Una truffa immobiliare da 8,5 milioni di euro attuata tra le province di Lodi, Monza, Milano e Piacenza: tre le persone arrestate dalla guarda di finanza lodiagiana. Vittime almeno 18 persone, cadute nel raggiro tra il 2007 e il 2012 ma si sospetta che possano essere molte di più. Almeno 4 gli episodi di estorsione contestati. Sequestrati 500mila euro in contanti, somma in procinto di essere rasferita in California. Il resto del denaro? Probabilmente delapidato nei casinò visto che la banda era accomunata dalla sfrenata passione per il gioco d'azzardo.
Gli approfondimenti collegati all’analisi dell’origine delittuosa del denaro sequestrato, hanno poi consentito d’individuare e denunciare l’esistenza di un gruppo criminale composto da 6 persone, tra cui una donna, specializzato nell’esecuzione di truffe, estorsioni e nel riciclaggio dei proventi relativi. A capo dell’organizzazione un 56enne lodigiano, già noto alle cronache lombarde perché in passato incappato nelle maglie della giustizia per alcuni episodi truffaldini.
Vittime della banda, alcuni noti imprenditori lodigiani, nonché professionisti della provincia di Monza e del milanese, tutti accomunati dalla volontà di realizzare un vero “affare” per mezzo di investimenti finanziari relativamente modesti. L’esca normalmente offerta dalla banda era costituita dalla possibilità di acquistare a basso prezzo, grazie alla millantata collaborazione di pubblici ufficiali infedeli, immobili e terreni di grande pregio, dislocati soprattutto nella provincia lodigiana ma anche in Sardegna e nel piacentino. Immobili, più in particolare, presentati come beni al centro di procedure giudiziarie riconducibili al “Tribunale dei Minori” di Milano, in qualche caso indicate come gestite da una fantomatica “associazione tesoreria Tribunale dei Minori Milano”. Associazione, quest’ultima, nata grazie all’utilizzazione di documenti e firme false, resa “operativa” grazie all’intervento di fantomatici Cancellieri di Tribunale, d’improbabili Ufficiali Giudiziari e d’altrettanto immaginari pubblici ufficiali, ruoli che erano simulati di volta in volta dai diversi membri della banda in questione. Attori che, in alcune circostanze, hanno recitato il loro ruolo anche all’interno di uffici effettivamente ubicati dentro i (veri) Palazzi di Giustizia di Milano e di Piacenza.
In alcune occasioni, certe vittime – una volta resesi conto della truffa subita e nel corso di tentativi diretti a recuperare il denaro consegnato – sono state sottoposte ad attività estorsiva sia per impedire loro di denunciare i fatti alle forze di Polizia sia per far ottenere alla banda altre somme.
In altre circostanze, invece, le “prede” erano avvicinate con l’offerta di prestiti di denaro contante a tassi assai convenienti, ma previa corresponsione di alcune somme “in nero” a titolo d’interesse aggiuntivo e da non documentare.