Ricorso contro la concessione dei domiciliari ai poliziotti arrestati, quadro accusatorio rafforzato dal giorno del blitz a oggi e proprio alla luce di tale rafforzamento probabile richiesta di giudizio immediato entro luglio.
E’ in sintesi quanto emerge dall’incontro con la stampa di questa mattina nell’ufficio del procuratore capo Salvatore Cappelleri alla presenza del sostituto procuratore Michela Versini, titolare con il collega Antonio Colonna dell’indagine condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo che lo scorso 15 aprile ha portato all’esecuzione di 13 misure cautelari, 6 delle quali a carico di altrettanti poliziotti della questura di Piacenza: praticamente l’intera sezione narcotici della squadra mobile. Le accuse vanno dallo spaccio di cocaina allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione al falso in atto pubblico.
Un incontro, quello di stamattina, nel quale, per la prima volta da quando è scoppiato uno dei casi più clamorosi che le cronache piacentine abbiano mai registrato, la Procura fa sentire ufficialmente la sua voce.
«Abbiamo impugnato il provvedimento del giudice per le indagini preliminari (Giuseppe Bersani, ndr) con il quale sono stati concessi i domiciliari ai poliziotti Paolo Cattivelli, Luciano Pellilli, Claudio Anastasio e Luca Fornasari – spiega il procuratore Cappelleri -. In particolare non abbiamo condiviso le valutazioni di merito e, con particolare riferimento a Luca Fornasari, c'era stata una recente istanza da parte del difensore già rigettata dal gip, presentata dunque al Tribunale del riesame e rigettata anche dai giudici bolognesi». «A quel punto – prosegue il procuratore – è intervenuta una nuova istanza al gip, questa volta però accolta».
In buona sostanza per quanto riguarda Fornasari il gip ha cambiato idea nel giro di pochi giorni e «uno dei motivi dell'appello della procura – ha precisato Cappelleri – riguarda proprio il fatto che l'iter della prima istanza non si era ancora concluso».
La procura ha dunque fatto una valutazione complessiva sullo stato del procedimento: «Riteniamo definita una prima fase che riguarda i fatti per i quali sono state applicate le misure cautelari – dicono i pm – e stiamo valutando come chiedere i rinvii a giudizio. Ci sarebbero tutti i presupposti per il giudizio immediato. Entro luglio si definirà la richiesta da parte della procura».
Esistono tuttavia ancora alcuni aspetti della vicenda sui quali si continua a lavorare, dicono gli inquirenti.
E tornando sulle motivazioni del ricorso contro la decisione del giudice per le indagini preliminari di “alleggerire” le misure cautelari (dal carcere ai domiciliari) per cinque dei sei poliziotti (Paolo Bozzini resta per ora detenuto a Opera, nel Milanese), il pm Michela Versini spiega di ritenere ancora sussistente il pericolo di reiterazione del reato che giustificherebbe la custodia in carcere. «E ciò – aggiunge il procuratore – in base ai rapporti e gli inserimenti in determinati ambienti da parte degli indagati. Quindi a nostro avvisto il pericolo è concreto».
Sempre Michela Versini, su precisa domanda dei cronisti, ha spiegato che Fornasari, Bozzini e Anastasio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel secondo interrogatorio. Gli altri invece hanno parlato. Giorgio Cavaciuti – il pensionato 66enne pluripregiudicato e considerato il perno del giro di spaccio di cocaina di cui, secondo le accuse, erano parte integrante i poliziotti della sezione narcotici di Piacenza – si è sottoposto per due volte di recente a interrogatorio e «ha fornito elementi di riscontro al quadro accusatorio formulato dalla Procura».
Il sesto poliziotto coinvolto, Enrico Milanesi, già rimesso in libertà seppur tuttora indagato, non è stato sentito una seconda volta a differenza dei suoi colleghi.
Decisamente importante la valutazione conclusiva del procuratore Cappelleri: «Riteniamo che il quadro probatorio complessivo si sia ulteriormente rafforzato rispetto all’inizio dell’indagine».