definisce la banda di strada come un gruppo di giovani che ha una certa stabilità nel tempo, si ritrova in luoghi non soggetti al controllo degli adulti e sviluppa un’identità collettiva caratterizzata dal coinvolgimento in attività illegali. Sulla base delle ricerche condotte in America, l’uso degli spazi pubblici si configura in termini di territorialità: l’occupazione di una determinata area urbana considerata e difesa come fosse di proprietà della banda. Le indagini legate all’approccio della criminologia culturale condotte in Italia hanno evidenziato come le aggregazioni giovanili rappresentino delle strategie di resistenza alla subalternità, di mutuo aiuto e di riconoscimento messe in atto dai figli dell’immigrazione (provenienti soprattutto dall’America Latina). La ricostruzione e l’analisi “dall’interno” del vissuto dei giovani migranti hanno messo in luce come la partecipazione alle “bande” possa intendersi quale riconfigurazione in modo collettivo delle condizioni di marginalità e vulnerabilità sociali. La costruzione mediatica delle aggregazioni giovanili come baby gang ed il conseguente allarme sociale creato nell’opinione pubblica hanno indotto ad approfondire il fenomeno, anche per contrastare campagne di stampa che alimentano sentimenti di insicurezza nei confronti di presunte pericolose bande di adolescenti e per decostruire la loro immagine come “bande delinquenti”. L’indagine si è mossa su un doppio binario, esplorativo ed interpretativo. Esplorativo, nel senso di una ricostruzione della presenza delle “bande giovanili di strada” in Emilia-Romagna; interpretativo, in quanto rivolto a comprendere la natura dei gruppi giovanili dell’Emilia-Romagna alla stregua dei modelli elaborati all’interno di alcune tradizioni socio-criminologiche. In ciascuna provincia dell’Emilia-Romagna (tra luglio 2011 e maggio 2012), sono state condotte interviste e focus group con testimoni privilegiati (educatori sociali, animatori di strada, dirigenti scolastici, operatori di polizia, esponenti delle amministrazioni locali e rappresentanti degli stranieri) coinvolti nella programmazione ed attuazione di politiche giovanili, educative, sociali e di sicurezza. I testimoni privilegiati concordano sul fatto che in Emilia-Romagna solo alcune aggregazioni giovanili sono paragonabili alle bande. Di compagnie giovanili sul territorio ce ne sono tante ma vere e proprie baby gang si riscontrano solo in alcune realtà: a Piacenza Latin King New York, Latin King Chicago e Ñetas, gruppi che – come nel resto della regione – presentano forti analogie con le gang americane ed europee. La ricerca ha messo in rilievo come in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna siano stati realizzati programmi di intervento incentrati principalmente su attività volte a favorire la socializzazione degli adolescenti attraverso l’apertura di centri di aggregazione e l’organizzazione di programmi di animazione ed educativa di strada. L’obiettivo degli interventi è stato duplice: creare occasioni e luoghi di incontro e svago per i giovani (alternativi rispetto allo spazio pubblico e più strutturati) promuovendo, al tempo stesso, il senso civico e la cittadinanza attiva degli adolescenti. Progetti che danno una risposta adeguata ai bisogni di ricerca di identità e autostima dei ragazzi coinvolti; promuovono il rispetto delle regole di convivenza; mettono a disposizione dei gruppi spazi che non rappresentano soltanto un luogo fisico di incontro, ma anche e soprattutto uno spazi simbolici in cui costruire significative reti di relazione sia con gli adulti che tra coetanei. Il disagio giovanile che sta alla base dei gruppi di strada trova origine in diversi ambiti, anzitutto nel contesto familiare e nella scuola. La scuola rappresenta il principale strumento di emancipazione sociale, in quanto consente l’acquisizione delle conoscenze e competenze professionali necessarie per accedere alle attività occupazionali che costituiscono l’orizzonte delle opportunità lecite. In questo senso, la scuola deve essere capace di re-inventare il proprio ruolo, adeguandolo alle mutate condizioni della struttura sociale. Le famiglie, in particolare quelle migranti, necessitano dell’aiuto necessario a superare le difficoltà che di regola seguono al ricongiungimento del nucleo familiare. Come messo in rilievo dagli intervistati proprio qui a Piacenza, il ricongiungimento familiare mette in discussione il ruolo dei genitori come figure di riferimento e d’autorità. Se il genitore è in difficoltà, come può fare da guida se lui stesso è perso? Quali opportunità può offrire al figlio adolescente, come può orientarlo? Per quanto riguarda i progetti che nello specifico mirano a contrastare la delinquenza giovanile, a Piacenza, si è analizzata un’interessante e complessa attività di intervento delle forze di polizia basata su una serie di strategie selettive di controllo. Al fine di