Animalisti contro Coldiretti: “Abbattere cani inselvatichiti? E’ fuorilegge”

 Il coordinamento delle associazioni animaliste ed ambientaliste di Piacenza contro Coldiretti. Materia del contendere, alcune dichiarzioni, fatte dai vertici regionali e provinciali, riguardo i rimedi  per risolvere il problema dei danni provocati agli allevatori di pecore dai cani inselvatichiti o ibridi di lupo. “Al di la della totale mancanza di dati scientifici sull’entità del problema, sui numeri e sulle cause – si legge nella nota del coordinamento – la proposta di abbattimento suggerita da Coldiretti, contraria alla legge, sarebbe, tra le altre, quella di istituzionalizzare dei piani di abbattimento simili a quelli già legalizzati per volpi, cinghiali, nutrie e piccioni”. 

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IL COMUNICATO DEL COORDINAMENTO
“Siamo allibiti per le gravi dichiarazioni pubblicamente espresse dai presidenti regionale e provinciale di Coldiretti, rispettivamente Mauro Tonello e Luigi Bisi, a proposito dei rimedi  per risolvere il problema dei danni provocati soprattutto agli allevatori di pecore dai cani inselvatichiti o ibridi di Lupo.  Al di la della totale mancanza di dati scientifici sull’entità del problema, sui numeri e sulle cause, la proposta suggerita da Coldiretti, contraria alla legge, per voce dei propri rappresentanti regionale e provinciale, sarebbe, tra le altre, quella di istituzionalizzare dei piani di abbattimento simili a quelli già legalizzati per i c.d. “nocivi” (volpi, cinghiali, nutrie, piccioni ecc). Premesso che condanniamo con forza i metodi cruenti con cui la Provincia sistematicamente interviene sulla fauna considerata “nociva” sulla base di valutazioni e censimenti troppe volte decisamente opinabili (come se non esistessero strumenti alternativi di contenimento), rabbrividiamo all’idea che nelle nostre campagne possano verificarsi vere e proprie battute di caccia ai cani inselvatichiti, che poi altro non sono che o cani randagi che le amministrazioni non catturano o cani vaganti e quindi di proprietà di privati, spesso privi di microchip . Ci chiediamo allora :
 – perché devono sempre essere gli animali a pagare le conseguenze dell’incapacità o, peggio ancora, dell’inadempienza umana?
 – perché invece di servire ad attuare un programma di sterilizzazione e microcippatura, i fondi pubblici stanziati per la prevenzione del randagismo sul territorio vengono costantemente diminuiti o deviati su altri tipologie di intervento;
 – perché le associazioni che si occupano di animali non vengono mai consultate nelle sedi istituzionali competenti quando è necessario regolamentare materie che incidono sulla sopravvivenza di animali che, ricordiamo, in quanto patrimonio dello Stato, appartengono a tutta la cittadinanza e non solo alla categoria dei cacciatori o degli allevatori;
 – perché i soggetti che rivestono incarichi di responsabilità e prestigio come, per l’appunto, i presidenti regionale e provinciale di Coldiretti, sembrano dimenticare sia la legge sia la forza e l’influenza dell’impatto mediatico delle proprie dichiarazioni pubbliche che dovrebbero, comunque e sempre essere moderate, tenere conto della legge e non travalicare i confini della “correttezza politica” : nel caso specifico si sfiora qualcosa di molto simile all’apologia di reato (art. 544 bis c.p. “uccisione di animali” punito con la pena della reclusione da 3 a 18 mesi), se si considera che i cani vaganti sul territorio sono tutelati dalla normativa vigente , è vietato abbatterli e dovrebbero essere sotto la vigile custodia di Comuni e Province di competenza (ai sensi e per gli effetti degli art. 2, 13, 16, 25 L.R. Emilia Romagna 27/2000);
 Più o meno provocatoriamente lanciamo noi una proposta alternativa alla categoria degli allevatori danneggiati dai cani inselvatichiti, a patto che i danni esistano davvero, siano dell’entità lamentata e gli allevatori dimostrino di aver attivato prima tutti le precauzioni possibili per salvaguardare il proprio gregge (l’adozione dei metodi preventivi quali  l’utilizzo dei cani da pastore, recinti idonei, stipula di polizze assicurative). E cioè si citino in giudizio i Sindaci dei Comuni che (soprattutto nelle zone montane), violando apertamente le leggi regionali vigenti sopra menzionate, omettono di svolgere quell’attività di vigilanza sul territorio che consentirebbe di monitorare i cani di proprietà comprese le cucciolate. Ricordiamo a chi l’avesse scordato che spetta proprio ai Comuni istituire servizi di vigilanza sulla popolazione canina nel proprio territorio, con specifico obbligo di accertare la presenza di microchip nei cani di proprietà, di catturare i cani vaganti, assicurandone il ricovero in idonee strutture. La chiave per la soluzione del problema si trova quindi agevolmente solo e soltanto nella prevenzione , non certo nell'abbattimento, nell’affrontare correttamente il problema  con un confronto tra i portatori di interesse ed un progetto di intervento definito, il tutto  nella legalità senza ricorrere a metodi illegali che ci farebbero tornare ad una sorta di oscurantismo medioevale.
 Su queste basi e solo su queste noi siamo disponibili a dare il nostro contributo”.

