“Abbiamo voluto dare questo titolo “L’agricoltura che fa l’Italia” al nostro annuale incontro di fine anno con gli organi di informazione perché siamo convinti che mai come negli ultimi mesi il nostro comparto abbia dimostrato di poter dare effettivamente un aiuto concreto a questa crisi, sia in termini di produttività, occupazione e impatto sociale, sia per la fiducia e l’ottimismo”. Con queste parole il presidente di Coldiretti Piacenza Luigi Bisi ha aperto la conferenza di questa mattina alle 11 nella Sala Consiglio dell’associazione, in via Colombo, alla presenza dei vertici delle maggiori strutture economiche del territorio che hanno poi illustrato, comparto per comparto, i numeri che compongono l’agricoltura piacentina.
Numeri che nonostante le difficoltà generali sono tutt’altro che negativi e rappresentano a pieno titolo la faccia sorridente di una medaglia, quella della crisi, che di facce ovviamente ne ha due, e l’altra non sorride affatto. E’ una questione di atteggiamento, certo, ma è anche una questione legata alle caratteristiche del settore: se non ci sono soldi, non si costruiscono case e l’edilizia piange; non si comprano cappotti di marca e il commercio piange. Ma anche se ci sono in effetti meno soldi, la gente deve pur mangiare e, per farlo, è più facile che si avvicini ai prodotti – favolosi, peraltro – della sua terra, dei suoi coltivatori diretti piuttosto che al caviale o al salmone. Ottimismo e lungimiranza imprenditoriale, dunque, ma anche congiuntura per certi versi favorevole ad alcuni specifici comparti.
Il che si traduce sull’occupazione, e i dati illustrati questa mattina dal presidente Bisi confermano un trend positivo in controtendenza rispetto ad altri settori economici: a Piacenza gli occupati in agricoltura a tempo determinato sono passati da 5830 a 6.050, mentre quelli a tempo indeterminato sono rimasti identici (765). Un dato che fa ben sperare anche per il 2013 e che anche a livello nazionale fa registrare un ottima situazione: +6,7 le assunzioni.
“Riteniamo fondamentale soprattutto in questo periodo di crisi – ha proseguito il presidente provinciale di Coldiretti – far comprendere alla società il vero valore dell’agricoltura che si traduce nella produzione di cibo, nella creazione di indotto e di posti di lavoro; in opportunità che possono scaturire dalle difficoltà; ma soprattutto in ottimismo, nonostante l’annata che sta per terminare non sia stata assolutamente generosa con gli agricoltori”.
“La crisi che attanaglia il nostro Paese è come una medaglia – ribadisce il presidente, tornando sul concetto di cui sopra – Una faccia è all’insegna del pessimismo e l’altra invece che guarda al futuro con ottimismo. Da una parte il dato della sfiducia dei consumatori proiettano un’ombra inquietante anche sulle previsioni per i primi mesi del 2013. Ma dall’altra parte c’è un paese fatto di aziende e consumatori che di questo gioco al lamentano continuo non sa che farsene. Bisogna reagire e guardare al futuro. Ottimismo chiama ottimismo, innescando un circolo virtuoso in grado di rilanciare i sogni degli italiani e la situazione critica dell’Italia. E con questo ottimismo la Coldiretti ha presentato il documento in dieci punti l’Italia che vogliamo, e con lo stesso entusiasmo e voglia di fare commenteremo i risultati, anche economici, della nostra agricoltura, prosegue Bisi. Occorre, infatti, ridare alla terra e al cibo il significato profondo, in termini di identità, di storia, di capacità di raccontare uomini e territori, perché possano riconquistare il loro vero valore nella società civile”.
L’elemento di maggior positività del 2012 è rappresentato dall’export dei prodotti piacentini, la cui qualità – come ha espressamente detto il direttore di Coldiretti Massimo Albano – «è d’eccellenza ed è riconosciuta praticamente in tutto il mondo». «Forse il lavoro che dobbiamo fare tutti è proprio questo: portare i nostri prodotti fuori dall’Italia perché lì il mercato li richiede. Il vero problema è rappresentato dai falsi: pensi che si stima esista un giro d’affari pari a 60 milioni di euro solo di prodotti piacentini falsificati, dal Grana Padano ad altri.. E’ una battaglia che dobbiamo assolutamente vincere perché ne va della nostra credibilità e della credibilità dei nostri prodotti».
Al direttore di Coldiretti Piacenza quali siano i prodotti del territorio che “tirano” maggiormente e la prima risposta è stata «il pomodoro». «I pomodori piacentini, ma in genere dell’area che comprende anche Parma – spiega Albano – hanno un successo sempre maggior in giro per il mondo perché in effetti, per ragioni di terreno di clima eccetera, raggiungono una qualità che non ha eguali in Europa e nel mondo». Poi c’è il vino: «Inizia ad avere un gradimento sempre maggiore il vino frizzante tipico del territorio piacentino, anche se sono proprio i piacentini spesso a non capire il valore del vino mosso e preferiscono il fermo». Infine, ma non certo per importanza, il Grana Padano che fa sempre più da traino negli Usa ma anche nell’Europa dell’est.