“L’omosessualità non è una malattia. L’hanno stabilito i medici, non i gay”

Ci sentiamo di intervenire molto brevemente nella questione per puntualizzare alcune cose secondo noi importanti, anche se è molto difficile essere concisi quando bisogna parlare di argomenti importanti di cui generalmente si parla poco e male, e non di rado a sproposito. Davide non è mai stato un volontario della nostra associazione, e ci sentiamo in dovere di precisare alcune cose.
 
L'American Psychiatric Association (APA), che è operativa dal 1822, ha decurtato l'omosessualità dall'elenco dei disturbi psicologici nel 1973, ma nessuna lobby gay avrebbe potuto obbligarla a prendere questa decisione, visto che le prime associazioni gay negli USA sono nate solo dopo il 1969, e sicuramente nel 1973 non avevano questo potere. Molto più banalmente il cambiamento è stato motivato dal fatto che prima gli omosessuali tendevano a vivere nell'ombra e la stragrande maggioranza di quelli che l'APA poteva monitorare erano già in cura per tutta una serie di disturbi.
 
Di conseguenza la corrente di pensiero prevalente vedeva un collegamento fra l'omosessualità e questi disturbi. Col tempo, però, un numero crescente di omosessuali psicologicamente sani è venuta allo scoperto e l'APA ha potuto avere un campionario più attendibile su cui indagare, concludendo – dopo una serie di test come il Rorschach, il Thematic Apperception Test (TAT) e il Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), stavolta condotti su larga scala – che il profilo psicologico di un omosessuale medio non è diverso da quello di un eterosessuale medio, e che pertanto che l'omosessualità non è un disturbo, ma un orientamento. Il lavoro dell'APA, però non è rimasto un caso isolato, visto che il 17 maggio 1990 l'omosessualità è stata decurtata dall'elenco dei disturbi psicologici dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (e infatti il 17 maggio è diventata la giornata mondiale contro l'omofobia).
 
Quindi, anche se fa tanto comodo argomentare che l'omosessualità non è più considerata una malattia grazie a gruppi di pressione gay, forse non è proprio così. Secondariamente se l'omosessualità è una questione privata che non deve riguardare il diritto non si capisce perché, allora, l'eterosessualità in quanto tale debba essere riconosciuta pubblicamente. Certo qualcuno può obbiettare che tutelare l'eterosessualità è "giusto" poichè è finalizzata alla procreazione e lo scopo della nostra esistenza è procreare, anche se forse non tutti gli etero la pensano così. In questo caso, però, se una coppia etero non procrea o non ha intenzione di procreare, per coerenza non dovrebbe avere diritti al pari delle coppie omosessuali, oppure dovrebbe avere il diritto di sposarsi (o anche solo frequentarsi pubblicamente) solo dopo avere avuto figli o avere firmato un contratto in cui si impegna a fare figli. Invece non è così, per fortuna, e le coppie etero sono tutelate e riconosciute in quanto coppie e a prescindere dal loro contributo all'indice di natalità: a livello di diritto, ma anche da parte di tutta la società.
 
Nel caso degli omosessuali, al contrario, non solo le coppie in Italia non vengono riconosciute (e talvolta nemmeno accettate a livello sociale), ma non di rado anche chi è single rischia quotidianamente di confrontarsi con tutta una serie di discriminazioni e atteggiamenti ostili: per strada, al lavoro, a scuola e persino in famiglia. A meno che, ovviamente, non faccia finta di essere eterosessuale o magari tenga in piedi una vita eterosessuale di facciata, con tanto di moglie e figli. Cosa che, di conseguenza, avviene molto più spesso di quanto non si creda, visto che in mancanza di una legge contro l'omofobia questa è la prima, e più sicura, forma di tutela a cui si ricorre. Per fortuna le nuove generazioni di omosessuali iniziano a ragionare in modo diverso, e sempre più spesso vivono il loro orientamento alla luce del sole, persino in Italia o addirittura a Piacenza.
 
Riguardo al caso che ha avviato questo dibattito vorremmo ricordare a chiunque volesse organizzare incontri di questo tipo che a Piacenza c'è un'Arcigay da dieci anni e una referente AGEDO (Associazione Genitori Di Omosessuali) da quattro, e che al limite tramite noi si possono contattare avvocati, psicologi e altre figure autorevoli e qualificate con le quali organizzare confronti e momenti di approfondimento più equilibrati. Comunque vorremmo precisare che, dal nostro punto di vista, presentare certe cose in termini di "etero contro gay" o, peggio ancora di "superiorità e inferiorità", è semplicemente ridicolo e fuorviante. Soprattutto alla viglia dalla Giornata della Memoria, che ricorda le vittime dei campi di concentramento nazisti, fra cui – guardacaso – ci sono stati decine di migliaia di omosessuali.