“Una relazione che non può essere definita anonima”. Svelata dunque dallo stesso Sergio Giglio la paternità di quel dossier, per giorni definito anonimo, che è circolato sui tavoli di alcune istituzioni, tra cui Comune e Provincia. Si tratta di una relazione che lo stesso Giglio ha dunque commissionato ad esperti nel tentativo di fare chiarezza sugli investimenti della Fondazione. Piacenza24 è in grado di pubblicare il dossier, composto di cinque pagine, in cui vengono evidenziate le criticità.
LA PRESA DI POSIZIONE DI SERGIO GIGLIO SULLA FONDAZIONE
Fondazione, Sergio Giglio esce allo scoperto candidandosi alla presidenza della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Lo fa proprio in un momento di polemiche che sta investendo l’ente di via Sant’Eufemia. Pubblichiamo integralmente il suo intervento.
“Dallo scorso 11 gennaio, insieme ad altre 21 persone designate da Enti ed istituzioni che ne hanno titolo a termini di statuto, sono membro del Consiglio Generale della Fondazione di Piacenza e Vigevano. Un Consiglio per ora nel limbo, in virtù di una procedura che prevede un ulteriore allargamento, prima di essere messo nelle condizioni di svolgere la sua funzione. Di me, praticamente all’indomani della mia nomina da parte della Camera di Commercio di cui, insieme ad Alessandra Tampellini e a Pierluigi Scrocchi sono espressione, si è detto che ero un candidato alla Presidenza. Interpellato in merito, ho manifestato la disponibilità ad assumere questo importante e delicato incarico, disponibilità maturata sulla base di crescenti consensi e sostegni alla mia persona, nati certamente in ambienti economici, ma in seguito provenienti da ambiti più estesi della società civile, compreso il volontariato. In vista di questa eventualità, ho ritenuto di dover conoscere la Fondazione in maniera approfondita sia con riguardo ai suoi scopi – chiaramente definiti nello statuto – che alle modalità attraverso le quali questi scopi vengono realizzati. Poiché, come è a tutti noto, le finalità della Fondazione possono essere concretizzate grazie alla redditività generata dalla gestione del suo patrimonio, ho ritenuto altresì indispensabile avere contezza, anche in maniera per quanto possibile analitica, della consistenza e delle caratteristiche degli impieghi di detto patrimonio, in riferimento ai quali in più occasioni e da parti diverse sono stati avanzati dubbi di congruenza con i principi statutari. Ho condotto questa analisi con l’ausilio di esperti, ben prima delle note vicende che legano la nostra Fondazione all’Istituto Monte dei Paschi di Siena. Come è già stato rilevato in alcuni consessi, al 31 dicembre 2011 il patrimonio della Fondazione si caratterizzava come fortemente indisponibile. In particolare come illustrato in nota integrativa i 195 ml di titoli di debito immobilizzati – in prevalenza titoli strutturati indisponibili con scadenza media dei rimborsi molto lunga, finanche al 2030 – al 31/12/2011 producevano una minusvalenza latente pari a oltre 69 ml di Euro, corrispondenti a più del 35% del loro valore. Il che significa che a fronte di necessità finanziarie, magari derivanti da un importante progetto per il territorio, uno smobilizzo anticipato produrrebbe minusvalenze che ad oggi sarebbero stimabili in quasi 100 milioni di euro. A ciò si aggiungano diversi investimenti di natura puramente speculativa ed altri poco coerenti con le finalità istituzionali dell’ente, oltre che costosi. Uno di questi è certamente lo swap Fresh Monte Paschi, ma anche alcuni derivati a cui corrisponde un impegno a scadenza di 40 milioni di euro a fronte dei quali già 20 milioni di euro risultano accantonati a bilancio per far fronte alla perdita. Inoltre, polizze di capitalizzazione, operazioni peraltro atipiche per i clienti istituzionali ed in genere molto costose. Questa analisi è contenuta in una relazione che, al contrario di quanto è stato affermato, non può essere definita anonima, posto che nota è la fonte che l’ha generata. Le risultanze a cui faccio riferimento sono frutto di verifiche tecniche di poste di bilancio e commenti ricavabili dalla nota integrativa dell’ultimo documento contabile disponibile ( bilancio 2011). Il bilancio 2012, non ancora noto, darà conto dell’evoluzione del valore di questi ed altri investimenti. Mi