Addio al grande Enzo Jannacci, la voce della Milano degli “ultimi”

Si è spento all’età di 77 anni Enzo Jannacci, il poeta in scarpe da tennis, o il medico della canzone se preferite. Da tempo in lotta contro un terribile cancro, il cantautore si è spento ieri sera intorno alle 20,30 alla clinica Columbus di Milano. Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori. Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana. Fu uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant’anni.

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La carriera di musicista inizia negli anni cinquanta. Dopo il diploma in armonia, composizione e direzione d’orchestra ed otto anni di pianoforte presso il Conservatorio di Milano, inizia – all’età di vent’anni – a frequentare gli ambienti del cabaret, mettendo subito in mostra le proprie doti di intrattenitore e presentatore. Nel frattempo, si avvicina al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi, ma contemporaneamente scopre anche il rock and roll, genere nuovo che stava ottenendo grande successo in America con artisti del calibro di Chuck Berry e Elvis Presley. Nel 1956 diventa tastierista dei Rocky Mountains, alla cui voce c’è Tony Dallara e che si esibiscono ripetutamente alla Taverna Mexico, all’Aretusa ed al club Santa Tecla, ottenendo grande successo.

Alla fine del 1958 Jannacci forma un duo con Giorgio Gaber, noto con il nome di “I Due Corsari”, che debutta nel 1959 con alcuni 45 giri incisi per la Dischi Ricordi; la fortunata esperienza prosegue anche nell’anno successivo con altri due 45 giri e con due flexy-disc, intitolati Come facette mammeta (un classico della canzone umoristica napoletana) e Non occupatemi il telefono, usciti in abbinamento alla rivista “Il musichiere”.

Nel 1963 segue come pianista la tournée dell’amico Sergio Endrigo, e sempre nello stesso anno inizia ad esibirsi al Derby, locale milanese di cabaret, dove conosce prima Dario Fo, e quindi Cochi e Renato: in entrambi i casi, nascono spontanee amicizie che portano all’inizio di interessanti collaborazioni, soprattutto in ambito musicale. Poco dopo partecipa come comparsa ne La vita agra, pellicola firmata da Carlo Lizzani; canta L’ombrello di mio fratello in un locale nel momento in cui vi entra il protagonista, interpretato da Ugo Tognazzi. Un’altra piccola parte gli verrà riservata nel 1967, quando reciterà per Giorgio Bianchi nel film Quando dico che ti amo. Nel dicembre 1964, viene pubblicato il suo disco di esordio, La Milano di Enzo Jannacci, formato interamente da pezzi cantati in dialetto e contenente uno dei suoi capolavori, El portava i scarp del tennis, commovente racconto della vita sciatta e modesta di un senzatetto milanese; Jannacci la canta alla fine dell’anno nel programma di Mike Bongiorno La fiera dei sogni: è il suo esordio televisivo.

Il 1966 è l’anno di Sei minuti all’alba, dove è affrontato il tema della Resistenza, argomento tra i più cari al musicista milanese per i trascorsi del padre nei corpi partigiani durante la Seconda guerra mondiale; la title-track, dedicata al genitore ed a tutti coloro che condivisero questa difficile esperienza, parla proprio del breve tempo che separa il partigiano, catturato dai nemici, dalla sua fucilazione, che avverrà proprio al sorgere del sole. Soldato Nencini racconta invece delle difficoltà di integrazione di un soldato, proveniente dall’Italia meridionale, in una caserma del Nord e precisamente di Alessandria, dove ai problemi di ambientamento con i commilitoni si aggiunge anche la lettera dell’amata Mariù, che gli annuncia la volontà di separarsi, complice l’incapacità di sopportare la terribile lontananza dall’innamorato. Realizza quindi “Papalla”, un’altra scenetta per gli spot di Carosello che durerà cinque anni.

Enzo Jannacci torna alla ribalta due anni dopo con un nuovo album, realizzato con la solita collaborazione di Fo e insieme a Fiorenzo Fiorentini: Vengo anch’io. No, tu no, trainato dall’omonimo singolo, diventa in breve tempo campione di vendite e balza in cima alle classifiche italiane, ed il brano giunge addirittura al primo posto dell’hit parade di Lelio Luttazzi. Il cantautore riscuote improvvisamente un grande seguito, che gli vale la partecipazione a diversi show televisivi, come Quelli della domenica, iniziato il 4 febbraio, in compagnia di alcuni amici collegati all’ambiente del Derby (Cochi e Renato, Bruno Lauzi, Lino Toffolo e Felice Andreasi in primis).

Abbiamo raccolto il ricordo di Nando Mainardi, autore piacentino del libro “Enzo Jannacci. Il genio del contropiede”. Mainardi ebbe la fortuna di conoscere il cantautore. “Lo conobbi un paio di anni fa perché il regista piacentino Francesco Barbieri ebbe l’idea di realizzare un documentario sul famoso artista e conoscendo la mia competenza in materia mi chiese di preparare del materiale che poi inviammo al suo manager. Venimmo convocati e passammo una giornata insieme a lui. Poi il film non fu mai girato per mancanza di fondi però ameno ci fu l’occasione di trascorrere un bellissimo pomeriggio insieme a Jannacci. Bellissimo anche perché nella realtà di tutti i giorni Enzo era la stessa persona che si vedeva sul palcoscenico, una persona imprevedibile sia negli atteggiamenti che nelle parole: un linguaggio tutto suo, che poi è quello che ha influenzato il cabaret e la comicità italiana. Non a caso ho intitolato il libro “Enzo Jannacci. Il genio del contropiede”, perché aveva sempre la capacità di spiazzare”.