La filiera della pietra va forte all'estero ma in Italia continua la crisi. E anche nel Piacentino le ripercussioni si fanno sentire. Lo conferma uno dei simboli del settore, come Francesco Perotti che, pur considerandosi “ormai fuori mercato”, ha spiegato ai microfoni di Radio Sound alcuni dei motivi che hanno portato al “deserto” di questo periodo. I trasformatori sono rimasti in pochi, solo due in città (l’altro è Carini in via Pindemonte), mentre gli altri si sono spostati in provincia per “farsi la fabbrica” (a Podenzano, San Giorgio, Cadeo e Monticelli), che però è quasi sempre a gestione familiare o con pochissimi dipendenti, 4 o 5 al massimo.
“A Carrara so che si lavora a pieno ritmo e si esporta molto, soprattutto in Asia. Anche se – dice Perotti dal suo studio in via Dal Verme attivo dal 1917 – non capisco il perché, visto che hanno anche loro bellissimi prodotti. Noi però, nel campo della trasformazione, andiamo male. Grosse ditte hanno chiuso da tempo a Piacenza”. Ora la produzione è soprattutto concentrata su gradini, pavimenti, piani cucina e poi nel campo funerario. “Però molti sono prodotti sintetici. Solo con il marmo ormai si fa poco” ci spiega. “Chi è fallito era arrivato a 20-25 dipendenti ma sono andati a gambe per aria – continua il noto marmista piacentino – e i motivi sono molti: un pò per la tecnologia che abbiamo esportato. E ora, dopo averci comprato la materia prima, ci rivendono i prodotti a prezzi stracciati. Poi, sempre l’industrializzazione del settore, ha portato i marmisti ad abbassare i prezzi per pagarsi i macchinari, molto costosi. Abbiamo fatto di tutto per tagliarci le gambe” dice sconsolato.
Per questo, come ha segnalato il Sole 24ore, le imprese stanno lavorando a una sorta di manifesto con le loro specifiche istanze da presentare alle controparti politiche ed economiche. Il saldo commerciale annuo comunque è attivo per circa 2,2 miliardi (dato 2012) e il quadro di sintesi semestrale vede le vendite all'estero di materiali lapidei grezzi e lavorati aumentare di oltre il 7%, mentre frenano le tecnologie con un -3,5%. Quel che preoccupa, soprattutto i marmisti italiani, sono comunque le turbolenze in Medio Oriente, visto che Egitto e Siria sono due tra i paesi maggiori per importazione di materiale lavorato.
Unica salvezza? Come sempre il made in Italy, del quale Perotti è uno dei rappresentanti locali, anche all’estero "ho lavorato per 40 anni con i grandi designer ma solo per pezzi unici o numerati, con la firma. Non era un prodotto commerciale e di larga diffusione. Ho fatto anche 10mila pezzi, però per ditte americane che li regalavano ai clienti”. E così, oltre a perdere il presente, anche il futuro è a rischio: “Non vedo monto bene il settore. Spero che continuino i figli, come è successo a me. Dico spesso ai giovani: venite e provate, anche se non se ne vedono. Eppure non lavoro con lo scalpello ma con macchine computerizzate”.
FRANCESCO PEROTTI – Nato nel 1935 a Piacenza, ha studiato presso l’Istituto Gazzola di Piacenza e quindi al Liceo artistico di Milano. Tra il 1955 ed il 1959 frequenta l’Accademia di Brera, allievo di Marino Marini di cui diventerà strettissimo collaboratore.