La Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids lancia oggi la sua “campagna elettorale”, protagonisti i leader delle principali forze politiche che si sfideranno alle prossime elezioni. Rappresentati con una scritta che accompagna il loro volto, come nei manifesti elettorali: Voteresti per me se fossi sieropositivo? E un sottotitolo: Fermiamo l’Hiv, non le persone con l’Hiv.
In Italia è difficile che una persona che vive con l’Hiv possa diventare presidente del Consiglio. Perché non potrebbe viaggiare nei molti Paesi che ancora impongono il test Hiv negativo in entrata, pena la deportazione. Perché il suo ministro degli Esteri dovrebbe dimenticare che da anni ormai l’Italia, unico Paese del G8, non versa un euro al Fondo Globale di lotta a Aids, Tubercolosi e Malaria. Mentre i ministri della Salute e dell’Istruzione dovrebbero continuare a cancellare la parola preservativo in ogni iniziativa pubblica. Il ministro alle Pari Opportunità dovrebbe chiudere gli occhi di fronte alla sottrazione dei diritti delle persone omosessuali, e quello della Giustizia continuare a ignorare che le carceri stanno scoppiando grazie anche a leggi repressive per i consumatori di sostanze, a cui vengono negate politiche di riduzione del danno che proteggono la salute (di tutti) oltre a salvare vite umane. Il ministro del Lavoro invece dovrebbe sopportare le sempre più numerose richieste di test Hiv a dipendenti o aspiranti tali, mentre il ministro della Difesa dovrebbe continuare a sostenere che anche i ragazzi che si vogliono iscrivere ai licei militari devono prima presentare un certificato di negatività all’Hiv, come tutti coloro che vogliono accedere a un qualsiasi bando, per la ferma volontaria come per l’arruolamento di medici, psicologi, suonatori di trombone o canoisti. Sì, un presidente del Consiglio con l’Hiv avrebbe vita dura in Italia. Come dura, in Italia specialmente, è la vita per decine di migliaia di persone sieropositive.
La Lila ha deciso di promuovere una campagna che parla di stigma e discriminazione, che non solo offendono ma rendono difficile prevenzione e cure. Coinvolgendo, oltre ai candidati, gli elettori, i cittadini, per incoraggiarli a cambiare il proprio comportamento verso le persone con Hiv.
Una campagna fatta di immagini ma soprattutto di domande ai candidati. Con argomenti che non sono propri solo della Lila: sono raccomandazioni delle Agenzie internazionali, dell’Onu, della Commissione europea. Documenti che l’Italia ha sottoscritto, di organizzazioni di cui l’Italia è membro, impegnate in azioni in cui il nostro Paese è tenuto a fare la sua parte.
Tra gli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite è compresa la lotta contro l’Aids, ovvero bloccare l’epidemia entro il 2015 e invertire la tendenza attuale, entro il 2010 doveva essere garantito l’accesso universale alle terapie per tutti coloro che ne hanno bisogno. “Getting to zero”, raggiungere lo zero (zero nuove infezioni, zero morti aids correlate, zero discriminazioni) è anche lo slogan del piano di azione dell’Unaids al 2015. Ma dal 2009 l’Italia ha sospeso i propri contributi finanziari e non solo. Specchio della sua assenza in ambito internazionale è la scarsità di azioni di contrasto sul proprio territorio: prevenzione e difesa dei diritti sono istanze dimenticate anche in questa campagna elettorale.
Le domande della Lila ai leader politici, su preservativi, stigma, discriminazione sul lavoro, omofobia, consumo di sostanze, Fondo Globale, cercano ancora una volta di rompere il muro dell’indifferenza delle istituzioni politiche. Coinvolgendo nello stesso tempo l’opinione pubblica. Riportando i temi della lotta all’Hiv e all’Aids, come va di moda dire oggi, in agenda.
La campagna della Lila è ispirata da Aides, associazione francese di lotta contro l’Aids, con il suo consenso e sostegno.
Ulteriori informazioni sulla campagna, sulle domande rivolte ai leader di coalizione e sui dati citati si trovano all’indirizzo www.lila.it
Per avere le immagini in alta definizione contattare l’ufficio stampa Lila, recapiti in calce alla mail.