Facoltà di Agraria Piacenza, premiata per ricerca sul Grana Padano

La sostenibilità alimentare oggi si calcola, si rendiconta, si racconta. Sulla sostenibilità alimentare si basa un modello di produzione e di consumo etico indirizzato al benessere della società e dei singoli individui che, attraverso alimenti più sani, disporranno di un ambiente economico e sociale migliore. E’ in questo quadro che si colloca la ricerca realizzata dalla facoltà di Scienze agrarie, alimentari ed ambientali dell’Università Cattolica sul Grana Padano, che si è aggiudicata il premio 2013 promosso dalla Fondazione Consumo Sostenibile nell’evento nazionale organizzato dall’Unione Consumatori presso il teatro Argentina di Roma.  Il premio annuale rappresenta l’appuntamento nazionale politico ed operativo più importante, vetrina delle attività sullo sviluppo sostenibile delle istituzioni, delle associazioni e delle organizzazioni private. Il prof. Ettore Capri del centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile OPERA e dell’ Istituto di Chimica Agraria, che ha ritirato il premio spiega le ragioni del successo di una ricerca tutt’ora in corso sulla produzione ed il consumo sostenibile di uno dei formaggi più importanti del mondo:  “Il Consorzio di Tutela Grana Padano ha avviato insieme all’Università Cattolica una ricerca sul campo sui caseifici tipo nelle situazioni territoriali differenziate che caratterizzano tutta l’area di produzione. Un impegno che coinvolge gli operatori a cui saranno destinati i protocolli di sostenibilità e le linea guida per le buone pratiche.”  “Attraverso campagne informative ad hoc anche il consumatore sarà protagonista di questo progetto, perché la sua impronta ambientale è rilevante quando la dieta e la manipolazione dei prodotti alimentari è scorretta.” La filiera produttiva del formaggio Grana Padano DOP risale a circa mille anni fa e da sempre è espressione della sostenibilità e della green economy del territorio di produzione. “Da quando i monaci che attorno al Mille bonificarono le paludi della valle del Po ottenendo rigogliosi pascoli, si sviluppò una filiera produttiva molto integrata con il territorio – prosegue il prof. Capri -. Le vacche venivano alimentate con i foraggi degli abbondanti pascoli. Quando necessario e possibile la loro alimentazione veniva integrata con i residui della macinazione dei cereali (cruscami), mentre il residuo della caseificazione, il siero di latte, era destinato all’allevamento dei suini che affiancava i caseifici; così non si sprecava nulla e tutto veniva utilizzato.”  In questo contesto, insieme ad un indotto economico e sociale per la comunità, nacque un alimento di alto valore nutrizionale: un  formaggio a pasta dura che, grazie alla stagionatura, consentiva di conservare il latte fino a più di un anno e che ne avrebbe fatto la sua fortuna.  Oggi la stessa filiera s’impegna in un rigoroso progetto per migliorare la sua efficienza. Attraverso metodi di riferimento internazionali quali ad esempio l’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment) realizzati dai ricercatori della Cattolica, in particolare dal gruppo diretto dal Prof. Marco Trevisan, vengono valutate e poi ridotte le impronte ambientali derivanti dalla gestione delle risorse ambientali. “La sostenibilità alimentare– conclude il prof. Capri – è la base di un modello produttivo e di consumo etico. Ad una condizione però: che lo sforzo delle aziende venga premiato dalle scelte dei consumatori verso questa tipologia di prodotti.”   Strettamente legato a questo tema il convegno aperto a tutti e gratuito su “Sostenibilità, opportunità e criticità nella filiera latte post 2015” che si terrà il prossimo 11 febbraio in Cattolica, organizzato dalla Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali, in collaborazione con PRONUTRIGEN – Centro di Ricerca sulla Proteomica e Nutrigenomica e con il patrocinio della Fondazione Invernizzi e del Comitato italiano della Federazione Internazionale Latte.

Radio Sound