Acqua Bene Comune a Timpano: “Rispettare il referendum, basta volerlo”

Il Comitato Acqua Bene Comune torna a replicare nuovamente all’assessore Francesco Timpano, nella speranza di poterci presto confrontare e chiarire ulteriormente di persona all’imminente percorso partecipato comunale e provinciale.

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IL COMUNICATO

L’assessore in apertura della sua risposta ci ricorda che sindaci e assessori sono chiamati a far rispettare le leggi. Lo sappiamo bene, e proprio per questo non possiamo dimenticare che gli amministratori del territorio piacentino non furono così solerti nel far rispettare il secondo quesito referendario, divenuto legge dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta del DPR del 20 luglio 2011 che imponeva l’obbligo di rispettare e far rispettare l’esito referendario. All’epoca la competenza in merito alla formulazione della tariffa era proprio dell’ ATO (oggi Atersir), che avrebbe dovuto eliminare la remunerazione del capitale investito. Di questa negligenza non si può incolpare l’amministrazione attuale, non ancora insediata, e non intendiamo in questa sede riesumare le precedenti responsabilità della parte politica di riferimento dell’amministrazione, speriamo però vivamente in un cambio radicale di atteggiamento rispetto al passato. A causa del mancato adeguamento all’esito referendario si renderà necessario rimborsare i cittadini delle quote di profitto indebitamente versate al gestore dal 21 luglio 2011. Una precisazione a riguardo: è vero che i profitti vengono incassati dal gestore e non dal Comune, ma è anche vero che il Comune di Piacenza è azionista di Iren, e pertanto questi profitti, illegittimi, fruttavano e continuano a fruttare utili al Comune. A proposito, decine di cittadini a Piacenza e provincia hanno aderito alla campagna di obbedienza civile, decurtando dalla bolletta la quota di profitto. In risposta hanno avuto solo minacce di sospensione della fornitura da parte del gestore, che si difendeva dicendo che spettava all’ATO adeguare la tariffa.

In questo gioco delle tre carte che ha visto un rimpallo di responsabilità tra gestore e ATO, con la palla che oggi passa all’AEEG, a chi devono rivolgersi i cittadini per veder tutelato un loro diritto? Cosa possono fare gli enti locali per riprendersi il controllo dei servizi pubblici essenziali per i cittadini? A nostro avviso l’unica soluzione è quella di un nuovo modello di gestione, totalmente pubblico e partecipato dai cittadini. Concordiamo con l’assessore Timpano sul fatto che per i Comuni non vi sia un obbligo strettamente giuridico di scegliere una gestione pubblica, c’è però sicuramente un obbligo politico e morale in quanto, come spiegato nell’intervento precedente, i due quesiti sull’acqua hanno espresso molto chiaramente la volontà degli elettori. Il primo quesito ha eliminato l’obbligo delle privatizzazioni, il secondo ha eliminato il profitto per impedire di fare utili sulla gestione dell’acqua, proprio per evitare la monetizzazione di un bene comune da parte dei privati (ma anche da parte degli stessi enti locali). Sostenere che il risultato referendario non abbia espresso una chiara indicazione per una gestione totalmente pubblica significherebbe negare l’evidenza. Un capitolo a parte dovremmo aprire sulla questione della trasparenza della gestione. Infatti è del tutto evidente la attuale mancanza di trasparenza, dovuta anche alla asimmetria informativa tra controllato e controllore insita nella attuale modalità di gestione privatistica. Ad esempio Iren Spa nel suo piano industriale decide, rispetto agli investimenti annui previsti dal Piano d’Ambito, quali intende realizzare e quali invece non può (o non vuole) permettersi. Questa è già di per se una cosa assurda, inoltre il gestore non dichiara a quanto ammontano i “tagli” agli investimenti previsti dal piano industriale. Riguardo al bilancio è vero che questo ci è stato fornito dal gestore attraverso l’amministrazione comunale. L’assessore afferma che si tratta di un documento sintetico poiché “non corre l’obbligo di dettaglio”. Ebbene crediamo che i cittadini abbiano il diritto di avere accesso ai dati di dettaglio di un servizio pubblico così essenziale. Il documento fornitoci riassume in due facciate e quattro tabelle di poche righe il bilancio di quattro anni di servizio idrico della Provincia di Piacenza.

In vista dell’imminente  percorso partecipativo speriamo di poter disporre dei dati di dettaglio. Apprezziamo il fatto che l’assessore riconosca la necessità di eliminare dalla tariffa la remunerazione del capitale investito. Oggi questo compito spetta effettivamente all’AEEG (che prima dell’investitura del Governo Monti non si occupava nemmeno del servizio idrico, ma solo di settori non regolati), che ha elaborato una tariffa-truffa che di fatto reintroduce sotto mentite spoglie la remunerazione del capitale investito. Gli enti locali potrebbero quindi lavarsene le mani. Oppure potrebbero, come già detto, schierarsi a fianco dei cittadini e sostenere ricorsi, pressioni politiche e altri tipi di azioni nei confronti di questa truffa. Anche perché come ricordato dall’assessore, sindaci e amministratori sono chiamati a far rispettare le leggi, e quella dell’AEEG è una norma regolamentare, di rango inferiore al referendum che è un atto avente forza di legge. Anche per questo motivo contestiamo la presunta impossibilità di inserire nello Statuto Comunale il principio per cui sull’acqua non si devono fare profitti. Lo Statuto Comunale infatti potrebbe benissimo prevedere che la gestione dell’acqua debba essere affidata a enti senza scopo di lucro. Questo può essere fatto anche indipendentemente dalla tariffa stabilita dall’AEEG, basterebbe re-investire interamente nel servizio i proventi della tariffa idrica, come fanno già oggi diverse società senza scopo di lucro, di cui vi sono esempi sia in Italia che all’estero.  Ne è ulteriore riprova il fatto che diversi Comuni in Italia abbiano già modificato in tal senso il loro Statuto, un esempio per tutti: il Comune di Reggio Emilia lo ha fatto poche settimane fa.

Riguardo al patto di stabilità, al di là delle contrastanti sentenze ed interpretazioni giuridiche, il vincolo non è ancora operativo e si tratta di una decisione politica sulla quale potrà incidere il nuovo Governo. Peraltro molte forze politiche, e lo stesso assessore, hanno sottolineato la necessità di un allentamento di questo vincolo. Anche l’ANCI e i Sindaci stanno esercitando pressioni in tal senso. E’ questo il momento di lottare a fianco dei cittadini per poter escludere dagli assurdi vincoli del patto di stabilità servizi essenziali come quello idrico. Anche in questo caso si tratta quindi di avere la volontà politica di attuare quanto richiesto dai cittadini, mentre fino ad oggi abbiamo avuto l’impressione che si siano cercate scappatoie giuridiche, (o addirittura stravolgimenti giuridici, come accaduto a suo tempo con la non-applicazione da parte dell’ATO della tariffa scaturita dal referendum) per sfuggire alla volontà popolare espressa con i due quesiti referendari sull’acqua. Speriamo presto di poterci ricredere, e di trovarci tutti dalla stessa parte, cittadini, lavoratori e amministratori, per difendere gli interessi della cittadinanza ed elaborare un nuovo modello di gestione pubblica efficiente, equa, senza finalità di lucro, trasparente e partecipata da lavoratori e cittadini, come accade nelle più moderne esperienze di gestione pubblica a livello europeo.