fa piacere apprendere che le risultanze evidenzieranno un miglioramento di queste ed altre posizioni. Così come potremo avere chiarimenti su come si è fatto e si farà fronte ad un fabbisogno finanziario di 50 milioni, sempre risultante al 31 dicembre 2011. A nulla vale evocare la legittimità delle scelte fatte. E’ evidente che sono legittime, poiché assunte da organi legittimati a farlo. Ed è altrettanto evidente che ogni organo deputato ha esercitato il controllo al quale era tenuto. Credo però che l’esperienza che tutti stiamo vivendo, quella cioè di una finanza esasperata, stia a dimostrare quanto questo sistema dei controlli non abbia dato sufficienti garanzie. La questione è un’altra. E deriva dal confronto con il dettato statutario. Possono ritenersi questi investimenti coerenti con l’art. 7.2 che recita così: “La Fondazione nell’amministrare il proprio patrimonio osserva criteri prudenziali di rischio, investendo detto patrimonio in attività coerenti con la propria natura di ente senza fini di lucro, agendo secondo regole di trasparenza e di moralità” Lascio all’interesse ed alla volontà di ciascuno approfondimenti e conclusioni. La finanza è materia complessa e delicata, da maneggiare con cura, soprattutto se si investono risorse pubbliche quali sono quelle della Fondazione, un patrimonio che ci deriva dai nostri padri e da consegnare integro ed accresciuto ai nostri figli. La Fondazione rappresenta tutto il territorio e nasce dal territorio. Deve essere una Fondazione con il Presidente e non del Presidente. I buoni risultati verranno dal lavoro di squadra sia con gli enti e le istituzioni che per Statuto hanno designato i componenti dell’organo di indirizzo sia con tutti i Consiglieri che devono essere coinvolti al massimo grado affinché le decisioni prese maturino con il più largo consenso possibile e con il concorso fattivo di tutti. Qualcuno qualche tempo fa, in occasione del dibattito attorno alla soppressione delle Province, ha ricordato che la Fondazione sarebbe rimasta l’unica istituzione a rappresentare davvero la sintesi di tutto il territorio. La Provincia per ora non è stata soppressa ma rimane il fatto indiscutibile che la Fondazione ha proprio questa natura. Ne sono profondamente convinto e, proprio per questo, ritengo che si debba ripartire con un cambio di passo deciso, anche modificando alcune rappresentanze importanti in Consigli di Amministrazione di Enti al cui capitale partecipa la medesima Fondazione. E se davvero esistessero incompatibilità riferibili a qualche Consigliere, come è stato evidenziato, sono certo che, per quanto conosco quel Consigliere, lo stesso saprà decidere per il meglio. Concludo chiarendo la mia posizione e mettendomi fin d’ora a disposizione di quanti vorranno conoscere la mia idea di Fondazione. “Metto a disposizione del territorio le competenze e le capacità di un imprenditore che per tutta la vita si è occupato di far crescere e prosperare la propria impresa, dando lavoro a tante persone e contribuendo allo sviluppo del nostro territorio. Il che, deve essere ben chiaro, non significa assolutamente che io voglia spostare la barra a favore delle imprese attraverso un cambio di statuto. Lo statuto va bene così. I settori di intervento vanno bene così. Siamo di fronte ad un oceano del bisogno. La crisi è tremenda ed i prossimi mesi saranno anche peggio ed è magnifico vedere che c’è tanta gente che si preoccupa degli altri. La Fondazione deve sostenere questi sforzi ma non può certamente sostituirsi al terzo settore. Deve essere sussidiaria, non supplente, auspicabilmente anticipatrice, più spesso catalizzatrice. E questo vale in ogni ambito di intervento: dall’arte alla cultura, dalla sanità alla ricerca ed alla formazione. Come ho detto, la mia disponibilità ad assumere questa carica, se ce ne saranno le condizioni, è oggi sostenuta da diverse componenti della società, comprese diverse realtà del volontariato. Credo nel lavoro di gruppo e nella necessità di fare rete. Conto su tutti i Consiglieri, molti dei quali hanno storie personali e professionali molto diverse dalle mie. Ci completeremo a vicenda ed insieme cercheremo di rispondere ai multiformi bisogni del territorio ai quali la Fondazione è chiamata per dovere, per Statuto e per storia, a rispondere”.