Si snoda per le vie del centro e muove verso piazza Cavalli il corteo di protesta contro il Governo organizzato dal Movimento apolitico 9 dicembre sulla scia di quanto sta facendo a livello nazionale quello dei Forconi. Chiedono a gran voce che questa classe politica vada a casa. Tanti gli slogan e gli striscioni presenti. Al corteo partecipano tanti cittadini comuni, ma anche molti rappresentanti di categorie che sono assai penalizzate.
«Siamo cittadini, siamo piacentini e siamo stufi». Matteo Giardino, che da otto giorni e otto notti vive in tenda a barriera Genova, è nel mezzo del corteo che dalla statua girevole di Sant'Antonino, patrono e simbolo della città, si è schierato di fronte a Palazzo Mercanti, sede del Comune. A terra, di fronte al maestoso albero di Natale è stata piazzata, a mo' di stridente contraltare, una cassa da morto coperta dal Tricolore e tappezzata di cartelli che indicavano chi c'era (simbolicamente) all'interno, e cioè chi è che è morto: la politica. «Ci hanno succhiato il sangue fino all'ultima goccia arricchendo solo sé stessi e campando sulle spalle dei cittadini» ha proseguito Giardino, circondato da oltre duecento cittadini di ogni età ed estrazione sociale. C'erano studenti e pensionati, imprenditori che fanno fatica a pagare i dipendenti e operai che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
«Siamo schiavi di questa classe politica che fino ad oggi ha dimostrato di non saper fare gli interessi dei cittadini» diceva un giovane reggendo un cartello che se la prendeva anche con l'Europa. Gli abbiamo chiesto di spiegarcelo: «Siamo schiavi anche dell'euro – ha detto – Dobbiamo uscire dall'Europa, basta, basta!». E quando gli si chiede che alternativa di governo si immagina, se per caso si riuscisse a mandare a casa Letta e compagni, ha risposto di getto lasciando tutti un po' così, a bocca aperta: «Sarebbe meglio una dittatura».
«Andate a casa, politici corrotti, ridateci il nostro Paese» sbraitava al megafono un imprenditore non più giovane che ha dodici dipendenti e non sa come fare a pagarli. E rivolgendosi ai poliziotti e ai carabinieri che scortavano i manifestanti: «Unitevi a noi, voi che siete gente onesta». E giù applausi e ovazioni da stadio. E ancora: «Entrate in Parlamento, prendetevelo, così almeno cambierà qualcosa». Una sorta di colpo di Stato militare, dunque. Una provocazione, forse, ma comunque indicativa del livello di malcontento, di stress sociale, di disagio; un disagio che tocca sempre più persone, di ogni categoria. Non c'erano bandiere politiche, in effetti, a testimoniare la genuinità di un movimento nato dal basso e senza (per ora) un coordinamento di natura politica.