Ieri sera nel salone d’ onore di palazzo Rota Pisaroni, sede della Fondazione di Piacenza e Vigevano, la giornalista, scrittrice e consigliere di amministrazione della Rai, Benedetta Tobagi, ha presentato il suo ultimo libro “Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita”.
La carneficina, rimasta ancora senza colpevole, è quella compiuta a Brescia, il 28 maggio 1974. In piazza della Loggia, nel corso di una manifestazione antifascista, esplose una bomba che uccise otto persone. Tra queste Livia, un’ insegnante di italiano sposata con un operaio, Manlio, che sopravvive.
E’ attraverso il racconto di Manlio e la partecipazione alle udienze del processo che si sta ancora svolgendo, a quasi 40 anni di distanza, che Benedetta decide di scrivere questo libro, fatto di quattro anni di lavoro durante i quali, con un'attività di ricerca certosina e da giornalista d’ altri tempi, la scrittrice ha analizzato le carte processuali.
Il libro, come dice la stessa autrice, è costruito su diversi piani ma con un filo conduttore dato dal costante dialogo della Tobagi con Manlio Milani, col quale si crea un bel rapporto: nel libro lo chiama “zio”.
“Io ho seguito il terzo processo su un fatto avvenuto prima della mia nascita – racconta ai nostri microfoni – e attraverso Milani ho cercato, a ritroso, di raccontare le vite delle persone che sono cadute per colpa di quella bomba e di immergermi, attraverso loro, nel mondo prima del 1974. Ho cercato di dare la sensazione della complessità, dell’ orrore dello stragismo impunito e della bellezza di molte vite che hanno animato una stagione fatta non solo di violenza ma anche di passioni politiche”.
La prima udienza del primo processo si svolge due settimane dopo la strage di via Fani, con l’emozione per il sequestro e l’ uccisione di Aldo Moro viva più che mai e attraversa quasi 40 anni di storia italiana che l’ autrice ha ripercorso cercando di contestualizzare nel suo tempo ogni grado di giudizio.
“La giustizia, nel bene e nel male – continua Benedetta Tobagi – è amministrata dagli uomini con le loro virtù ma anche con i loro limiti. Il motivo per cui non ci sono colpevoli è che le indagini sono state intralciate in vari modi e in vari momenti. Nel libro c’è un capitolo, anatomia del depistaggio, nel quale cerco di raccontare cosa è stato sottratto in termini di prove che potevano essere utili alla giustizia, e da chi”.
Una data significativa, quel 28 maggio, che nel ’74 vuol dire strage di piazza della Loggia e che sei anni dopo significherà, per la piccola Benedetta, l’ assassinio del padre, Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, ucciso dalla Brigata XXVIII Marzo, un gruppo terrorista di estrema sinistra.
L’ assassinio in qualche modo era nell’ aria perché come racconta la stessa Benedetta, “c’era una nota informativa presso l’ Arma dei Carabinieri ma la questione era più complessa e differente. Mio padre lavorava per il Corriere che al tempo era controllato dalla P2. Quella nota parlava di gruppi terroristici che però non erano gli stessi che hanno poi lo hanno colpito. Erano gruppi contigui, che in quegli anni si facevano concorrenza l’ un l’altro, prendendo di mira gli stessi obiettivi: è successo per il giudice Galli e anche per mio padre”.
Benedetta ha ereditato dal padre Walter la passione per la ricerca storica. “Per me – conclude Benedetta Tobagi – scrivere, e farlo di questi temi, significa tenere in vita nella maniera che mi sembra più feconda, la sua memoria”.