ridurre la coesione del gruppo e per delegittimare la leadership dei capi dei Latin King, la polizia ha messo in atto, tra l’altro, delle misure di prevenzione estese a tutta la comunità ecuadoriana. I ragazzi ecuadoriani (e le loro famiglie) sono stati sottoposti a controllo dei documenti nelle scuole, nei quartieri di residenza, nei locali di ritrovo dei sudamericani, sui luoghi di lavoro. L’efficacia dell’intervento – che secondo i poliziotti intervistati ha evitato il radicarsi del fenomeno bande a Piacenza – è stata confermata anche da altri intervistati, i quali tuttavia sostengono che non sono stati eliminati i fattori di rischio della formazione delle bande. Nell’ultima fase della ricerca si è proceduto all’analisi dei risultati – sia quantitativi che qualitativi – in relazione, anzitutto, alla definizione ed ai caratteri tipici delle “bande”, ma anche in merito alla formulazione di ipotesi sulla consistenza e sullo sviluppo potenziale di “bande” giovanili nel territorio dell’Emilia-Romagna. Particolare attenzione è stata inoltre dedicata all’individuazione delle modalità di risposta e delle forme di prevenzione del fenomeno. Nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto in alcune aree urbane dell’Italia settentrionale, si è manifestata la presenza di organizzazioni giovanili di strada di estrazione latino-americana, talora denominate “bande”, spesso richiamantesi a organizzazioni già esistenti in Nord America (in particolare a New York) e/o in America Latina come i “Latin Kings/Queens” e “Netas”. Alcuni segnali indicano la presenza di simili realtà organizzate, per quanto ancora debolmente e con scarsa visibilità, in alcune zone dell’Emilia occidentale. Altrove nella Regione, si segnala invece la presenza di un contesto potenzialmente favorevole allo strutturarsi di simili organizzazioni giovanili. La nozione di Eurogang, definisce la banda di strada come un gruppo di giovani che ha una certa stabilità nel tempo, si ritrova in luoghi non soggetti al controllo degli adulti e sviluppa un’identità collettiva caratterizzata dal coinvolgimento in attività illegali. Sulla base delle ricerche condotte in America, l’uso degli spazi pubblici si configura in termini di territorialità: l’occupazione di una determinata area urbana considerata e difesa come fosse di proprietà della banda. Le indagini legate all’approccio della criminologia culturale condotte in Italia hanno evidenziato come le aggregazioni giovanili rappresentino delle strategie di resistenza alla subalternità, di mutuo aiuto e di riconoscimento messe in atto dai figli dell’immigrazione (provenienti soprattutto dall’America Latina). La ricostruzione e l’analisi “dall’interno” del vissuto dei giovani migranti hanno messo in luce come la partecipazione alle “bande” possa intendersi quale riconfigurazione in modo collettivo delle condizioni di marginalità e vulnerabilità sociali. La costruzione mediatica delle aggregazioni giovanili come baby gang ed il conseguente allarme sociale creato nell’opinione pubblica hanno indotto ad approfondire il fenomeno, anche per contrastare campagne di stampa che alimentano sentimenti di insicurezza nei confronti di presunte pericolose bande di adolescenti e per decostruire la loro immagine come “bande delinquenti”. L’indagine si è mossa su un doppio binario, esplorativo ed interpretativo. Esplorativo, nel senso di una ricostruzione della presenza delle “bande giovanili di strada” in Emilia-Romagna; interpretativo, in quanto rivolto a comprendere la natura dei gruppi giovanili dell’Emilia-Romagna alla stregua dei modelli elaborati all’interno di alcune tradizioni socio-criminologiche. In ciascuna provincia dell’Emilia-Romagna (tra luglio 2011 e maggio 2012), sono state condotte interviste e focus group con testimoni privilegiati (educatori sociali, animatori di strada, dirigenti scolastici, operatori di polizia, esponenti delle amministrazioni locali e rappresentanti degli stranieri) coinvolti nella programmazione ed attuazione di politiche giovanili, educative, sociali e di sicurezza. I testimoni privilegiati concordano sul fatto che in Emilia-Romagna solo alcune aggregazioni giovanili sono paragonabili alle bande. Di compagnie giovanili sul territorio ce ne sono tante ma vere e proprie baby gang si riscontrano solo in alcune realtà: a Piacenza Latin King New York, Latin King Chicago e Ñetas, gruppi che – come nel resto della regione – presentano forti analogie con le gang americane ed europee. La ricerca ha messo in rilievo come in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna siano stati realizzati programmi di intervento incentrati principalmente su attività volte a favorire la socializzazione degli adolescenti attraverso l’apertura di centri di aggregazione e l’organizzazione di programmi di animazione ed educativa di strada. L’obiettivo degli interventi è stato duplice: creare occasioni e luoghi di incontro e