Il coordinamento delle associazioni animaliste ed ambientaliste di Piacenza: Amici del cane, Arca di Noè, Asilo del cane, Gatti nel cuore, LAV, Lega Nazionale per la difesa del cane, Leal Cortemaggiore, Leal Piacenza, Legambiente Piacenza, Micio Bau, Micioamico, Oipa, Senza Catene, Qua la Zampa e WWF

 

​LA PRESA DI POSIZIONE DI COLDIRETTI

Tra il 2006 e il 2011 in Emilia Romagna i danni stimati agli allevamenti da parte di lupi o cani inselvatichiti sono aumentati di oltre un terzo, passando da 100 a 150 mila euro. E' quanto afferma Coldiretti regionale sulla base dei dati dell'Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale) e della stessa regione Emilia Romagna. La causa principale di questi attacchi, come si evidenzia dalle carcasse degli animali colpiti – sottolinea Coldiretti – sono i cani inselvatichiti più che i lupi. Il numero di questi ultimi, secondo i dati Ispra, sull'Appennino Emiliano romagnolo è 187, mentre per ogni lupo ci sono cinque cani. "Probabilmente, oltre alla pecore, ci toccherà salvare anche i lupi – commenta il presidente regionale di Coldiretti, Mauro Tonello – perché si verificano sempre più spesso casi di ibridazioni cioè di capi nati dall'incrocio di cani con lupi. Così si rischia di arrecare un grave danno alla biodiversità perché si perde il patrimonio genetico del lupo, imbastardito dai troppi incroci. La Regione sul fronte dei danni è intervenuta con i finanziamenti per la prevenzione e con il risarcimento anche per i canidi oltre che per i lupi. Ma ora dobbiamo cominciare a lavorare sulla prevenzione attiva, perché non è più tollerabile che un'attività d'impresa sia tenuta continuamente sotto scacco. Occorrerà intervenire decisamente per eliminare la presenza e la diffusione dei canidi e salvare il reddito degli allevatori nonché salvaguardare il patrimonio di biodiversità rappresentato dal lupo (specie canis lupus) del nostro Appennino, che, sia detto per inciso, ha tra le sue prede principali i cinghiali più che le pecore". "Come richiesto da Coldiretti – informa Tonello – la Regione sta predisponendo un intervento per finanziare l'acquisto di cani da pastore, ma è necessario cominciare ad operare sull'altro fronte indicato da Ispra per evitare l'estinzione della specie lupo e cioè mettere in piedi rapidamente misure per la cattura e la sterilizzazione dei capi non appartenenti alla specie canis lupus e, nel caso questo non fosse possibile, bisognerà pensare anche di portare la raccomandazione dell'Unione europea di salvaguardare prioritariamente il lupo fino all'estrema conseguenza dell'abbattimento degli ibridi".