“Trans clandestini tutelati perché informatori polizia. I superiori sapevano”

"Portammo otto panetti di hascisc a Giorgio Cavaciuti perché ci promise che con quelli avremmo potuto arrestare un insospettabile spacciatore piacentino. Anastasio autorizzò la "trattativa" e così lo stupefacente non venne distrutto nell'inceneritore. Eravamo convinti che comunque l'avremmo risequestrato nel corso dell'arresto poco dopo".

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A parlare – nel corso della nuova udienza del processo a carico dell'ispettore capo della Narcotici della questura Claudio Anastasio e della dominicana Eridania Cortes, finiti nei guai nell’inchiesta antidroga dei carabinieri del Nucleo investigativo comandati dal capitano Rocco Papaleo – è il poliziotto Paolo Bozzini. Il quale, incalzato dalle domande del piemme Michela Versini, si è concentrato su una partita di 800 grammi di hascisc (divisa in otto panetti) che era stata sequestrata dalla squadra Volanti alla fine del marzo scorso. Droga che, come da ordine del Tribunale, sarebbe dovuta essere distrutta dalla tramoggia dell'inceneritore di Borgoforte (Iren), e che invece prese la direzione dell'abitazione di Cavaciuti, dalle forze dell’ordine ritenuto uno spacciatore molto conosciuto a Piacenza (soprannominato “il poiccolo chimico”). Su quello stupefacente infatti quest'ultimo aveva messo gli occhi dopo aver appreso del sequestro dai mezzi di comunicazione. Stando a quanto dichiarato da Bozzini, l’operazione ebbe l’avvallo del capo sezione Anastasio, allettati forse dall’ipotesi di mettere a segno l’arresto eccellente indicato da Cavaciuti. Sul verbale di distruzione dello stupefacente (che in realtà non avvenne mai), Bozzini ha ammesso di averlo siglato aggiungendo anche di suo pugno la firma del collega Paolo Cattivelli che materialmente materialmente non si recò all'inceneritore. "Anastasio era sempre informato di tutti i miei spostamenti e delle mie azioni. Lo chiamai prima e subito dopo la consegna della droga a Cavaciuti" ha aggiunto Bozzini. Alla domanda se anche il dirigente della Mobile Stefano Vernelli fosse a conoscenza del fatto che la droga era finita a Cavaciuti, Bozzini ha risposto di no. E sempre quest’ultimo, in fase di controesame da parte dell’avvocato della difesa di Anastasio, Piero Prociani, ha risposto “sapevamo che l’attività che facevamo non era lecita”, quando il giudice Italo Ghitti gli ha fatto notare che non c’era traccia di verbali relativi alle notizie ricevute da informatori vari oppure di servizi di appostamento effettuati in esterna. “Non era compito stendere dei verbali. Nessuno me lo ha mai chiesto”.

Ma nel corso dell'udienza sono affiorate anche le vicende legate ai transessuali che, in alcuni casi clandestini, gravitavano intorno alla sezione Narcotici come presunti informatori. Ha proseguito dunque Bozzini: "In particolare due transessuali (Luana e Marina) venivano in questura per fornirci informazioni e notizie, ritenute attendibili anche dai nostri superiori, sulle quali poi noi costruivamo i servizi. Si tratta di servizi sempre autorizzati sia da Anastasio, ma anche dal capo della Mobile Stefano Vernelli e dal vice Berardo". Bozzini ha spiegato che sapeva che i due trans fossero clandestini, ma che proprio perché informatori venivano di fatto tutelati attraverso inviti a comparire in questura e corsie preferenziali nelle pratiche relative ai permessi di soggiorno. "Se fossero restati in Italia ci potevano ancora essere d'aiuto con le informazioni" ha detto Bozzini.

Affrontato anche il capitolo legato al capo d'imputazione dell'utilizzo di carte di credito clonate e in particolare all'acquisto di un computer da circa 900 euro avvenuto in un negozio di Fiorenzuola. Quel giorno a procedere erano Bozzini e Cattivelli. "In accordo con il capo sezione Anastasio decidemmo di occuparci anche di una indagine legata all'arrivo a Piacenza di alcune carte di credito clonate che venivano trafficate a Borgofaxhall da rumeni. Rientrava nelle nostre competenze. Eravamo così riusciti ad entrare in possesso di due carte e volevamo verificare su quali circuiti funzionassero. Quel giorno al negozio una carta non funzionava, l'altra sì. Inizialmente non facemmo nessun acquisto materiale. Poi però Cattivelli, siccome il suo computer era in assistenza, decise di prendere il pc per sè. In cambio diede 350 euro a chi ci aveva fornito le carte di credito".

La successiva udienza è stata calendarizzata il 28 gennaio prossimo. Tra i vari testi chiamati a deporre anche il capitano dei carabinieri Rocco Papaleo, comandante del Nucleo investigativo che ha effettuato l’inchiesta.