svago per i giovani (alternativi rispetto allo spazio pubblico e più strutturati) promuovendo, al tempo stesso, il senso civico e la cittadinanza attiva degli adolescenti. Progetti che danno una risposta adeguata ai bisogni di ricerca di identità e autostima dei ragazzi coinvolti; promuovono il rispetto delle regole di convivenza; mettono a disposizione dei gruppi spazi che non rappresentano soltanto un luogo fisico di incontro, ma anche e soprattutto uno spazi simbolici in cui costruire significative reti di relazione sia con gli adulti che tra coetanei. Il disagio giovanile che sta alla base dei gruppi di strada trova origine in diversi ambiti, anzitutto nel contesto familiare e nella scuola. La scuola rappresenta il principale strumento di emancipazione sociale, in quanto consente l’acquisizione delle conoscenze e competenze professionali necessarie per accedere alle attività occupazionali che costituiscono l’orizzonte delle opportunità lecite. In questo senso, la scuola deve essere capace di re-inventare il proprio ruolo, adeguandolo alle mutate condizioni della struttura sociale. Le famiglie, in particolare quelle migranti, necessitano dell’aiuto necessario a superare le difficoltà che di regola seguono al ricongiungimento del nucleo familiare. Come messo in rilievo dagli intervistati proprio qui a Piacenza, il ricongiungimento familiare mette in discussione il ruolo dei genitori come figure di riferimento e d’autorità. Se il genitore è in difficoltà, come può fare da guida se lui stesso è perso? Quali opportunità può offrire al figlio adolescente, come può orientarlo? Per quanto riguarda i progetti che nello specifico mirano a contrastare la delinquenza giovanile, a Piacenza, si è analizzata un’interessante e complessa attività di intervento delle forze di polizia basata su una serie di strategie selettive di controllo. Al fine di ridurre la coesione del gruppo e per delegittimare la leadership dei capi dei Latin King, la polizia ha messo in atto, tra l’altro, delle misure di prevenzione estese a tutta la comunità ecuadoriana. I ragazzi ecuadoriani (e le loro famiglie) sono stati sottoposti a controllo dei documenti nelle scuole, nei quartieri di residenza, nei locali di ritrovo dei sudamericani, sui luoghi di lavoro. L’efficacia dell’intervento – che secondo i poliziotti intervistati ha evitato il radicarsi del fenomeno bande a Piacenza – è stata confermata anche da altri intervistati, i quali tuttavia sostengono che non sono stati eliminati i fattori di rischio della formazione delle bande. Nell’ultima fase della ricerca si è proceduto all’analisi dei risultati – sia quantitativi che qualitativi – in relazione, anzitutto, alla definizione ed ai caratteri tipici delle “bande”, ma anche in merito alla formulazione di ipotesi sulla consistenza e sullo sviluppo potenziale di “bande” giovanili nel territorio dell’Emilia-Romagna. Particolare attenzione è stata inoltre dedicata all’individuazione delle modalità di risposta e delle forme di prevenzione del fenomeno. Nel corso dell’ultimo decennio, soprattutto in alcune aree urbane dell’Italia settentrionale, si è manifestata la presenza di organizzazioni giovanili di strada di estrazione latino-americana, talora denominate “bande”, spesso richiamantesi a organizzazioni già esistenti in Nord America (in particolare a New York) e/o in America Latina come i “Latin Kings/Queens” e “Netas”. Alcuni segnali indicano la presenza di simili realtà organizzate, per quanto ancora debolmente e con scarsa visibilità, in alcune zone dell’Emilia occidentale. Altrove nella Regione, si segnala invece la presenza di un contesto potenzialmente favorevole allo strutturarsi di simili organizzazioni giovanili. La nozione di Eurogang, definisce la banda di strada come un gruppo di giovani che ha una certa stabilità nel tempo, si ritrova in luoghi non soggetti al controllo degli adulti e sviluppa un’identità collettiva caratterizzata dal coinvolgimento in attività illegali. Sulla base delle ricerche condotte in America, l’uso degli spazi pubblici si configura in termini di territorialità: l’occupazione di una determinata area urbana considerata e difesa come fosse di proprietà della banda. Le indagini legate all’approccio della criminologia culturale condotte in Italia hanno evidenziato come le aggregazioni giovanili rappresentino delle strategie di resistenza alla subalternità, di mutuo aiuto e di riconoscimento messe in atto dai figli dell’immigrazione (provenienti soprattutto dall’America Latina). La ricostruzione e l’analisi “dall’interno” del vissuto dei giovani migranti hanno messo in luce come la partecipazione alle “bande” possa intendersi quale riconfigurazione in modo collettivo delle condizioni di marginalità e vulnerabilità sociali. La costruzione mediatica delle aggregazioni giovanili come baby gang ed il conseguente allarme sociale creato nell’opinione pubblica hanno indotto ad approfondire