È la prima atleta italiana della storia a correre con amputazione bilaterale e la sua categoria è la T43, quella anche di Oscar Pistorius . Un cognome e una professione da manager dell’alta moda. Poi l’incidente ed entrambe le gambe che finiscono amputate. Ma dal 2005, quando le cambiò la vita, Giusy Versace (della famiglia dell’haute couture) ha iniziato un percorso di rinascita che l’ha portata a diventare primatista paralimpica sui 100 e 200 metri piani. Tanto da arrivare anche a sfiorare il sogno di partecipare alle Paralimpiadi di Londra 2012, che le sono sfuggite di mano per una manciata di centesimi di secondo. L’atleta trentacinquenne calabrese, oggi è fortemente impegnata nel sociale – tanto da aver fondato la onlus Disabili No Limits – e giovedì 7 febbraio, alle 10.45, sarà a Palazzo Galli è invitata dalla Fondazione San Benedetto per una mattinata di incontro, aperto a tutti, con gli studenti del liceo. “La nostra tradizione di liceo sportivo è ormai decennale e per noi lo sport viene vissuto soprattutto nella sua valenza educativa – ricorda il preside, Agostino Maffi – con questa testimonianza vogliamo sottolineare che anche in un istituto orientato alla pratica sportiva si cresce soprattutto come persone, valorizzando ognuno per quello che è. Essere dei campioni non è una condizione necessaria. L’esperienza sportiva è una grande risorsa educativa. A noi interessa lo sport capace di educare ai fondamenti della vita”.
La storia di Giusy Versace assomiglia alla sceneggiatura di un film. Rampolla in carriera della famiglia che firma l’alta moda internazionale (il papà è cugino di Gianni, Donatella e Santo) inizia la sua carriera professionale nel settore moda (non nell’azienda di famiglia ma in un’altra concorrente) fino all’incidente automobilistico mentre viaggiava per lavoro che, ormai otto anni fa, le cambiò la vita per sempre sostituendo due protesi a entrambe le gambe amputate al ginocchio da un guard rail assassino. Lo shock, ma poi la ripresa, anche – ma forse è meglio dire: soprattutto – grazie alla fede che dal giorno dell’incidente non l’ha mai abbandonata. Tanto da diventare volontaria dell’Unitalsi, il treno per Lourdes, e fondatrice di un’associazione, Disabili No Limits, che si occupa di supportare le persone con disabilità che non si possono permettere ausili evoluti: piedi e tutori in fibra di carbonio, sedie a rotelle ultralettere, ginocchi elettronici. Perché le protesi, quelle che consentono davvero una vita migliore, costano.
Per lei il sogno della corsa inizia nel 2010, con un paio di protesi da gara e un allenatore che aveva già messo le mani in pasta nel successo del settore con Oscar Pistorius, Andrea Giannini. E cominciano i record: 2010 titolo italiano sui 100 metri, cat T43, nel 2011 il minimo paralimpico per Londra (che però non è stato sufficiente per entrare nella squadra azzurra) e nel 2012 al Meeting internazionale di Atletica il record italiano sui 200. “Sono convinta che lo sport, per chi vive la disabilità, sia un importante veicolo di confronto e integrazione oltre che strumento prezioso per diffondere i valori della vita”, afferma la Versace nella sua biografia.