Una due giorni che rimarrà stampata come un marchio a fuoco nella memoria dei duecento pellegrini della diocesi di Piacenza e Bobbio arrivati in pullman ieri nella Capitale per assistere a un evento epocale: l’ultima udienza pubblica di Papa Benedetto XVI prima delle sue “dimissioni” previste per domani, 28 febbraio 2013. Il Papa dimissionario prima di lui è vissuto più di sei secoli fa e basta questo per capire la ragione dei milioni di occhi puntati oggi su piazza San Pietro gremita e colorata come poche altre volte: più di centomila fedeli arrivati da ovunque, dalla Cina all’America, dal Brasile all’Australia, per non parlare dei Paesi europei; e per non parlare dei giornalisti: ad ogni angolo della piazza e lungo un buon tratto di via della Conciliazione si vedevano reporter intenti a parlare alle loro nazioni nelle loro lingue attraverso le telecamere che avevano davanti e, ovviamente, con lo sfondo della chiesa più famosa del mondo.
Tutti ad ascoltare Papa Benedetto che tra poche ore tornerà ad essere Joseph Ratzinger. Anche se proprio su questo punto è stato lo stesso Pontefice a chiarire un concetto basilare: non torna certo alla vita privata (che peraltro, ha sottolineato, gli è mancata moltissimo) ma semplicemente lascia la parte attiva del suo ministero per dedicarsi alla preghiera; perché solo per «pregare e riflettere» gli sono rimaste le forze. E veniva da credergli.
E’ una considerazione personale di chi scrive, che va al di là del resoconto giornalistico. Ascoltare stralci di un discorso non è come ascoltarlo dall’inizio alla fine, in tutte le lingue; e avendolo fatto, essendo rimasto nel cuore della piazza, avendo quasi sfiorato il pontefice mentre passava a bordo della candida Papa-mobile nei corridoi ricavati con le transenne tra la folla, la sensazione era quella di avere di fronte un uomo a pezzi. Fisicamente a pezzi, s’intende; e solo fisicamente. La sensazione è che non ci sia nulla più di questo nella sua scelta ma solo la stanchezza di un 86enne che davvero non se la sente più di guidare un gregge di un miliardo di cristiani.
Poi chissà, magari c’è altro; magari c’entra lo Ior, il Corvo, lo scandalo della pedofilia, gli alieni e chi più ne ha più ne metta. Ma oggi, qui, in piazza San Pietro resta l’impressione di un uomo stravolto dalla stanchezza e al tempo stesso sereno. E molto dolce in questa sua serenità, seppur sofferta per una decisione drammatica e rivoluzionaria; dolce a dispetto della fastidiosissima cadenza tedesca, naturalmente.
Di seguito, la trascrizione integrale dell’ultimo discorso pubblico di Benedetto XVI.
«Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa ultima Udienza generale del mio pontificato. Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo.
In questo momento il mio animo si allarga per di abbracciare tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo. Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10). In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e vive nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia. Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto ferma questa certezza che mi ha sempre accompagnato. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai.
E il Signore mi ha veramente guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua e non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore. Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio d’avermi creato, fatto cristiano…».
Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è sua la prima responsabilità; e io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile. Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella mia preghiera, con il cuore di padre. Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio. A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, non un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi poter toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino. In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi. Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy.
Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della loro comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio. Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che voglio vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito. Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia. Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore. Grazie»
(AGGIORNAMENTO MERCOLEDI’ 27 FEBBRAIO 2013) – Piazza San Pietro impressionante: più di centomila fedeli e pellegrini arrivati da ogni parte del mondo che stanno attendendo di vedere Papa Benedetto XVI per la sua ultima udienza pubblica da Pontefice. Da domani si ritirerà a vita privata. In questa piazza gremita e coloratissima, sotto un sole primaverile, mentre gli speaker vaticani stanno accogliendo tutti i gruppi nelle varie lingue, ci sono anche i duecento piacentini con il loro striscione: “Le tue parole luce per sempre. Piacenza ti abbraccia”.
