Una bottiglia d’acqua in mano, niente bagagli e tanta speranza negli occhi. Così sono arrivati a Piacenza, in tarda serata, i 40 profughi annunciati nel pomeriggio, dopo che solo in mattinata Comune, Provincia e Prefettura erano stati avvisati dalla circolare del Ministero dell’Interno. Un fulmine a ciel sereno, al quale però la città ha saputo far fronte. Per ora.
Sono tutti africani e provengono da Ghana, Costa d’Avorio, Mali, Guinea, Liberia e Congo e saranno ospitati in varie strutture: 10 dal convento di Santa Maria di Campagna, 28 in un albergo cittadino e 2 donne nei pressi di Gragnano. La soluzione – hanno comunque fatto sapere gli organi competenti – è temporanea in attesa di una collocazione definitiva. Nel frattempo, la giornata di oggi promette di essere intensa per queste persone, che chiedono lo status di rifugiati politici. Dalle 8.30 del mattino saranno prelevati e sottoposti a visite mediche accurate e in seguito la polizia si occuperà delle operazioni di identificazione e schedatura. Si tratta di una parte dei migranti sbarcati a migliaia sulle coste italiane nei giorni scorsi e smistati in varie province.
“Lo abbiamo saputo solo stamattina e dobbiamo pensare a dove collocarli – aveva detto l’assessore comunale Stefano Cugini – sappiamo solo che arrivano dal centro di accoglienza di Siracusa. La circolare era indirizzata anche alla Provincia e a tutti i Comuni, quindi l’emergenza andrà gestita insieme”. Dello stesso avviso anche l’assessore provinciale Pierpaolo Gallini: “Noi non ci tireremo indietro e valuteremo come sistemare queste persone ma prima vogliamo verificare che abbiamo veramente lo status di profughi. In più rimarcherei che la Provincia sta subendo attacchi durissimi ma invece ricopre un ruolo importante”.
Il primo ad accoglierli, verso le 11.30 di ieri sera, è stato il superiore del convento di Santa Maria di Campagna, padre Secondo Ballati, che ha preso in carico 10 di questi ragazzi e ci ha permesso di documentare dove verranno accolti.
“Abbiamo detto da subito che saremmo riusciti a fare il possibile, anche perché abbiamo con noi altri 12 rifugiati politici – ha spiegato il padre superiore -. E’ un’esperienza tranquilla, non abbiamo mai avuto problemi di ordine pubblico, semmai di igiene e nel tenere in ordine le stanze”. Comunque, per tutti, “la prima esigenza è il cibo, poi naturalmente sentirsi accolti, perché sono in un paese straniero. Bisogna vedere come vivono questa esperienza nella loro testa. I tempi dell’accoglienza – ha aggiunto – sono sempre difficili da stabilire. Noi da un paio d’anni, grazie all’associazione l’Ippogrifo che li segue, non abbiamo problemi a ospitarli. Chi viene al convento sono soprattutto lavoratori, che non possono permettersi un appartamento. Non possiamo seguire le procedure burocratiche, ma se si accontentano della pulizia, di una stanza con bagno, un piccolo frigo e uno spazio dove possono attaccare anche un computer, la porta è sempre aperta”. Ora si è fatto tardi e padre Secondo Ballati si gira e ricorda di avere il suo bel daffare. “Chi non ha mangiato oggi?” chiede. “Tutti” gli traduce il mediatore. “Via, mettiamoci all’opera. Per i musulmani un panino con il formaggio e per i cristiani un panino con la mortadella”.