Gabanelli: “Un giornalista scrive i fatti, non quello che vuole un Comune”

 “Il Comune cerca un giornalista per veicolare dati e notizie corrette? Davvero bizzarro. Ma l’hai sentito?”. E si rivolge, stupita, a un collega che l’ha accompagnata alla lezione che si stava apprestando a tenere, di fronte a un’aula stipata di giovani studenti di Scienze della comunicazione a Bologna, proprio su temi come “l'autorevolezza del giornalismo, le fonti e il controllo dell'informazione”. Mai sentita una cosa del genere”, gli risponde lui. 

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Eppure Milena Gabanelli, professionista simbolo del giornalismo d’inchiesta con la trasmissione Report, nella sua lunga carriera ne deve aver viste e passate tante. Ma, questa, proprio non se la aspettava. “A Piacenza?” ci chiede ancora, prima di dirci la sua opinione su una vicenda che proprio non pensava potesse arrivare dalla sua terra (è nata a Nibbiano, dove abita ancora la famiglia, ndr). “Un giornalista stipendiato dal Comune, che si debba occupare solo di cronaca nera, lo chiamerei piuttosto un addetto alle pubbliche relazioni. E che quindi punta su un settore sul quale l’amministrazione investe – spiega -. Ma non lo chiamerei giornalista. E’ un addetto stampa”. 

A poco sembrano valere le giustificazioni del sindaco Paolo Dosi – soprattutto per la categoria – dopo che la polemica ha iniziato a metterlo in imbarazzo: “Non sono né un manipolitore dell'informazione né un censore del diritto di cronaca”. Eppure, al di là degli intenti, sono molti i colleghi che hanno mostrato come i mal di pancia non siano affatto passati. 
Tanto che, nei giorni scorsi erano intervenuti i sindacati della stampa, Aser e Fnsi, tacciando il bando di essere “offensivo” e considerandolo un’iniziativa per “imbavagliare” o “addomesticare” la categoria su un argomento così importante come la cronaca. 
Inoltre, in pochi, sembrano aver capito l’utilità di un “Tavolo di confronto – che implica reciprocità, certo non indottrinamento! – tra giornalisti e operatori degli uffici comunali interessati alla questione (Stampa, Comunicazione, Piacenza Sicura e Polizia Municipale), nonché la preparazione di uno o più momenti di aggiornamento rivolti agli organi di informazione” aveva puntualizzato il sindaco in una nota. 
Anche perché, come si legge nel bando, il tutto sarebbe necessario – grazie al coordinamento del giornalista “comunale” (pagato 9mila euro lordi per sette mesi) – visto che l’informazione farebbe “uso costante di titoli ad effetto, di immagini appiattite su stereotipi e pregiudizi, di scelte stilistiche che sembrano calcolate per provocare un disgusto ‘oggettivo’ nei lettori, dipingono un fatto come problema, piaga o minaccia dell’ordine sociale”. 

“Credo che l’informazione non debba basarsi su stereotipi – ha continuato Milena Gabanelli -. Se ci sono allarmismi ingiustificati è giusto chiarire. Ma, insomma, il giornalista deve raccontare quello che è”, ricorda senza mezzi termini. Poi si domanda, dandosi una risposta altrettanto lampante: “E pertanto, il bando è per assumere un giornalista che dica quello che è, oppure racconti quello che il Comune vorrebbe che si raccontasse? Sono due cose completamente diverse. Se è per raccontare quel che il Comune vorrebbe che fosse raccontato si deve chiamare addetto stampa”. 

Oltre che essere di poche parole, Milena Gabanelli è anche persona che non ama entrare nelle polemiche spicciole. Ed ha accettato di rispondere, a differenza che su altri tempi maggiormente d’attualità, perché in questo caso viene messa in discussione la professione. Quella che l’ha portata, dopo anni in prima linea, a essere considerata un esempio nel giornalismo e non solo (fu persino candidata dal Movimento 5 Stelle per la presidenza della Repubblica, ndr). 
“Certo, i giornalisti hanno responsabilità sempre e in tutti i settori. Perché c’è poco tempo per approfondire, si cerca la notizia sensazionale e questo i direttori vogliono – prosegue – ma un dipendente del Comune deve fare il portavoce negli interessi e nella visione politica del Comune. Il giornalista, per definizione, è un soggetto sopra le parti e non indirizzato da nessuno, se non da lui medesimo” dice sicura, come se recitasse a memoria un vecchio manuale del mestiere studiato in gioventù. Alla fine, le chiediamo un consiglio per i giovani, a lei che con il “videogiornalismo”, telecamera in spalla, è stata un’innovatrice: “Solo di puntare sul loro talento. Ognuno ha il suo”.