Processo Pertite, parla il firmatario dell’esposto: “Giri illeciti evidenti”

AGGIORNAMENTO – Modalità dei trasporti dei rifiuti e di materiale spesso poco chiare; buche scavate alla ex Pertite per sotterrare ferro, legno o carta; autotrasportatori che giravano liberamente per il Polo di mantenimento; ma anche la richiesta di acquisire due polizze fidejussorie per 5 milioni di euro e la bonifica che inizia in questi giorni alla ex Pertite fatta con l’esecuzione in danno della ditta Fagioli. Sono alcuni degli argomenti emersi oggi, 25 ottobre, dall’udienza in Tribunale, nel processo per il traffico di rifiuti all’interno del Polo fra il 2004 e 2005, che vede dieci imputati, a vario titolo, di corruzione, falso e furto. E a seguire il processo c’era anche una folta rappresentanza del Comitato per il Parco Pertite: “Vogliamo far sapere – ha detto la portavoce Maria Pia Romano – -che cosa sia accaduto all’ex Pertite e i danni provocati al maggior numero di cittadini. Vorremmo fare da eco per la città. Chiediamo ai piacentini di indignarsi”. Tra il pubblico anche il consigliere comunale grillino, Andrea Gabbiani, il quale ha detto che porterà gli argomenti del processo anche in Consiglio.

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IL GENERALE. L’ex direttore del Polo, il generale Giuliano Taddei ha chiesto alla Corte, presieduta da Italo Ghitti (e composta da Elena Stoppini e Adele Savastano) di acquisire due polizze fidejussorie di 2,5 milioni di euro ciascuna, il blocco dei pagamenti alla ditta Fagioli e alla Ato e alle Ferrovie per i trasporti effettuati. Il generale ha anche chiesto che le operazioni di bonifica previste per questi giorni alla ex Pertite vengano fatte in esecuzione in danno di Fagioli.

Una decina le persone sentite oggi. Lungo il lavoro del pm Antonio Colonna che ha condotto gli interrogatori in maniera approfondita. Il primo è stato il capo sezione della segreteria amministrativa, Franco Caputi, l’uomo che venne trasferito e sostituito da un capitano dopo che aveva sollevato dubbi su alcune procedure e che poi presentò un esposto in procura. In qualità di capo gestione materiali, Caputi aveva in carico i beni dello Stato, anche se fuori uso. L’uomo voleva controllare di persona alcuni lavori e chiede due permessi che gli vengono negati.

Caputi, il 19 luglio 2004, scatta alcune foto sul raccordo ferroviario del piano caricatore (fra la ferrovia e il Polo) per dimostrare che non c’è materiale. Foto scattate con un giornale in primo piano per far vedere la data. Lungo i binari non c’è nulla da trasportare (erano stati tagliati erba e arbusti). Il pm Antonio Colonna chiede l’acquisizione, i difensori si oppongono: non vi è la certezza che quella foto sia stata scattata proprio quel giorno. Il collegio dei giudici respinge la richiesta, perché le foto non sono rilevanti.

Il 23 Caputi viene trasferito e si ammala. Dopo tre mesi sarà trasferito al Laboratorio pontieri. “Non sapeva coordinare l’ufficio” dirà poi il suo superiore. L’uomo sarà poi minacciato con una scritta sui muri interni del Polo.

Il maggiore Fabio Zampieri, all’epoca capitano, aveva sostituito Caputi. Un’ordine ricevuto da Taddei che lo ha giustificato con un’emergenza, perché quel posto doveva essere coperto da un civile e non da un militare. L’ufficiale ha detto di ricevere le richieste di trasporti – già compilate da Taddei – da inviare all’Ispettorato. Zampieri ha sostenuto che i mezzi di Bellocchio erano semplici e anche il personale non era molto qualificato. A una richiesta di controlli, gli venne detto dal generale di comportarsi come con il precedente consegnatario (cioè uno dei marescialli).

Sui certificati di buona esecuzione dei lavori, ha risposto a una domanda del pm, questi venivano portati, già compilati, nell’ufficio di Taddei dalle ditte. Un maresciallo prendeva i documenti, li portava nel proprio ufficio e li firmava.

