Unioni civili, l’appello delle coppie omosessuali: “Chiediamo solo diritti”

Tante parole ma, per ora, nessun risultato. Né simbolico, né concreto. Il riferimento è alla discussione, avvenuta durante lo scorso consiglio comunale a Piacenza, sul regolamento per le unioni civili. E così, mentre la politica si divide, sono le persone interessate a questo registro che rimangono, come spesso accade in Italia, nel limbo.

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Ben sapendo che non riguarda solo le coppie omosessuali, abbiamo deciso di sentire proprio la loro opinione su un dibattito che, almeno per la prossima seduta a palazzo Mercanti, promette di tenere banco.

Se, infatti, anche le coppie eterosessuali non legate da vincolo di matrimonio potrebbero essere interessate a un registro delle unioni civili, lo scontro politico si combatte proprio sulla possibilità o meno per le coppie gay di vedere riconosciuti alcuni diritti che, in previsione, potrebbero essere estesi anche ai figli che intendono avere.

“Dopo sei ore non si è riusciti ad arrivare a un risultato, anche a causa di argomentazioni dell’opposizione veramente agghiaccianti” ha esordito Sara ai nostri microfoni, 30enne piacentina che insieme alla sua compagna Irene da anni attende una legislazione per regolamentare la convivenza fra due persone, legate da vincoli affettivi ed economici, ma che non intendano accedere volontariamente all'istituto giuridico del matrimonio.

“Dicono che non serve a niente ma già il fatto che se ne parli significa che a qualcosa servirebbe. Tanto più che i cittadini omosessuali a Piacenza che formano una coppia sono davvero tanti” dice Sara sconsolata. Eppure lei, come molti altri, non sembrano rassegnati. Soprattutto in un periodo come quello attuale, in cui i diritti equivalgono ad agevolazioni in molti campi: “Per esempio, grazie al registro, anche le coppie eterosessuali e omosessuali potrebbero accedere ai bandi per le case popolari e quindi all’asilo nido comunale per gli eventuali figli – spiega la piacentina -, perché nella nostra città diverse coppie, anche omosessuali, stanno tentando di avere un figlio. Comprese noi”.

Sì, perché Sara e Irene, da qualche tempo stanno cercando di avere un bambino, grazie alla fecondazione assistita in Spagna (visto che nel nostro paese non è consentita, come l’adozione, ndr). “Siamo appartenenti alla Famiglia Arcobaleno (associazione che conta oltre 1000 iscritti, ndr)”. E’ per questo che Sara e Irene sperano nel registro per le unioni civili: “Se tutti i comuni lo istituissero sarebbe un segnale forte e obbligherebbe lo stato a legiferare in merito”. Ma la questione non si consuma solo dal punto di vista economico: “I bambini sono tanti che vengono allevati da coppie omosessuali, dagli 0 ai 16 anni e anche tra gli adolescenti sono riusciti tutti ad integrarsi tranquillamente nella società. Grazie al contributo di insegnanti che hanno fatto passare il concetto di normalità per tutti. La società è molto più pronta di quello che vogliono farci credere. Tanto che a Piacenza non siamo mai state vittima di discriminazione”.

Stesse aspettative nella regolamentazione delle unioni civili le hanno Antonio e Cristiano di 21 e 34 anni, che da tre vivono nel Piacentino e formano una coppia a tutti gli effetti: “Il dibattito in consiglio comunale è stato sopra le righe, con invettive, nervosismi e continue confusioni di piani tra il morale e giuridico” spiega Antonio, dopo aver assistito alla seduta a palazzo Mercanti. “Se dicono che è inutile perché accalorarsi tanto?”. Comunque, anche per lui e il suo compagno, il registro sarebbe tutt’altro che insignificante: “Perché impegna il comune ad attivarsi per superare situazioni di discriminazione e favorire l’integrazione delle unioni civili. Significa che tutti i servizi di competenza comunale, tra i quali alcune forme di sostegno alla famiglia, dovranno prevedere condizioni paritarie tra coppie sposate e di fatto. Quindi i diritti dovranno essere erogati indipendentemente dalla forma giuridica che lega i partners, ma solo sulla base del bisogno sociale ed economico – ma non solo per Antonio -, sarebbe poi un principio per il futuro per ogni pratica da qui in avanti”.

Il caso di Antonio e Cristiano, dimostra inoltre come non tutte le coppie omosessuali intendano il registro come viatico per vedersi riconosciuta la possibilità di avere un figlio: “Noi non ci pensiamo, non abbiamo desiderio di paternità. Però, secondo noi, una coppia omogenitoriale potrebbe benissimo allevare dei bambini, come dicono molti studi. Non manifestano differenza di comportamento rispetto a bambini allevati da eterosessuali, quindi è indipendente dall’orientamento sessuale dei genitori. Gli altri sono discorsi ideologici”. Ma, come nel caso di Sara e Irene, anche Antonio e Cristiano hanno tenuto a rivolgersi direttamente a coloro che non sono d’accordo con l’istituzione di un registro per le unioni civili: “Bisogna partire dalla vita concreta delle persone, guardatevi intorno a vedere quante persone gay e lesbiche sono costrette alla convivenza e non possono deciderla rispetto alle eterosessuali. E, mettendo da parte l’ideologia, provate a tenere al centro l’umanità e la fedeltà che ci dovrebbe legare tutti”.