E' stato come un calcio in faccia a tutti, alla comunità intera. L'Italia è sotto choc per la tragedia del piccolo Luca Albanese, trovato morto ieri poco prima delle 17 nell'auto del papà, corso al lavoro la mattina alle 9 dimenticandosi di consegnarlo alle maestre dell'asilo nido che si trova proprio di fianco alla Copra di via Bresciani, società per cui l'uomo – 39 anni, piacentino – lavora come dirigente.
Una tragedia immensa che da ieri ha chiuso lo stomaco e lacerato i cuori di chiunque ne abbia letto, ne abbia sentito parlare in radio, in tv. E' la tragedia di bimbo che giusto l'altro ieri aveva festeggiato i suoi due anni e che ha finito i suoi giorni di vita (troppo pochi) asfissiato nell'abitacolo di un'auto diventata una tomba bollente (la temperatura interna alla vettura era di oltre 60 gradi, quella del corpicino superava i 40). Ed è la tragedia di un papà, di una mamma e dei nonni che per il piccolo Luca stravedevano, vivevano per lui. Una tragedia senza colpe, scrivono in molti nelle centinaia di commenti e analisi che si leggono sull'episodio; quantomeno senza le colpe che avrebbe un uomo che se ne frega, che va magari a giocare o a divertirsi senza curarsi del suo bimbo (e in Italia e nel mondo se ne registrano tutti i mesi, di casi del genere). O meglio, la colpa c'è: è quella prevista dalla legge e legata alla dimenticanza, ormai acclarata: questo papà – considerato da tutti «una splendida persona, il classico bravo ragazzo, un genitore premuroso e innamorato di suo figlio» – si è precipitato in ufficio dove con ogni probabilità aveva questioni importanti e delicate di cui occuparsi; c'è chi dice che fosse al telefono e magari il piccolo, sul seggiolino posteriore della Citroen, si era assopito e non si faceva sentire. Morale, è arrivato davanti al cancello dell'azienda ed è sceso. Il bimbo è rimasto lì, ma per suo padre era all'asilo. Per tutto il giorno non deve avergli sfiorato l'anticamera del cervello che fosse in auto: per lui Luca era all'asilo, aveva rimosso la consegna alle maestre, come invece faceva tutte le mattine.
Quando suo suocero è andato al nido alle quattro del pomeriggio e non ha trovato il bambino, ha chiamato la figlia, mamma di Luca; lei a sua volta ha telefonato al marito per chiedere spiegazioni ed è lì che per lui si è squarciato il velo sulla tragica realtà dei fatti.
«Abbiamo sentito le urla» dicevano questa mattina alcuni colleghi passati sul luogo della tragedia a lasciare un mazzo di fiori e a farsi il segno della croce. Erano le urla della disperazione di un padre che sta temendo il peggio. E così purtroppo era.
Il bimbo – dicono i primissimi riscontri medico-legali – pare sia morto tra mezzogiorno e l'una di ieri pomeriggio, martedì 4 giugno, e cioè nelle ore più calde, quando l'auto con i finestrini chiusi si era trasformata in una specie di forno. E pensare, notano in molti, che fino a tre giorni fa c'erano pochi gradi: la primavera più fredda degli ultimi anni. Forse Luca ce l'avrebbe fatta, chissà. Così non è stato, invece, e per questo papà e per questa mamma si è aperto un calvario che forse non finirà mai. Entrambi hanno passato la notte in ospedale, sotto sedativi: i medici non riuscivano a calmarli, erano sotto choc.
Intanto c'è l'aspetto giudiziario, perché deve esserci: in procura è stato aperto un fascicolo d'indagine per omicidio colposo a carico del papà del bambino e l'autopsia è stata fissata per venerdì. Omicidio colposo e non abbandono di minori, come qualcuno ipotizzava, perché quest'ultimo reato presuppone il dolo, la volontarietà. E di dolo, ovviamente, non si può assolutamente parlare.