Dieci anni d’inferno. Sono le parole dell’ispettore di polizia Fausto Gaudenzi che insieme ai suoi colleghi della squadra molbile piacentina diretta da Stefano Vernelli si è occupato di uno «peggiori casi di maltrattamenti in famiglia che abbiamo mai trattato» conclusosi nei giorni scorsi con l’esecuzione, sempre da parte della polizia, di una condanna definitiva a due anni e due mesi di reclusione da scontare alle Novate per maltrattamenti, minacce e lesioni aggravate.
E’ la storia di una giovane donna macedone,che oggi ha poco più di trent’anni, vittima dell’uomo che ha sposato nel ’99 e dal quale ha avuto due bambini. Vivono da moltissimi anni a Piacenza. Ed è proprio dal ’99 che inizia l’inferno di questa giovane mamma; un inferno fatto di botte, minacce, sevizie psicologiche che l’avevano portta – spiegano i poliziotti – a bloccarsi completamente, a vivere nel terrore.
Nell’agosto del 2008 un episodio che rappresenta la svolta: l’uomo, 46 anni, operaio nel settore edile, dopo l’ennesima sfuriata contro la moglie perché, a suo dire, non aveva lavato i suoi vestiti come avrebbe dovuto, perde il controllo, inizia a rompere oggetti e terrorizza i figli di pochi anni, che si rifugiano dietro le gambe della madre. L’uomo a quel punto, stando alla ricostruzione della polizia e poi accolta dai giudici, ha preso per il collo la moglie tanto da provocarle una distorsione del rachide cervicale riscontrata poi anche dai medici e, non contento, s’è messo a brandire un coltellaccio da cucina dicendole che l’avrebbe «sgozzata come un capretto».
Esasperata ma ancora succube, la ragazza fa molta fatica anche solo a farsi curare all’ospedale: là fanno domande e non voleva dover denunciare il marito, ne era terrorizzata. Alcune amiche la convincono a farsi medicare e poi a rivolgersi alla polizia: «Ti aiuteranno, sta tranquilla» le dicono. Ed è la svolta. All’inizio è stata molto dura – spiega l’ispettore Gaudenzi – ma un tassello alla volta abbiamo ricostruito una condotta criminale che durava davvero da troppo tempo e abbiamo risolto il caso. «Ma ce ne sono ancora troppi non risolti solo per paura delle donne – prosegue l’ispettore – Ecco perché diciamo chiaramente alle donne maltrattate di non temere, di rivolgervi a noi, di affidarvi e di fare come vi diciamo».
Oggi la giovname mamma moldava è una donna rinata, ci tengono a sottolineare gli investigatori. Dopo l’episodio del coltello lo straniero è dovuto andare all’estero per sbrigare alcune questione ed è stato in quel momento che si è creata l’occasione ideale per intervenire: la ragazza è stata collocata in una struttura protetta, i figli le sono stati affidati e poi c’è celebrato il processo conclusosi con una condanna: due anni e due mesi. Ora la condanna è definitiva e lo straniero, fino all’altro giorno ancora in libertà, è finito alle Novate.