Arriviamo a Sariano di Gropparello intorno alle 9 di questa mattina e già si respira un aria nuova rispetto a questi tre giorni precedenti, durissimi, interminabili. Scendiamo dall’auto e i lavoratori davanti ai cancelli dell’azienda ce lo confermano, ci accolgono con un sorriso e gridano: “Oggi è un giorno di festa!”. I sei lavoratori sono scesi, abbracciano a turno tutti i loro colleghi che da lunedì non hanno mollato un attimo: non saranno stati in cima al tetto di una fabbrica, ma giorno e notte hanno presidiato l’ingresso dello stabilimento, al freddo anche loro, mangiando poco anche loro, creando apprensione anche tra le loro famiglie. Oggi finalmente è finita. Una riunione in Provincia iniziata alle 15 di ieri pomeriggio e terminata questa mattina alle 4, al termine della quale gli operai di Sariano hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. L’accordo prevede la cassa integrazione straordinaria per la durata di due anni, con procedura di mobilità e un incentivo all’esodo di 12mila euro per chi deciderà di trasferirsi allo stabilimento di Avigliana (Torino). Proprio su questo punto la trattativa di questa notte si era arenata perché l’azienda proponeva un massimo di 6mila euro a testa per lavoratore, i sindacati ne chiedevano almeno 15mila. “E’ chiaro che non possiamo definirci contenti – spiega un lavoratore – la situazione resta difficile per tutti noi, però almeno abbiamo raggiunto due importanti obiettivi: da una parte un paracadute economico e la cassa integrazione che in questa situazione non può che aiutarci tantissimo, dall’altra c’era anche una questione di principio. Ci sentivamo privati della nostra dignità e forse è proprio questa la vittoria più importante”.
La felicità è ovviamente incontenibile tra i lavoratori che per tre giorni hanno vissuto sul tetto di Atlantis. Franco Pucci scherza con noi di Radio Sound: “Ci sentivamo almeno due volte al giorno come i medici con i pazienti!” (ride n.d.r.). No, a parte gli scherzi, grazie perché avete dato risalto alla nostra protesta”. Una protesta davvero estrema che lascerà segni indelebili tra queste sei coraggiose persone: “Sono felicissimo del risultato che abbiamo raggiunto, soprattutto considerando il nostro sacrificio: tre notti sul tetto dell’azienda con i nostri figli che ci chiamavano al telefono piangendo e implorandoci di ritornare a casa. Difficile, davvero molto difficile…”.
Un altro lavoratore conferma: “E’ stata durissima, però se non fossimo arrivati a questo accordo dignitoso ti posso assicurare che saremmo ancora là sopra a manifestare. All’inizio non avevamo nulla tra le mani, ora invece abbiamo finalmente qualcosa di importante”. Un terzo manifestante non contiene la soddisfazione: “Sono molto soddisfatto e certamente lo rifarei altre mille volte per ottenere questo risultato!” Ci avviciniamo alla moglie di uno dei sei operai appena scesi a terra, la donna non contiene l’emozione: “Non immagina quando sia orgogliosa di mio marito…” il resto lo dicono le sue lacrime.
Non mancano poi i ringraziamenti. Seeven Mareeandee, rsu in Atlantis, vuole ringraziare in particolare una persona: “Il nostro sincero riconoscimento va all’assessore al lavoro Andrea Paparo che ha lottato fino all’ultimo per i nostri diritti. Nonostante le ore che passavano ha difeso i nostri interessi rendendosi conto della legittimità delle nostre richieste. Un lavoro encomiabile, lo ringraziamo di cuore”.
‘Se queste sono le condizioni salgo anch’io sul tetto di Atlantis’ avrebbe detto Paparo durante l’incontro di questa notte ai dirigenti dell’azienda.
AGGIORNAMENTO ore 10 – Sono scesi dal tetto. Finalmente, dopo 72 ore, tre giorni e tre notti passati al gelo senza possibilità di scaldarsi, i sei operai dell’Atlantis sono scesi dal tetto dello stabilimento di Sariano, nel Comune di Gropparello. “Hanno riabbiracciato i loro compagni e le loro compagne di lavoro” ha detto, senza contenere l’entusiasmo, Floriano Zorzella della Cgil. E proprio Zorzella è tra i sindacalisti che hanno partecipato alla lunga nottata di trattative con l’azienda al termine della quale è stato raggiunto un accordo definito “dignitoso” sul cosiddetto incentivo d’esodo ovvero sul trattamento economico da corrispondere ai lavoratori a fronte della chiusura della fabbrica nel Piacentino e al trasferimento della produzione a Torino. Preaccordo ancora da illusrtare nei dettagli ma che questa mattina è stato approvato dall’assemblea dei lavoratori Atlantis riunitasi alle 8.30 e conclusasi poco fa. Una volta arrivata l’approvazione, i sei operai in protesta hanno lasciato il tetto e sono scesi.