(MERCOLEDI’ 27 FEBBRAIO 2013) – La maestosità della basilica di San Pietro pressoché deserta è uno spettacolo unico. Ed è lo spettacolo di cui hanno goduto questa mattina gli oltre duecento pellegrini di Piacenza guidati dal vescovo Gianni Ambrosio all’inizio di quella che è già destinata a diventare una giornata storica, e non solo per la diocesi di casa nostra. E’ l’ultimo giorno di ministero per il Papa Benedetto XVI ed è il giorno in cui i pellegrini piacentini lo incontreranno nella sua ultima udienza da pontefice. C’è emozione pacata ma palpabile nel gruppo e il primo a testimoniarla è don Anselmo Galvani: «E’ un giorno particolare per tutti, per il Papa, per noi perché resterà nei nostri ricordi per tutta la vita. Siamo qui in tanti per dimostrargli il nostro affetto e la nostra gratitudine».
Al gruppo di pellegrini arrivati da Piacenza, arrivati alla sette di questa mattina in piazza San Pietro, si è unito un altro piacentino illustre: Alberto Spigaroli, senatore, già premiato con l’Antonino d’Oro. «In questo momento storico – ha detto – troverà certamente la forza di sostituire degnamente il Papa che oggi terrà il suo discorso di addio»
Alle 8 altro momento eccezionale: la messa celebrata in San Pietro, all’altare della Confessione, dal vescovo Gianni Ambrosio con tutti i sacerdoti piacentini presenti al pellegrinaggio organizzato da Valeria Perini: don Giuseppe Basini, monsignor Anselmo Galvani, don Cesare Lugani, don Michele Malinverni, don Paolo Mascilongo, don Romano Pozzi, don Stefano Segalini.
E c’è grande attesa per l’udienza con Benedetto XVI alle 10,30 in piazza San Pietro, già gremita alle prime ore della mattina.
(MARTEDI’ 26 FEBBRAIO 2013) – Inizia oggi un pellegrinaggio destinato a entrare nella storia della chiesa piacentina: oltre duecento pellegrini (tra i quali numerosi giornalisti delle varie testate locali) guidati dal vescovo Gianni Ambrosio sono in viaggio a bordo di quattro pullman alla volta del Vaticano, nel cuore di Roma, dove domani incontreranno Papa Benedetto XVI.
L’udienza, momento clou del pellegrinaggio, è prevista appunto per domani, mercoledì, alle 10,30, esattamente un giorno prima delle “dimissioni” del Pontefice. Un momento storico per la Chiesa cattolica; una svolta per certi versi drammatica che ha fatto e sta facendo discutere il mondo intero nelle ultime due settimane, ovvero da quando il Papa ha fatto il suo drammatico annuncio, totalmente inaspettato.
«Dopo lo stupore – ha detto il vescovo Ambrosio, durante il viaggio verso Roma – in me è sorto un pensiero molto chiaro: il Papa lascia nel cuore dell’Anno della fede da lui voluto; e allora dobbiamo accogliere questo gesto di grande rilevanza, un grave gesto come ha detto lui stesso, con spirito di fede perché ci invita a guardare ancora più in alto del Papa, ci invita a guardare quel Signore che è il buon pastore sempre, anche se si serve dei Papi e dei vescovi per condurre il suo gregge».
Qualche cenno sul programma. L’arrivo a Roma è previsto per le 14,30 e subito è prevista la visita della basilica di San Paolo Fuori le Mura e quindi «dare l’inizio con l’eucarestia al nostro pellegrinaggio – come ci ha spiegato don Giuseppe Basini, parroco di Sant’Antonino, patrono della città – E’ un luogo simbolo dedicato alla figura di San Paolo, apostolo delle genti; poi da lì ci sposteremo nella grande basilica di San Giovanni in Laterano, la madre di tutte le chiese, per poi andare alla Domus Mariae, sull’Aurelia, splendida sede dell’Azione cattolica femminile, dove celebreremo il rito della riconciliazione e pernotteremo in vista della grande giornata di domani». Alle 8 di domani, dunque, in San Pietro i pellegrini piacentini parteciperanno all’eucarestia celebrata all’altare della Confessione e poi «con grande gioia saluteremo, accoglieremo e ascolteremo Papa Benedetto XVI nella sua ultima udienza che quindi rende singolare e unico questo nostro pellegrinaggio; e concluderemo con questo segno di affetto e gratitudine in piazza San Pietro». Nel primo pomeriggio è prevista la partenza e quindi l’arrivo a Piacenza nella tarda serata.