Rigoletto apre la trilogia popolare al Municipale

È affidata a Rigoletto l’apertura della “Trilogia popolare” verdiana che Cristina Mazzavillani Muti dirige per il Ravenna Festival: il melodramma, che Verdi trasse dall’opera di Victor Hugo Le roi s’amuse, approderà infatti al Teatro Municipale di Piacenza sabato 6 aprile alle 20.30 per il Turno A e martedì 9 aprile alle 20.30 per il Turno B.

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L’allestimento, che rappresenta una vera e propria novità ed è prodotto da Ravenna Festival in collaborazione con il Teatro Alighieri di Ravenna e la Fondazione Teatri di Piacenza, inaugurerà la “maratona lirica” in programma al Teatro Municipale fino all’11 aprile con le rappresentazioni di Trovatore e de La Traviata: a salire sul palco, dando voce ai drammi del buffone di corte e di Gilda, saranno il tenore Giordano Lucà (Il Duca di Mantova), il baritono Francesco Landolfi (Rigoletto), il soprano Rosa Feola (Gilda), il basso Luca Dall’Amico (Sparafucile, bravo), il contralto Clara Calanna (Maddalena), il mezzosoprano Isabel De Paoli (Giovanna, custode di Gilda), il baritono Daniel Giulianini (Il Conte di Monterone), il baritono Donato Di Gioia (Marullo), il tenore Giorgio Trucco (Matteo Borsa), il basso Claudio Levantino (Il Conte di Ceprano), il mezzosoprano Antonella Carpenito (La Contessa), il mezzosoprano Yelizaveta Milovzorova (Paggio della Duchessa). Ad accompagnare il racconto nel ruolo di testimone e ideale prolungamento ai lati della scena del pubblico in platea sarà il Coro Terre Verdiane del Teatro Municipale diretto dal maestro Corrado Casati insieme ovviamente all’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” guidata dal maestro Nicola Paszkowski.

«Rigoletto è talmente densa di idee che, in un certo senso, si potrebbe dire che Trovatore e Traviata siano, dal punto di vista musicale e drammaturgico, una derivazione della prima» ha spiegato al proposito la regista Mazzavillani Muti.

Ecco allora che, per evidenziare la specificità di questa opera, la scelta registica è stata quella di sfruttare le potenzialità della Luce e di una nuova idea di spazializzazione: «Ho immaginato un mondo nero, misterioso, una scena scura, in cui non sono le luci a cercare i personaggi, ma questi ad entrare di volta in volta nella luce. Che li isola e li ritaglia dal contesto, li rivela al pubblico, glieli rende familiari, ognuno con il proprio fascino e il proprio mondo interiore» ha continuato a spiegare la regista, «i personaggi entrando nella luce entrano anche in un determinato spazio sonoro e ogni luce ha il proprio suono: sono le geometrie sonore a creare lo spazio».