Correntisti a loro insaputa, direttore di banca e imprenditore condannati

Si è concluso con tre condanne e un’assoluzione il processo per una serie di conti correnti aperti all’insaputa degli stessi correntisti e per divulgazione di dati personali. L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica, Emilio Pisante si riferisce a fatti del 2007 quando, da una segnalazione della Banca d’Italia, partì un accertamento della Guardia di Finanza di Fiorenzuola. Nel mirino una serie di conti correnti – quattordici, per la precisione – i cui intestatari sembravano non conoscerne l’esistenza.

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L’istituto di credito coinvolto è la filiale fiorenzuolana della Banca Farnese e al banco degli imputati nel processo che si è appena concluso in Tribunale a Piacenza sono finiti il direttore della filiale stessa e il suo vice nonché un imprenditore monticellese e la sua segretaria. Il “giro” illecito emerso e ricostruito in aula dal pm d’udienza Giulio Massara di fronte al giudice Elena Stoppini riguardava appunto una serie di conti sui quali venivano fatti transitare gli stipendi di alcuni dipendenti e collaboratori della società che faceva capo all’imprenditore di Monticelli, peraltro già coinvolto nella vicenda che ha avuto come protagonista Alfonso Filosa, già direttore dell’Ufficio provinciale del Lavoro di Piacenza, condannato di recente per concussione e corruzione.

Gli avvocati difensori (Lorenza Dordoni, Matteo Dameli e Sergio Castagnetti del Foro di Piacenza ed Emanuele Basile del Foro di Lodi), nell’ambito della discussione, hanno sottolineato come i correntisti non potessero non essersi accorti del fatto di essere titolari di conti correnti presso la banca in questione visto che da lì ritiravano lo stipendio. Considerazione che ha comunque inciso sulla decisione finale del giudice il quale, alla fine, ha assolto il vicedirettore della filiale per non aver commesso il fatto. Condannati gli altri tre imputati anche se alcuni dei capi di imputazione a loro carico sono caduti. Alla fine sette mesi di reclusione all’ex direttore della filiale e all’imprenditore e sei mesi alla segretaria di quest’ultimo. Un mese e mezzo per il deposito della motivazioni dopodiché, come hanno confermato tutti i legali, si andrà verso il ricorso in appello.