Madonna Sistina,il capolavoro piacentino di Raffaello riserva ancora sorprese

Quella che è possibile ammirare nella chiesa di S. Sisto non è l' originale, d'accordo, ma è pur sempre una copia settecentesca…anzi no. La copia piacentina della Madonna Sistina, opera di Raffaello il cui originale si trova a Dresda, è più antica di quanto sembri e non ha smesso di riservare sorprese agli studiosi e a chi come Davide Parazzi, l'ha materialmente restaurata.

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Tutto questo, comprese le varie peripezie che hanno visto il "nostro" dipinto raffaellesco vagare da Piacenza a Mosca fino ad arrivare alla sua sede attuale, è stato oggetto di un incontro organizzato dalla Banca di Piacenza al quale hanno preso parte lo stesso Parazzi, Susanna Pighi e Robert Gionelli che ha coordinato gli interventi.

Numerosi gli ospiti che hanno riempito totalmente i posti nel salone Panini, a Palazzo Galli, tanto da rendere necessaria la collocazione di ulteriori sedie che non erano ancora abbastanza a contenere gli ultimi arrivati che si sono dovuti "accontentare" di un posto in piedi.

Un evento partecipatissimo, insomma, così come la mostra che resterà aperta fino al 9 giugno a Palazzo Farnese e che celebra i 500 anni del dipinto di Raffaello, inizialmente destinato alla chiesa di S.Sisto e, secondo alcune teorie, da utilizzare come stendardo data la sua realizzazione su tela, altro elemento piuttosto raro per l' artista urbinate.

La copia piacentina, come dicevamo prima, ha riservato non poche sorprese in fase di restauro e sarà oggetto di studio sia per quanto riguarda la data di esecuzione che sembrerebbe essere anteriore al 1727, sia per il suo realizzatore: si erano fatte diverse ipotesi sull' autore della copia ma le iniziali G.M., rinvenute sul quadro, gettano un ulteriore interrogativo.

Anche la lunetta, cioè la parte sovrastante il dipinto, normalmente situata a più di dieci metri di altezza, che raffigura due angeli nell' atto di sorreggere la corona della vergine, ha rivelato di essere "coetanea" dell' originale di Raffaello, quindi risalente al 1500 e con molta probabilità, per stile e metodologie di realizzazione, è di scuola raffaellesca. A studiarla è venuto nei mesi scorsi anche il critico d' arte Vittorio Sgarbi.