“Mina, la più grande”: Pavesi la ricorda a 55 anni dal primo concerto

“Non vi dimenticherò mai”. Un bigliettino, semplice e scritto in bella calligrafia. Ciò che colpisce è però la firma: Mina. E’ solo l’ultimo, di una serie impressionante, di messaggi che Lino Pavesi – musicista, pittore e unanimemente considerato “la memoria di Caorso” – si è scambiato con Mina Anna Maria Mazzini all’anagrafe, per tutti Mina o, se vogliamo, la “tigre di Cremona”. Lo abbiamo incontrato, nella sua casa rigonfia di cimeli di una vita prestata all’arte, con la moglie, l’inseparabile Delfina (A fondo pagina è possibile ascoltare il lungo ricordo). 

Radio Sound

Cadono in questa afosa estate i 55 anni dal primo concerto della più famosa cantante della storia della musica italiana. E se è vero che le sue origini sono cremonesi, è altrettanto innegabile che la sua “iniziazione” alla musica avvenne nel 1958 a Croce Santo Spirito, frazione di Castelvetro piacentino. Il gruppo  gli Happy Boys, guidato da Nino Donzelli ma il sodalizio durò poco. A causa di una tournée in Turchia, alla quale il padre si oppose per paura che saltasse la scuola, Mina rimase senza band ma con la consapevolezza, ormai, che il suo futuro era nel mondo della musica.

E’ in quel periodo che conobbe Lino Pavesi, che rimase per oltre 5 anni il suo sassofonista, nella band i Solitari: “Un giorno sentii bussare alla porta e quando aprii c’erano lei e il batterista Fausto Colelli. ‘Vogliamo formare un complesso, ti va di partecipare?’ mi dissero. Non la conoscevo ma era così bella, simpatica, umile e non volgare che accettai” spiega Pavesi. “Allora non avevo niente da perdere”.

Da quel momento in poi fu un turbinio di concerti (il primo con la band al Continental di Cremona e poi la prima tournèe in Jugoslavia), partecipazioni a programmi televisivi (il Musichiere e Lascia o Raddoppia), pellicole cinematografiche (Jukebox – Urli d’amore e Madri pericolose) e canzoni indimenticabili (Tintarella di luna, Tua oppure Nessuno).

Sempre un successo, qualsiasi cosa e ovunque cantasse. “Nel ’59 al Palazzo del Ghiaccio di Milano, c’erano anche Little Tony, Peppino di Capri, Giorgio Gaber (‘Un grande rocker, meglio di Celentano. Che scherzava: mi lascia cantare quando lui non ha voce’). Ma Mina rubò la scena a tutti, il pubblico reagiva positivamente senza conoscerla” ha ricordato Pavesi. “Nella vita era adorabile, invece sul palco scattava. Faceva il rock senza saperlo, le veniva naturale. Aveva uno stile suo che ha poi influenzato tutte le altre”.

Molti i ricordi di Lino Pavesi, più sulla persona Mina che sul personaggio. “Le era stato scelto un nome dalla produzione, Baby Gate, per vendere anche in America. Ma lei si impuntò, voleva un nome italiano e lo ottenne. Tanto vendeva lo stesso”. Oppure, quando avrebbero dovuto suonare a Forlì: “Avevo la febbre ma insistette, perché con un elemento in meno sarebbe mancato l’affiatamento. Andai in macchina con lei. Arrivammo ma, sulla porta del locale, c’era la scritta: questa sera si esibisce Claudio Villa. Allora gli impresari lo facevano, sovrapponevano le date per avere sicurezza di riempire. Allora lei mi disse ridendo: ‘Sai cosa facciamo? Prima andiamo a mangiare un bel piat d’anvein e poi ce ne torniamo a casa”.

Le sue doti, poi, erano indubbie fin dall’inizio: “Non ha mai rifatto un pezzo. Li cantava tutti d’un fiato e com’erano andavano tenuti. Una volta, addirittura, pianse durante la registrazione. Riprese a cantare e la concluse con la voce rotta. La Rai non gliela accettò, mentre un produttore inglese la acquistò e in Gran Bretagna fu un successo”. E la generosità: “A Milano, nel ’58, siamo al ristorante e non si accorge che abbiamo già pagato. Si arrabbia. Appena fuori, alla prima persona che chiedeva l’elemosina donò 10mila Lire, il costo del pranzo. Allora era una cifra”. O la spiazzante semplicità: “Rifiutò di cantare con Frank Sinatra. Lei disse che aveva paura dell’aereo, ma secondo me aveva timore di rovinarsi, perché non era un ambiente sano”.

Non mancano i ricordi personali, ai quali si aggiungono anche quelli della moglie: “Ha tenuto a battesimo nostro figlio Giorgio nel ’61. Nonostante fosse in Giappone chiamò apposta per avvisare che sarebbe venuta (come testimoniano le foto, ndr).

E ancora, l’amicizia con Delfina: “La passava a prendere e via, sprint con la macchina la portava a fare un giro”. E l’amore per la vita quotidiana: “Veniva a trovarci a casa e andava di sotto, da mio suocero, che intrecciava e cestini e andava ad aiutarlo”.

Poi il distacco, a causa di dissidi nella band e l’ultimo concerto a Tripoli nel’63. “Non ci siamo più visti, però scriveva sempre. Dopo il battesimo, per sei mesi, scrisse spesso lettere molto tenere dirette a ‘Giorgino’, nostro figlio”.

Sono ormai passati 45 anni dall’ultima volta che si parlarono di persona. Ma, se l’avessero davanti oggi, cosa gli direbbero? Entrambi si commuovono. “Le salterei con le braccia al collo” dice Lino senza indugio. La moglie, invece, guarda fuori dal balcone, in via Serafini, dove forse se la ricorda per l’ultima volta. “Gli ho scritto qualche tempo fa e ha risposto. Gli ho detto: sono stato fortunato ad averti conosciuta, perché per merito tuo ho fatto una certa strada. Lei ha risposto: non vi dimenticherò mai. Mina. E’ stata la più grande cantante, non solo italiana. Mi farebbe piacere rivederla e secondo me anche a lei”.