Uno dei più gravi problemi italiani è un collegamento totalmente inadeguato tra la formazione e il mondo del lavoro. C'è una speranza, però, ed è rappresentata dal programma “Garanzia giovani” che negli ultimi giorni è stato oggetti di accese discussioni in ambiti regionali.
E' quel che è emerso questa mattina nel corso di un convegno che si è tenuto in una gremita sala Piana dell'Università Cattolica di Piacenza. Il titolo era “Condizione giovanile e benessere della società: quali prospettive per l’Italia?” ed era la decima Lezione Arcelli che oggi aveva come ospite l'ex ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del Governo Letta, Enrico Giovannini, Ordinario di Statistica Economica dell’ Università di Tor Vergata e già presidente dell'Istat.
«In Italia la decadenza delle competenze inizia a partire dai 16 anni – ha detto nella sua relazione, di fronte a una platea di studenti, accademici e autorità – In Europa invece inizia dai 30 anni. Dobbiamo evitare che dopo la scuola dell'obbligo i nostri giovani finiscano nel buco nero formato dai cosiddetti Neet, i giovani che non lavorano, non cercano lavoro, non studiano, non fanno niente. (Neet è l'acronimo inglese che sta per Not (engaged) in Education, Employment or Training, per indicare individui che non sono impegnati nel ricevere un'istruzione o una formazione, non hanno un impiego, né sono impegnati in altre attività assimilabili, quali, ad esempio, tirocini o lavori domestici, ndr).
Una piaga sociale non solo italiana, secondo Giovannini, che rivela alcuni numeri in effetti inquietanti: «Parliamo di due milioni di giovani, un universo conosciuto solo di recente. Sono 2,2 milioni fino ai 24 anni. Si perdono 162 miliardi all'anno in Europa a causa di questa piaga che è l'inattività giovanile. In Italia abbiamo un alto tasso di disoccupazione: è il 42,4 % ma, attenzione, non significa che il 42% dei giovani è disoccupato, significa che il 42% dei giovani che cercano lavoro è disoccupato. Dei giovani in totale è disoccupato è l'11%». Un dato, quest'ultimo, che ridimensiona il primo ma che nasconde lo spettro dell'inattività: molti di questi giovani non cercano nemmeno lavoro e quindi non risultano nemmeno disoccupati.
La gran parte di questi ragazzi e ragazze che lavora, ha un impiego precario. E l'ex ministro, a tal proposito, tocca un altro tema molto discusso ultimamente: «C'è un problema di sovraqualificazione rispetto al lavoro che poi effettivamente si trova – dice – Abbiamo una curva di progressione nella carriera molto più piatta rispetto a quella di altri paesi: una volta entrati nelle imprese la possibilità di fare carriera è più bassa che in altri paesi, come i salari d'ingresso».
In molti dunque si chiedono se vale ancora la pena studiare. «Assolutamente si – afferma Giovannini – E' il messaggio più sbagliato che possa passare in questo periodo: che non vale la pena studiare. Gli anni di studio danno un vantaggio competitivo, ma in effetti è un vantaggio molto inferiore rispetto ad altri paesi. E questa è una responsabilità gravissima del mondo imprenditoriale».
Una stoccata alle aziende italiane, dunque, che l'ex ministro del Lavoro argomenta anche in questo caso con i numeri: «Solo nel 2010 si è passata la soglia del 50% di imprese che fanno formazione. In Italia c'è un ritardo enorme rispetto all'Europa di formazione del personale. E questo spiega il calo di produttività. Se non si investe in innovazione, in tecnologie, in formazione, non si cresce. E' una responsabilità che non si inverte riducendo il costo del lavoro ma si inverte facendo gli imprenditori, e cioè investendo. C'è inoltre un alto grado di correlazione tra evasione e il calo di produttività».
Sarebbe stato interessante chiedere all'ex ministro qualcosa sulla pressione fiscale che grava sulle imprese e le industrie italiane, ben maggiore rispetto al resto d'Europa dove in effetti si investe di più in formazione, ma non c'è stata occasione.
Enrico Giovannini ha quindi proseguito la sua relazione parlando del progetto “Garanzia giovani” definendolo un'iniziativa che fornisce concrete opportunità di sviluppo. «Ma richiede – precisa subito – una prima fase nella quale risulterà un aumento enorme della disoccupazione giovanile, ma solo perché verranno inseriti nei calcoli molti più giovani, e cioè molti più giovani che cercano lavoro». «Attenzione dunque a crocifiggere troppo in fretta il prossimo ministro del Lavoro» ha precisato rivolgendosi ai giornalisti.
La Garanzia giovani prevede comunque un'attivazione del lavoro: tirocinio, formazione, anche servizio civile. E tutto ciò entro quattro mesi dall'inizio della ricerca del lavoro.
Nei prossimi due anni sono previsti 2,5 miliardi e poi ancora 1,2 miliardi per i giovani del Mezzogiorno per l'attivazione di programmi per inserimento nel mondo del lavoro, autoimprenditorialità e così via.
E prosegue: «Negli ultimi giorni sono arrabbiato: c'è chi diffonde voci errate sul programma tentando di stravolgere l'impostazione dei lavori, e cioè che le Regioni (che hanno la piena responsabilità dell'organizzazione) lavorino in un sistema unitario, in una rete unica. Il piano che noi abbiamo disegnato trasformerà ogni giovane in un soggetto contentibile a livello nazionale e non solo locale».
Le ultime considerazioni, poi, riguardano l'alternanza scuola lavoro. «Con il ministro Carrozza – dice Giovannini – abbiamo lavorato ad attivare l'orientamento già dalla terza media in modo che la scelta delle scuole superiori sia più ponderata, e così via per ogni grado di istruzione».
L'ex minisitro conclude con un aneddoto in effetti davvero spassoso che ha fatto scattare una risata e un lungo applauso ma che ha anche un significato importante. Parla di un volo low cost, Giovannini, e racconta che i passeggeri a bordo si rendono conto che il pilota è cieco; poi arriva anche il secondo pilota ma anch'egli è cieco. Le hostess tranquillizzano tutti: i sistemi sono automatizzati, dicono, non c'è problema, non abbiate paura. Alla fine l'aereo è pronto al decollo e rulla sulla pista sempre più velocemente ma non decolla. E' quasi alla fine della pista e a quel punto i passeggeri urlano terrorizzati. A quel punto l'aereo si stacca da terra e tutto si sistema. Ma il secondo pilota dice al primo: «Certo che il giorno che non urlano più, sono cavoli». Risate, applauso.
Giovannini dà un senso all'aneddoto: «Dobbiamo superare la sindrome del volo low cost: bisogna imparare a fare qualcosa di concreto e a intervenire seriamente prima che la gente urli di paura».