Dopo l’esposto sui rifiuti interrati, nel 2006, Zampieri ha detto che ci fu una verifica all’ex Pertite e venne trovato materiale sepolto: ferro, legno e tanta carta, tra cui il vecchio archivio del Polo. Da allora, tutto funzionò a regola d’arte con i controlli severi e con la ditta Fagioli che impiegava la metà del tempo nell’effettuare i trasporti rispetto a quanto accadeva prima.

Un altro ufficiale, l’ex tenente Davide Tassielli, era nella segreteria generale di Taddei. Bellocchio incontrava il generale quasi tutti i giorni. Due o tre volte, ha ricordato Tassielli, è stato spedito denaro in Romania a una donna, 3-400 euro, attraverso Money Gram con “moduli già compilati da Taddei e a nome di Bellocchio”.

LA BUCA. Marco Olli era un autista di Barella. Quasi tutti i giorni guidava camion per il Polo. A volte effettuava carichi all’ex Staveco e portava il materiale alla ex Pertite: “Bancali di materiali vari. Venivano scaricati e portati con dei muleti in una buca. A dirigere le operazioni era Oliviero Vecchiato”. Colonna gli ha chiesto se ha mai portato qualche carico in discarica: “Mai” ha risposto l’uomo.

IL SINDACALISTA. Tesa la deposizione di Gabriele Chiappini, rappresentante sindacale, e disegnatore al Polo. Chiappini seppe di una bonifica, attuata dal generale Caccamo (il predecessore di Taddei) dopo le lamentele degli abitanti di via Voghera, che consisteva nello spostare alcuni materiali. Il sindacalista aveva chiesto un sopralluogo, ma gli venne rifiutato. Chiese allora una riunione sulla sicurezza che fu concessa. I delegati del generale, ha riferito in aula, dissero che all’area aveva accesso solo la ditta Fagioli (il verbale sindacale è stato poi acquisito agli atti). Inoltre, Chiappini aveva saputo che operai delle ditte Bellocchio e Barella giravano spesso nel Polo e l’auto del primo si vedeva con frequenza sotto la direzione. Aveva poi saputo da alcune persone che Bellocchio era subappaltatore di Barella il quale era subappaltatore di Fagioli. Dura la reazione dell’avvocato Gianluca Paglia, difensore di Barella,il quale ha chiesto a Chiappini come facesse a sapere dei subappalti. “Sulla base di notizie apprese da altri dipendenti in base all’attività sindacale”. L’avvocato ha chiesto con veemenza i nomi e Chiappini ha citato Caputi. Il presidente è intervenuto richiamando all’ordine il legale. Altri legali, invece, hanno chiesto che documenti avesse visto Chiappini e lui ha detto di aver letto solo quelli legati alla bonifica del generale Caccamo.


Carrellata dei testimoni di accusa e difesa, questa mattina, nell’ambito del processo che riguarda l’immensa area cittadina dell’ex Pertite, tra la via Emilia Pavese e via XXIV Maggio, nella quale sarebbero stati stoccati rifiuti illecitamente. Si parla di accuse che vanno dalla corruzione alla truffa ai danni dello Stato, passando per il falso ideologico e furto; accuse delle quali a vario titolo devono rispondere gli imputati tra i quali Giuliano Taddei, generale dell’Esercito e direttore del Polo di Mantenimento Pesante all’epoca dei fatti, e cioè il 2006, Claudio Barella, amministratore di una società di autotrasporti e Costantino Bellocchio, amministratore della società Cave e strade.

Questa mattina davanti al collegio di giudici, al pm Antonio Colonna, ai difensori e a un pubblico più folto del solito (per la presenza del Comitato del Parto della Pertite, in tribunale per sensibilizzare la cittadinanza sulla vicenda e le sue implicazioni) ha parlato, tra gli altri, il dipendente civile del Polo di mantenimento che ha scritto l’esposto dal quale è poi partita tutta l’inchiesta. “Il via vai di camion era sotto gli occhi di tutti” ha detto.