il fenomeno, anche per contrastare campagne di stampa che alimentano sentimenti di insicurezza nei confronti di presunte pericolose bande di adolescenti e per decostruire la loro immagine come “bande delinquenti”. L’indagine si è mossa su un doppio binario, esplorativo ed interpretativo. Esplorativo, nel senso di una ricostruzione della presenza delle “bande giovanili di strada” in Emilia-Romagna; interpretativo, in quanto rivolto a comprendere la natura dei gruppi giovanili dell’Emilia-Romagna alla stregua dei modelli elaborati all’interno di alcune tradizioni socio-criminologiche. In ciascuna provincia dell’Emilia-Romagna (tra luglio 2011 e maggio 2012), sono state condotte interviste e focus group con testimoni privilegiati (educatori sociali, animatori di strada, dirigenti scolastici, operatori di polizia, esponenti delle amministrazioni locali e rappresentanti degli stranieri) coinvolti nella programmazione ed attuazione di politiche giovanili, educative, sociali e di sicurezza. I testimoni privilegiati concordano sul fatto che in Emilia-Romagna solo alcune aggregazioni giovanili sono paragonabili alle bande. Di compagnie giovanili sul territorio ce ne sono tante ma vere e proprie baby gang si riscontrano solo in alcune realtà: a Piacenza Latin King New York, Latin King Chicago e Ñetas, gruppi che – come nel resto della regione – presentano forti analogie con le gang americane ed europee. La ricerca ha messo in rilievo come in tutto il territorio dell’Emilia-Romagna siano stati realizzati programmi di intervento incentrati principalmente su attività volte a favorire la socializzazione degli adolescenti attraverso l’apertura di centri di aggregazione e l’organizzazione di programmi di animazione ed educativa di strada. L’obiettivo degli interventi è stato duplice: creare occasioni e luoghi di incontro e svago per i giovani (alternativi rispetto allo spazio pubblico e più strutturati) promuovendo, al tempo stesso, il senso civico e la cittadinanza attiva degli adolescenti. Progetti che danno una risposta adeguata ai bisogni di ricerca di identità e autostima dei ragazzi coinvolti; promuovono il rispetto delle regole di convivenza; mettono a disposizione dei gruppi spazi che non rappresentano soltanto un luogo fisico di incontro, ma anche e soprattutto uno spazi simbolici in cui costruire significative reti di relazione sia con gli adulti che tra coetanei. Il disagio giovanile che sta alla base dei gruppi di strada trova origine in diversi ambiti, anzitutto nel contesto familiare e nella scuola. La scuola rappresenta il principale strumento di emancipazione sociale, in quanto consente l’acquisizione delle conoscenze e competenze professionali necessarie per accedere alle attività occupazionali che costituiscono l’orizzonte delle opportunità lecite. In questo senso, la scuola deve essere capace di re-inventare il proprio ruolo, adeguandolo alle mutate condizioni della struttura sociale. Le famiglie, in particolare quelle migranti, necessitano dell’aiuto necessario a superare le difficoltà che di regola seguono al ricongiungimento del nucleo familiare. Come messo in rilievo dagli intervistati proprio qui a Piacenza, il ricongiungimento familiare mette in discussione il ruolo dei genitori come figure di riferimento e d’autorità. Se il genitore è in difficoltà, come può fare da guida se lui stesso è perso? Quali opportunità può offrire al figlio adolescente, come può orientarlo? Per quanto riguarda i progetti che nello specifico mirano a contrastare la delinquenza giovanile, a Piacenza, si è analizzata un’interessante e complessa attività di intervento delle forze di polizia basata su una serie di strategie selettive di controllo. Al fine di ridurre la coesione del gruppo e per delegittimare la leadership dei capi dei Latin King, la polizia ha messo in atto, tra l’altro, delle misure di prevenzione estese a tutta la comunità ecuadoriana. I ragazzi ecuadoriani (e le loro famiglie) sono stati sottoposti a controllo dei documenti nelle scuole, nei quartieri di residenza, nei locali di ritrovo dei sudamericani, sui luoghi di lavoro. L’efficacia dell’intervento – che secondo i poliziotti intervistati ha evitato il radicarsi del fenomeno bande a Piacenza – è stata confermata anche da altri intervistati, i quali tuttavia sostengono che non sono stati eliminati i fattori di rischio della formazione delle bande. Nell’ultima fase della ricerca si è proceduto all’analisi dei risultati – sia quantitativi che qualitativi – in relazione, anzitutto, alla definizione ed ai caratteri tipici delle “bande”, ma anche in merito alla formulazione di ipotesi sulla consistenza e sullo sviluppo potenziale di “bande” giovanili nel territorio dell’Emilia-Romagna. Particolare attenzione è stata inoltre dedicata all’individuazione delle modalità di risposta e delle forme di prevenzione del fenomeno.

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