A Piacenza sono attive circa un centinaio di “lavoratrici del sesso” transessuali. Tra virgolette, perché in Italia quelle che in altri paesi vengono definite sex workers e qualificate come lavoratrici a tutti gli effetti (cioè che pagano le tasse e hanno diritto ai contributi) non esistono di fatto per il fisco. Però esistono per la società, dalla quale sono emarginate di giorno ma richieste di notte.
Del fenomeno si è occupata la piacentina Sara Alberici, con la sua tesi che si intitola: “Migranti irregolari e detenzione amministrativa: storie di vita di transessuali brasiliane” (relatore il professor Asher Colombo, docente di sociologia della devianza e sociologia delle migrazioni all’università di Bologna), che verrà presentata, in compagnia delle protagoniste Sheron e Giselle, alle 21 di questa sera allo Spazio 4 di via Manzoni.
Un appuntamento, che cade proprio a un giorno dal 20 novembre, data in cui viene celebrato in tutto il mondo il Transgender Day of Remembrance, e cioè il giorno della memoria per le vittime della transfobia. In Italia questo appuntamento non è ancora molto sentito, anche se, purtroppo, ci collochiamo fra i primi posti in Occidente per numero di transessuali aggredite o uccise ogni anno. Inoltre siamo anche uno dei paesi in cui la prostituzione transessuale è più diffusa, ma in cui, paradossalmente, le transessuali che la praticano vivono perlopiù ai margini della società e senza avere occasione di esprimere il loro punto di vista o di farsi conoscere al di là della loro professione, soprattutto se non sono di origine italiana.
Sara Alberici, educatrice piacentina, ha incontrato le due transessuali che in serata racconteranno le loro esperienze durante la sua attività nelle unità di strada che si occupano, appunto, di sex work. “Dopo anni di relazioni assidue, ho realizzato otto interviste a otto brasiliane, che hanno raccontato la loro vita” ci ha spiegato Sara in una breve anticipazione della presentazione del suo lavoro. “Non è facile essere transessuali in Italia, però lo è ancor di più in Brasile. Queste persone partono con il sogno illusorio di trovare un paese in cui fare fortuna. Hanno il mito dei trans che tornano con tanti soldi, comprano case e auto e hanno un tenore di vita molto alto. Speranza che, da un lato viene soddisfatta, perché le lavoratrici del sesso guadagnano molto e in fretta, però vivono anche discriminazioni psicologiche fortissime, fortunatamente meno quelle fisiche rispetto al loro paese d’origine. In Brasile, per esempio – ha sottolineato la piacentina – gli succede con frequenza di essere picchiate e molestate”.
A Piacenza, come ricordato, sono più di quelle che si pensi le transessuali che si prostituiscono. Fino a un centinaio, sia in strada che in appartamento. E anche per loro, nonostante si pensi il contrario, tante volte è presente una persona che le sfrutta, il cosiddetto “magnaccia”.
Un “lavoro”, che si svolge per lo più di notte, come la stessa esistenza nella nostra città. “Vivono soprattutto di notte perché di giorno vengono emarginate, persino nei bisogni più semplici. Mi hanno raccontato che, persino quando si vanno a comprare un paio di calze o di slip vengono trattate malamente dalle commesse del negozio. Nell’immaginario ma anche nella realtà, queste persone sono costrette a muoversi di notte. Per cui hanno orari sregolati, si svegliano tardi ma cercano comunque di avere una vita normale: puliscono casa e fanno la spesa, ma le relazioni interpersonali sono soprattutto tra loro”.
Dopo la sua tesi, per la quale ha approfondito il tema con le esperienze dirette, Sara ha provato ad ipotizzare qualche soluzione che, però, ammette essere di difficile realizzazione senza un vero e proprio salto culturale: “E’ necessario ancora tanto lavoro per abbattere i pregiudizi e le stigmatizzazioni. Un piccolo passo cercheremo di farlo stasera. Ho avuto da loro tanta ricchezza e sono contenta che siano loro a parlare in prima persona, saranno loro le protagoniste”.