La mafia ha un'iconografia riconoscibile ovunque: la lupara, la coppola, l'abito gessato, la brillantina. Icone che hanno fatto il giro del mondo con il cinema, i racconti, le fotografie. Ma oggi parlare di mafia, o meglio, di mafie, non significa necessariamente parlare di Palermo, Cutro, Scampia. Sia chiaro, sono terre difficili, quelle; terre dove è ancora evidente un sistema parastatale che opprime chi lavora e chi produce, e spesso confonde chi vive in quelle zone facendogli credere che lo Stato non esiste. Ma le mafie sono anche altro. O meglio, le mafie sono anche altrove. Che siano nelle stanze dei bottoni, nei palazzi del potere è (purtroppo) fin troppo evidente, come ci insegnano le cronache giudiziarie nazionali. Ma il vero problema e la vera novità per chi vive lontano da quel sud così ampiamente descritto dal cinema, è che le mafie sono dove c'è business, dove ci sono i soldi, nei centri economici. Morale: la mafia è al nord, è nelle regioni ricche dell'Italia che produce, e si nasconde dietro ai colletti bianchi, dietro un'impresa di successo, a volte addirittura dietro al bancone di un bar o di una pizzeria.
Una realtà nuova, inaspettata, inquietante di cui è giusto sapere l'esistenza e conoscere le dinamiche.
E' stato fatto oggi in una gremitissima aula magna Modonesi dell'Isii Marconi di Piacenza dove si è tenuta la Giornata di Formazione dedicata alla legalità nell'ambito del progetto Concittadini a cui la Provincia di Piacenza aderisce già da anni, ogni anno con temi differenti. Tre giornate ogni stagione scolastica rivolte agli studenti delle superiori ma anche agli alunni delle scuole primarie. E questa mattina c'era anche il consiglio comunale dei ragazzi di Gragnano, formato da bambini di nove e dieci anni. Anche a loro si sono rivolti i relatori d'eccezione chiamati a intervenire su un tema tanto delicato quando (spesso malamente) inflazionato. C'era Daniele Borghi, responsabile regionale dell'associazione Libera che da anni si batte per la cultura della legalità sia al nord sia al sud, con progetti di recupero di terreni confiscati al crimine organizzato e con incontri ovunque e sui temi più disparati, tutti a declinare il macro-tema dello “stato mafioso”. Poi c'era Luca Ferrari, capitano della Guardia di finanza di Piacenza, che ha parlato del collegamento tra il crimine organizzato e il sistema economico di questa parte d'Italia. Infine, a coordinare i lavori, c'era l'assessore provinciale Massimiliano Dosi, patron dell'evento: «L'importante è far capire a questi ragazzi che mafia non significa solo sud Italia – ha detto – Ed è giusto che si rendano conto della portata di questo fenomeno, che siano sensibili su questa che è una piaga sociale durissima a morire».
E pare che i ragazzi se ne siano resi conto. L'attenzione non era da solito convegno scolastico dove, si sa, spesso i temi trattati interessano più agli adulti che li organizzano che a giovani a cui sono dedicati; qui l'attenzione era ai massimi livelli, evidentemente perché i relatori sono riusciti a squarciare il velo su una realtà che gli studenti piacentini credevano fosse in un modo e invece hanno scoperto che è anche altro. Non solo, ci mancherebbe, ma già sapere di certe presenze stabili della 'ndrangheta a Reggio Emilia, o nel Modenese o a Milano, conoscere di certe operazioni e processi per crimine organizzato che hanno coinvolto il Piacentino (si pensi all'operazione Grande Drago del 2002 che portò all'arresto di 30 affiliati a una cosca cutrese), oppure sapere di certi collegamenti tra la camorra napoletana o la “Cupola” siciliana con certi centri di potere del ricco e pacifico nord, ha sconvolto la gran parte dei giovanissimi che affollavano l'aula magna.
«Non avrei mai pensato che potessero esserci delle presenze così radicate in zone così vicine a noi, a me» ha detto Chiara di Pontenure, che frequenta il Casali. «E' giusto che si sappiano queste cose e soprattutto sono cose da combattere» dicono senza mezzi termini Alessandro e Michelle. Le cose da combattere sono la mafia e tutto ciò che rappresenta. Alessandro, poi, ha origini palermitane, arriva da un quartiere dove, parole sue, «la mafia c'è, si vede, si vive» ed è per questo che ora vuole combatterla. E per farlo ha deciso di partecipare come volontario alle iniziative di Libera. Lo stesso vale per Michelle che alla domanda sul perché abbia scelto questo e non altri tipi di volontariato risponde senza troppi giri di parole: «Tutto questo prima o poi dovrà finire». Lo pensano tutti, in effetti. Intanto però la mafia, in ogni sua declinazione territoriale, c'è e prospera da oltre un secolo, e ora è arrivata anche dove è molto difficile che venga vista.
Alla fine del convegno, nel piazzale esterno all'aula magna, l'unità cinofila della Guardia di finanza di Piacenza ha tenuto una dimostrazione per studenti e insegnanti. Il labdrador Backy ha scovato droga in una di tante valigie lasciate a terra e si è meritato il premio dal suo conduttore e soprattutto l'applauso dei ragazzi. Backy, insieme al pastore tedesco Paghy, è in assoluto il miglior cane antidroga dell'Emilia Romagna e ogni giorno viene utilizzato per controlli e operazioni: la lotta alla droga è uno degli aspetti sensibili della guerra alle mafie le cui entrate si basano per larga parte sul mercato degli stupefacenti.