La campagna del pomodoro da industria ha preso il via, ma in ritardo e con una superficie coltivata nettamente inferiore (circa 7mila ettari rispetto al doppiod egli scorsi anni). Regna un clima di incertezza, come hanno fatto sapere i produttori locali, che sono passati, a causa della crisi ma anche di scelte mancate da parte della politica, dall’essere leader nel mondo al cercare di sopravvivere con le unghie e con i denti. Il clima, poi, non ha certo aiutato. Lo ha confermato Alberto Squeri, che con il fratello Dario ha preso in mano da anni il testimone alla Steriltom, la maggiore azienda piacentina del settore: “Lo scorso anno, in questo periodo, avevamo già trasformato il 9% del prodotto. Ora il ritardo è un fattore di rischio grave, non sappiamo se potrà essere recuperato. Anche a causa del tempo, sperando che sia clemente a settembre”.
Ma se sulla concorrenza estera e il clima resta poco da fare, è sulle scelte della politica che Squeri, così come i proprietari di industrie di trasformazione del Piacentino sembrano concordi: “Se potessi fare una richiesta alla politica? Di smetterla di darci fastidio. E sarebbe già tanto”. Un commento amaro, che ha poi giustificato con queste parole: “La burocrazia affligge tutto l’apparato produttivo. A Piacenza, poi, se chi di dovere ragionasse senza chimere che vengono da Bologna sarebbe meglio. Anche perché la maggior parte non sa cosa cosa voglia dire lavorare e produrre pomodori”.