Un piccolo cinema ma con grandi idee. E’ il caso del Jolly di San Nicolò, che ieri ha presentato uno dei film più discussi, uscito dal Festival di Roma che si intitola: “S.B. Io lo conoscevo bene” e ha in programma appuntamenti di rilievo. Ma partiamo con l’annuncio, fatto dal titolareAlberto Tagliafichi: “Siamo lieti di annunciarvi, anche se manca ancora l’ufficialità che daremo nei prossimi giorni, che alla prossima presentazione di Miele (film con la regia di Valeria Golino) sarà presente la regista con Riccardo Scamarcio e l’altra protagonista JasmineTrinca il prossimo 8 maggio”.
Un bel colpo, se venisse confermato, per il cinema piacentino. Nel frattempo, come detto, ieri sera è stata presentata, insieme al registaGiacomo Durzi e il produttore piacentino Simone Gattoni, la pellicola su Silvio Berlusconi.
Ma raccontare l’ex premier e come la sua influenza ha cambiato gli italiani è impresa ardua. Se ne sono accorti il giornalista Giovanni Fasanella e Durzi, per i quali la pellicola “S.B. Io lo conoscevo bene” si è trasformata in un’arma a doppio taglio. Da una parte per l’impossibilità di utilizzare il sostantivo “epilogo”, riferendosi alla sua parabola politica. Dall’altra a causa dell’ascendente che mantiene nella società ancora fortissimo tanto che, anche solo l’ombra, non permette la distribuzione del documentario. E proprio dall’impossibilità di una normale diffusione è importante partire, per comprendere in cosa si sia trasformata l’Italia dopo vent’anni di “berlusconismo”.
“Abbiamo sofferto molto, soprattutto nel nostro Paese” ha esordito il produttore Simone Gattoni, che ieri sera ha partecipato al dibattito post visione al cinema Jolly di San Nicolò, insieme a Giacomo Durzi e all’altra produttrice, Enrica Gonella. “E’ uscito nel febbraio 2011 e, dopo averci chiamato in molti, l’anticipazione delle elezioni ha bloccato un po’ tutti – spiega -, ci hanno detto che dovevano capire chi sarebbe andato al governo”.
E poi? Passate le elezioni, gli stessi si sono tirati indietro “perché ci sono frasi nel film che li hanno fatti propendere a non acquistarlo”. Di chi parliamo? Del gruppo Espresso “che ci aveva offerto la distribuzione in dvd allegata al settimanale, ma poi hanno detto che ne usciva un’immagine non consona dell’ingegner Carlo De Benedetti ed è saltata”. Stesso discorso per La7: “Sappiamo che lo avrebbe dovuto vedereEnrico Mentana, che voleva presentarlo in un programma, ma poi ha ascoltato la testimonianza di Giuliano Ferrara dove ricorda come lui fosse un giornalista ‘della casa’ ad Arcore e così non se ne è fatto più nulla”. Per non parlare della Rai, ha invece sottolineato Durzi, “che fedele al manuale Cencelli, prima ti chiama, poi prende tempo e alla fine deve vedere quale sarà la spartizione del potere dopo le elezioni per darti una risposta”. Tutt’altra storia all’estero, dove ha già partecipato a vari festival, a Copenaghen, Rotterdam, Bucarest e Goteborg ed è in procinto di essere distribuito in Spagna, Canada e Stati Uniti.
Ma cosa ci sarà di tanto scottante all’interno di “S.B. Io lo conoscevo bene”? Semplicemente le testimonianze degli amici di un tempo che ne hanno condiviso l’avventura per poi assistere al crollo del sogno di una “rivoluzione liberale”. In questo modo ne esce una ricerca chirurgica, più antropologica che storica, sull’uomo Berlusconi e sui metodi utilizzati per ottenere consenso.
“Non credo che Silvio abbia mai avuto un’idea politica, quanto un vero istinto per scegliere quello che gli sarebbe convenuto” dice per esempio Vittorio Dotti, suo ex avvocato personale e primo capogruppo dei deputati di Forza Italia. Un po’ come se oggi parlasse Ghedini. E ha poi aggiunto: “Quando ci ha convocato per dirci che il partito si sarebbe chiamato con quello slogan abbiamo provato a dirgli che era uno schifo. Ma lui niente, continuava a ripetere che era una genialata” e l’episodio è ricordato anche dal giornalista ed ex parlamentare Pdl, PaoloGuzzanti: “Forza Italia non si poteva sentire”. Uno dei più duri con Berlusconi è proprio Guzzanti, che ha il merito “del quale non vado fiero” di aver inventato il termine “mignottocrazia”, per descrivere il sistema di potere creato dal Cavaliere.
“Incontrai Verdini, allora coordinatore per le candidature alle europee e mi fece vedere una lista. C’era una sfilza di signorine e gli chiesi: queste chi sono? Si passava da partecipazioni al Grande Fratello, direttamente alle feste private ad Arcore” ha ricordato l’ex ministro Dc, Paolo Cirino Pomicino: “Ma si poteva pensare di andare in Europa con una delegazione di tale risma, nella quale figurava anche il nome dellaDaddario? Pensai che eravamo arrivati al cavallo di Caligola”.
Così sullo schermo si susseguono immagini di repertorio, di un Silvio Berlusconi giovane costruttore e poi imprenditore dell’informazione “che non aveva timore a dire nell’80 che con le sue tv avrebbe superato la Rai. Una pazzia per il tempo”. O il Berlusconi che riesce a convincere persino Mitterrand della bontà dell’operazione di acquisto di La Cinq, per un primo canale privato televisivo in Francia che fosse “Beaujolais”(dal noto vino tradizionale francese). Passando attraverso la “guerra di Segrate” con De Benedetti per spartirsi l’eredità Mondadori: “Erano i due principi, che puntavano alla successione di re Agnelli”. Fino ad arrivare alla discesa in campo e “al meccanismo perfetto su cui poteva contare che si chiamava Publitalia, la cui rete di consenso capillare era coordinata da Marcello Dell’Utri”.
Tutti ammettono che “la sfilza di errori è colossale” (Ferrara) o che “non mi pareva proprio un politico. Però accettai la scommessa, accorgendomi poi che il partito non c’era, era solo una sua proprietà” (l’ex pm di Mani pulite e deputata Forza Italia Tiziana Parenti), persino che “della rivoluzione liberale non si è visto nulla” (Guzzanti e in coro gli ex onorevoli Benedetto della Vedova e Gabriella Carlucci).
Nessuno omette poi che “fu aiutato dalla politica, da Craxi e dalle leggi che vennero fatte in suo favore per regolare il mercato televisivo”(Dotti) oppure come “poco prima di fondare il partito, il suo gruppo imprenditoriale aveva una esposizione finanziaria di 4mila miliardi di vecchie lire”. (Cirino Pomicino).
E’ un film che scava nell’origine del male e ne fa sentire parte l’ascoltatore-elettore, che scopre “il Berlusconi in lui”.
Drammaticamente attuale perché, pur dato per finito persino dal documentario di Fasanella e Durzi – che inizia proprio con le sue dimissioni da presidente del consiglio tra le contestazioni – non poteva che concludersi profeticamente con la testimonianza dell’ex sindaco socialista di Milano, Paolo Pillitteri: “Il berlusconismo non morirà tanto facilmente. E’ nell’aria. E’ ormai una categoria dello spirito”.