Canada, Australia, Sud Africa, ma anche Colombia, Scandinavia. Sono solo alcuni dei paesi più lontani rappresentati dalle penne nere questa mattina a Palazzo Gotico dove si è tenuto il raduno delle sezioni Ana all'estero. Si tratta di alpini di origine italiana costretti ad emigrare all'estero per motivi personali e di lavoro. Ma il vivere lontano dall'Italia non ha smorzato il loro spirito e il loro sentirsi italiani nell'anima.
“Queste sono persone che negli anni ‘50 e ‘60 hanno dovuto lasciare l’Italia e nonostante tutto continuano ad amare questo Paese che li ha obbligati ad andare via” commenta Ferruccio Minelli delegato delle sezioni Ana all’Estero. “Sono da ammirare e quando vado in visita a trovarli mi mostrano quello che fanno nelle rispettive nazioni e davvero si vede quanto sono ancora legati all’Italia: innalzano monumenti ai caduti, agli alpini, mantengono vive le tradizioni con cerimonie e alzabandiera. Sono davvero commoventi”.
“Siamo due sezioni per un totale di 40 iscritti” spiega Gianfranco Chiappo della sezione colombiana. “Ognuno ha la sua storia personale, molti sono in Colombia da 20 e 30 anni, altri solo da una decina”. Chiappo parla poi di un aspetto non da sottovalutare: “I giovani non fanno più la naja e noi ormai abbiamo una certa età, il rischio è che alcune sezioni chiudano per sempre”. Ed effettivamente anche il presidente nazionale Corrado Perona ha fatto un elenco di sezioni ormai chiuse, in primis Venezuela e Brasile che non contano più iscritti.
Vittorio Morasset gioca in casa nella pratica essendo presidente della sezione canadese: “In Canada sono circa 2 milioni gli italiani, noi della sezione siamo 120. Rispetto e dovere è il nostro motto e sono i principi che cerchiamo di tenere vivi anche tra gli italiani in Canada”.
Maurizio Basini della sezione Nordica che include Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia spiega: “Un alpino è un alpino in tutto il mondo, e anzi l’alpino all’estero ha una responsabilità ancora maggiore perché deve tenere alto il nome dell’Italia”.