“Tre anni da alcolista”, Violetta Bellocchio racconta tutto in un libro

 Intervista a cuore aperto, ieri sera, mercoledì 19 marzo, per Violetta Bellocchio, piacentina originaria di Bobbio che da tempo abita a Milano, nipote del regista Marco e cresciuta in una famiglia culturalmente molto attiva, a cominciare dal padre, scrittore e poeta affermato, all’altro zio (oltre a Marco) Pier Giorgio, animatore dei Quaderni Piacentini.
Oltre ad essere figlia di…e nipote di…, Violetta, 34 anni, è anche autrice di un libro nel quale ha parlato di un buco nella memoria: tre anni cancellati, dai venticinque ai ventotto, perduti in un buco nero da cui emergono all'improvviso dolorosissimi flash. Tre anni da alcolista, da binge drinker, che si intitola "Il corpo non dimentica" (Mondadori).
Una storia fatta di angoscia, raccontata durante la trasmissione di "Le invasioni barbariche" di Daria Bignardi (al link l'intervista completa: http://www.la7.it/le-invasioni-barbariche/rivedila7/le-invasioni-barbariche-20-03-2014-128621), ma anche di incontri sbagliati, ricoveri in ospedale, bruciature, svenimenti, del terrore di chiudere gli occhi per l'ultima volta. La dipendenza fa sentire "in ginocchio davanti a qualcosa che non capiamo", a un dio terribile che ha il potere di esaltare e di umiliare. "È difficile smettere perché è impossibile accettare che niente ci farà sentire mai più così", "tu non sei una fiamma, sei la fiamma; tu bruci. Tutta quanta te, passata e futura, prende fuoco".
Poi comincia il lungo cammino della disintossicazione, "quando tutti ti dicono che ce l'hai fatta e tu hai paura che basti un passo falso per rimandarti nell'abisso. Con terrore e pazienza, scheggia dopo scheggia" ha spiegato Violetta, che ha ricostruito se stessa attorno a parole chiave che, come calamite, hanno chiamato intorno a lei immagini e storie. Una lettura definita "indimenticabile", in cui la sincerità è tagliente come la lama di un rasoio. Pagine che vibrano di dolore e che ci raccontano come liberarsi da se stessi non sia mai possibile, come ogni catarsi sia un mito pericoloso, come solo la forza di riconoscere il passato apra la porta a un futuro possibile, consapevole, migliore.

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