AGGIORNAMENTO ore 4 – Sì a un pre-accordo tra le parti per i 180 lavoratori dello stabilimento Atlantis di Sariano di Gropparello del gruppo Azimut-Benetti. Al tavolo l’assessore provinciale alle Politiche del lavoro Andrea Paparo – che ha dato l’annuncio verso le 4 di questa mattina – i rappresentanti del gruppo, dei sindacati Filctem Cgil, Femca Cisl, Uilcem Uil, Confindustria e le Rsu aziendali. Dopo oltre 12 ore di confronto è stato dunque trovato un punto di incontro su incentivi all’esodo e ammortizzatori sociali.
I sei dipendenti che lunedì sono saliti per protesta sul tetto dello stabilimento di Sariano di Gropparello hanno trascorso un’altra notte all’aperto. Questa mattina alle 8,30 è in programma l’assemblea dei lavoratori in azienda.
AGGIORNAMENTO ore 1.30 – “Ce la mettano loro la faccia davanti ai lavoratori, spiegandogli che è saltato tutto per 3mila euro”. E’ stato lo sfogo di Giordano Giovannini di Filtcem Cgil, dopo ore di trattative che sembravano avviate verso una soluzione, per chiudere la vertenza Atlantis, con 180 dipendenti dello stabilimento di Sariano di Gropparello dal 31 gennaio senza lavoro e sei di loro che da tre notti dormono all’addiaccio in protesta sul tetto dello stabilimento.
Iniziato alle 15 del pomeriggio, il tavolo di confronto tra le parti – rappresentanti del gruppo Azimut – Benetti e sindacati (Cgil, Cisl e Uil), con la mediazione dell’assessore provinciale Andrea Paparo – verso le 11 di sera sembrava avviato alla conclusione. E invece, a un passo dalla chiusura, l’irrigidimento dei vertici aziendali ha fatto saltare la trattativa.
In via Mazzini, sede della Provincia, è stato un via vai continuo, da una stanza all’altra – tra confronti comuni e a due – per cercare di trovare una soluzione. Poi lo stallo e i nervi che saltatano.
Lo scoglio, su cui i vertici si sono arenati – alla presenza dell’amministratore delegato Paolo Casani – ha riguardato la buonuscita. In sostanza, quello che viene chiamato ‘incentivo all’esodo’, è stato deciso si divida in due fasce, con la cassa integrazione garantita per 24 mesi.
Questo il nodo centrale: piu’ dipendenti avrebbero accettato di trasferirsi nello stabilimento di Torino e piu’ alta sarebbe potuta essere la buonuscita per gli altri.
L’azienda era partita da una base di 6mila euro, contro la richiesta dei sindacati di 19mila iniziali e 15mila a meta’ del tavolo di confronto. Troppo distanti le parti per concluderei in tempi brevi.
Cosi’ e’ stato estenuante il confronto, senza però alla fine riuscire a trovare la quadra. Fino all’allontanamento finale, brusco e disperante, soprattutto per i dipendenti che speravano, dopo aver dato per assodato di aver perso il posto di lavoro, di avere almeno un “paracadute” che gli consentisse di non rimanere senza nulla.
“Se per 3mila euro fanno saltare tutto lo spiegheranno loro”, lo sfogo di Giovannini, arrivato da Bologna per porre fine a una vertenza degenerata oltremodo.
Niente da fare. Alla fine l’accordo non è stato trovato, anche se andrà avanti a oltranza nella notte – nonostante fosse ormai scritto ‘su carta da macellaio’, cioe’ informalmente a mano – e solo da ufficializzare davanti ai lavoratori nell’assemblea che si sarebbe dovuta tenere in mattinata nello stabilimento.
Così, anche se a malinquore e dopo tanti sforzi, i sindacati ora saranno costretti a presentarsi davanti ai loro rappresentati solo con una bozza di accordo, ancora tutta da accertare e accettare dai vertici aziendali. Mentre i sei lavoratori sul tetto, Franco Cobanu, Maurizio Piazza, Kompauri Musha, Leon Lazzari e Ballo Sekou, non sembrano volerne sapere di scendere, almeno finché non saranno confortati da un accordo nero su bianco che gli garantista un