La pioppicoltura italiana affila le armi per la sua rinascita. Si tratta di un settore ingiustamente accantonato e penalizzato, soprattutto nell’ultimo decennio. A livello di filiera, conta su 81mila imprese, 410mila addetti, 35 miliardi di euro di fatturato e 13,5 miliardi di esportazione per l’arredamento all’anno. Inoltre, non bisogna trascurarne il valore in termini di beneficio ambientale: con il contributo alla produzione di ossigeno e l’ancor più rilevante ruolo di gestione e fruibilità delle zone di bacino fluviale soggette ad inondazione.
La pioppicoltura italiana, che vede il suo cuore pulsante lungo il bacino del Po, paga però lo scotto di trovarsi a metà strada tra l’agricoltura e la silvicoltura e di essere particolarmente vocata alla valorizzazione delle aree golenali e demaniali, fatto che porta il settore all’esclusione dai contributi diretti. Rientra, è vero, tra i possibili beneficiari di incentivi alla forestazione, ma con enormi differenze tra regione e regione risentendo così di non poche storture di mercato.
A parlarne sono stati i rappresentati della pioppicoltura italiana di Emilia-Romagna e Lombardia riuniti in un incontro allargato organizzato dall’Associoazione di Pioppicoltura Piacentina presso Confagricoltura lo scorso 28 febbraio. Il tavolo, convocato dal Segretario Provinciale dell’associazione nonché Responsabile dei Servizi tecnici di Confagricoltura Piacenza, Giovanni Marchesi, è stato coordinato da Giovanna Parmigiani – Vicepresidente di Confagricoltura Piacenza – che con la sorella Francesca ha rappresentato la pioppicoltura piacentina.
Un fotografia a livello nazionale e comunitaria è stata dettagliata da Fabio Boccalari – Presidente nazionale dell’Associazione Pioppicoltori Italiani, affiancato dal segretario Luca Molin. Presenti anche Sergio Fiocchi, funzionario di Confagricoltura Emilia-Romanga e funzionari regionali di settore: Giovanni Pancaldi e Daniele Govi per la Regione Emilia- Romagna e Roberto Tonetti e Luca Napoletano per la Lombardia. All’incontro hanno preso parte anche pioppicoltori e rappresentanti di Confagricoltura del Piemonte. “Nel 1970 erano 40mila le aziende agricole produttrici di pioppo – ha ricordato Boccalari – con un impegno di 175mila ettari che nel 2010 erano ridotti a 48mila ettari gestiti da 7mila aziende. Il calo annuale è stimato di circa 3mila/4mila ettari. Per far sì che la pioppicoltura possa continuare, dobbiamo agire in modo coordinato e su più livelli. La nostra associazione da qualche anno è associata a Pro – Populis (la rappresentanza europea di settore) che ha una sede a Bruxelles: stiamo lavorando sia per portare avanti gli interessi di settore che per far conoscere le potenzialità della pioppicoltura. Un lavoro che va condotto anche sul piano comunicativo. Urge un’azione divulgativa: non c’è consapevolezza, ad esempio, dell’enorme lavoro di gestione delle aree golenali di cui benefica l’intera società”. Dall’incontro sono emersi importanti punti condivisi: avanzare richieste perché la pioppicoltura venga inserita nei piani strategici nazionali ed europei, investire su qualità ed ecocompatibilità chiedendone il riconoscimento nelle direttive, lavorare in modo congiunto affinché nei prossimi PSR sia premiata la pioppicoltura e siano omogenee le linee d’intervento delle diverse amministrazioni regionali. Il gruppo si aggiornerà ancora a breve mentre già si lavora alla messa in campo di comuni azioni divulgative.