Promette di continuare a tenere banco la situazione dei profughi a Piacenza. E i primi a non volere che si spengano i riflettori sembrano essere proprio loro, che hanno organizzato per domani mattina una protesta pacifica di fronte al carcere delle Novate, dove si trovano rinchiusi in attesa del processo fissato per venerdì, i 4 compagni arrestati dalla polizia in seguito agli scontri avvenuti giovedì scorso in via Taverna davanti agli uffici comunali. Abbiamo intervistato Abdoulie Jammeh, portavoce dei ragazzi fin da quando, oltre due anni fa, arrivarono in città e vennero ospitati al Ferrhotel. A lui abbiamo chiesto i motivi di questa nuova presa di posizione pubblica.
Abdoulie, perché siete ancora pronti a manifestare?
Perché hanno preso i nostri fratelli e li hanno portati in carcere ma erano andati negli uffici comunali solo per chiedere del progetto in cui erano stati inclusi. Non ce la facevano più a stare in casa senza avere chiarezza e dopo che hanno occupato, perché non gli davano risposte, sono stati allontanati con la forza.
A mente fredda rifareste quel tipo di protesta?
Si, rifaremmo tutto. Ma non vogliamo creare disordini, ma solo fare chiarezza. Sono state dette molte falsità e le abbiamo anche lette dai media piacentini, in particolare dall’assessore Stefano Cugini, che ha detto cose non vere. Quindi vogliamo dire la verità sulla nostra situazione.
L’opinione pubblica, però, si è stupita del vostro rifiuto al corso per piastrellista, come se non fosse un lavoro a voi gradito, nonostante il periodo difficile per tutti.
No, non hanno rifiutato. Il Comune sta nascondendo com’è andata davvero. I ragazzi vogliono solo capire le modalità e la durata, ma loro non vogliono chiarire le circostanze. Alcuni hanno iniziato a fare formazione qui, ma gli altri non vogliono accettare ma perché non hanno capito neppure perché devono fare questi corsi. E’ un problema di comunicazione, le cose non sono chiare. Il Comune sta mischiando due progetti: il Fer per i rifugiati, per il quale sono stanziati 180mila euro e un altro di accoglienza comunale, dove sono a disposizione 45mila euro. Noi vogliamo solo sapere come vengono usati questi soldi.
Quindi la mancanza di comunicazione la imputate al Comune?
Sì, è colpa del Comune e dell’assessorato. In via Taverna la polizia ha chiesto ai ragazzi di uscire ma loro hanno solo detto di no, senza minacciare e usare violenza. Sono stati loro a prenderli con la forza. Ma loro chiedevano i motivi dell’inserimento in un progetto per il quale non erano stati avvisati. Il progetto non era chiaro.
Domani, quindi, ci si attende una nuova manifestazione e, nel frattempo, il gruppo di rifugiati politici, hanno chiesto via Facebook un incontro con il sindaco Paolo Dosi.