Festival del diritto, due giorni al via alla sesta edizione dedicata alle incertezze della democrazia. Abbiamo chiesto il parere a due esponenti che si sono schierati l'uno a favore e l'uno contro: sono la consigliera comunale Lucia Rocchi e il presidente della Provincia Massimo Trespidi. Ecco i loro pareri
FESTIVAL PERCHE' NO – MASSIMO TRESPIDI
Ancora una volta scorri l’indice sull’elenco di sponsor ed enti patrocinatori e non trovi quello della Provincia. Il presidente Massimo Trespidi proprio non digerisce il Festival del diritto. “Perchè?, serve forse a qualcosa?” domanda retoricamente. Qualche anno fa polemizzò con l’ex sindaco Roberto Reggi in maniera vibrante. Da allora, l’ente di via Garibaldi si è limitato a snobbare l’evento: quattro giorni in cui a Piacenza giungono politici, conferenzieri, intellettuali, ricercatori, studiosi. “Una passerella fine a se stessa” commenta Trespidi alla vigilia della sesta edizione, quella dedicata alle “incertezze della democrazia”. “Non mi è mai piaciuta questa riduzione della cultura a festival, come se le idee fossero qualcosa di commerciabile, da esporre e da acquistare come in un grande supermercato culturale. Come diceva don Giussani, la cultura è la modalità attraverso la quale la dignità profonda di una esperienza umana si esprime e si comunica. Significa che esiste un nesso profondo tra l’io della persona e la cultura che l’esperienza umana di quella persona conduce. Furono profetiche le parole che pronunciò Pier Paolo Pasolini, che avvertiva il pericolo del nascere di una industria culturale che avrebbe omologato il popolo italiano, togliendo l’anima alle culture popolari della nostra tradizione. Il fatto che arrivino a Piacenza ospiti di prestigio non significa che il Festival del diritto sia un evento imprescindibile”. Il presidente spiega: “Non voglio soffermarmi sulla natura politica del Festival o sulle simpatie politiche degli invitati come qualcuno ha fatto in passato.
Mi interessa di più evidenziare che, a partire dal curatore Rodotà e dalle sue opinioni culturali ed etiche, il Festival ha assunto, su temi di grande sensibilità etica, una deriva generalmente relativista che non condivido. Mi chiedo piuttosto, dopo diverse edizioni, se l’evento abbia contribuito a far crescere la nostra città. Io questo fatico molto a crederlo. Non credo nemmeno che con il Festival del diritto Piacenza si guadagna la vetrina nazionale. Trespidi insiste sul fatto che l’eredità della kermesse ideata da Stefano Rodotà non abbia effetti per così dire tangibili. “L’idea iniziale forse era buona, ma con il passare degli anni è diventata troppo fumosa. Intanto si tengono tantissime conferenze impossibili da seguire tutte. E poi basta dare un’occhiata ai titoli per capire che si fanno tante belle chiacchiere… la democrazia… i suoi difetti… i rimedi… e poi? Cosa guadagna la città? Forse non è politicamente corretto dirlo ma penso che questo Festival sia stantìo”. Il ragionamento di concentra sulla realtà. “Piacenza è una città che mi pare, come tante altre,stia vivendo una trasformazione evidente sotto il profilo demografico, culturale, sociale ed economico. Affronta problemi difficili da risolvere, emergenze che talvolta non vengono fatte affiorare. Penso al complesso processo di integrazione che fa fatica a decollare, all’aumento della criminalità, al lavoro che manca, ai giovani che faticano a trovare un’occupazione. La politica nazionale non dà certo una mano, ma è evidente che siamo in un’epoca che sembra di declino. Invece di parlare astrattamente di democrazia quando poi, terminati i quattro giorni di festival tutto torna come prima, forse è giunto il momento di pensare a qualcosa di diverso che aiuti la nostra comunità a compiere un balzo in avanti. Penso sia più interessante un evento dove si racconta quello che a Piacenza è già un’esperienza di vita in atto, una vita che si esprime nei diversi settori della società civile piacentina:profit, no profit, impresa, educazione, volontariato. Insomma, opere ed esperienze che hanno il desiderio di raccontarsi e raccontare la loro storia facendo conoscere la loro esperienza di vita concreta. Guardare e raccontare tutto ciò che di bello e di positivo c’è già, esiste e cresce nella nostra società piacentina, perché possiamo avere più fiducia in noi stessi e più sollecitudine a costruire insieme, attraversando il nostro presente, il nostro futuro.
FESTIVAL PERCHE' Sì – LUCIA ROCCHI
“La cultura è fatta di parole che entrano nella mente. Non può avere un’utilità immediata”. A vestire i panni dell’avvocato difensore e ad elogiare (seppur con qualche piccola riserva) il festival del Diritto ci pensa la consigliera comunale dei Moderati per Dosi Lucia Rocchi. Cattolica, proveniente dal mondo della scuola – quindi donna di cultura – Rocchi ritiene che il festival, la cui sesta edizione è ormai alle porte, sia un appuntamento molto importante per tutta la città. “In tante città si pone l’attenzione sui temi della cultura anche con rassegne come queste: penso ai festival dedicati alla letteratura, alla matematica. Il fatto che Piacenza da anni porti avanti un’iniziativa così nell’ambito del diritto, mi ha sempre fatto piacere fin dall’inizio. Non dimentichiamoci che il diritto è un po’ negletto e poco conosciuto in Italia. Devo però constatare che nel tempo l’attenzione dei media nazionali è andata via via scemando e questo mi dispiace. Forse anche perché dopo qualche anno il festival stesso vive un momento di stanca e non comprendo la motivazione reale”. La consigliera parla poi del tema di questa edizione, la democrazia con le sue mille sfaccettature: “Quello della democrazia mi sembra un tema attualissimo”.Le critiche? “Gli anni passati molti esponenti del mondo cattolico avevano criticato il festival sostenendo che fosse marcatamente unidirezionale a sinistra, tanto che hanno provato ad organizzare addirittura una sorta di controfestival. Penso che negli anni via siano stati dei correttivi importanti. Quest’anno ad esempio vi sarà la presenza anche di un cattolico come Enzo Bianchi. Sono convinta, e parlo da cattolica, che il nostro mondo possa essere decisamente soddisfatto della visibilità e del coinvolgimento avuto. Al Festival sono certamente a favore soprattutto se il mondo cattolico si sveglia, lo sostiene e se i media nazionali mettono Piacenza al centro dell’attenzione. Non capisco perché quando altre città fanno festival hanno tanta rilevanza, quando lo facciamo noi poca. Forse abbiamo un problema a saper i vendere”.Riguardo alla posizione in tema manifestata dal presidente della Provincia Massimo Trespidi, che ha stroncato l’evento e che ha lanciato la proposta di un festival dedicato ai problemi di Piacenza, Rocchi dice: “Io penso che valga la pena continuare con le edizioni. La cultura non ha un’utilità immediata, così come la letteratura o la filosofia. Ci sono in agenda fior di personaggi da ascoltare e spesso possono indurre chi ascolta a comprare un libro, a leggere maggiormente.Sarò forse un’idealista, ma la cultura è fatta di parole che entrano nella mente. L’utilizzo immediato è quello di poter riflettere.
Trespidi propone un festival sui temi di Piacenza? Credo sia una buona idea e sarei anche pronta ad appoggiarla, ma non penso che una debba escludere l’altra. Il festival del Diritto a Piacenza va sostenuto con tutte le forze”.