La trattativa si arena, Milani (Sì Cobas): “Avanti con la protesta”

Alle 13 è terminato l’incontro tra il Sì Cobas e il committente Ikea. Il sindacato chiedeva il reintegro di una trentina di lavoratori e un minimo di 168 ore settimanali. Ma pare che la trattativa si sia arenata e di conseguenza il blocco va avanti. “Hanno preso tempo – spiega Milani a fine riunione – fino a quando non otterremo risposte andremo avanti con le forme di protesta che conosciamo. Sabato mattina organizziamo un volantinaggio davanti a molti stabilimenti qua vicino”. Intanto alle sue spalle un tir che voleva entrare è stato bloccato.

Radio Sound

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AGGIORNAMENTO ore 12.30 – L’incontro tra i Cobas e i rappresentanti dell’Ikea è in corso ma, nel frattempo, la situazione sembra tornata alla normalità. Il presidio è ancora presente, con una trentina di facchini che mantengono la posizione davanti ai cancelli, anche se il resto dei dipendenti sta portando avanti il doppio turno.

Proprio in mattinata, dopo che la scena è stata dedicata tutta alla protesta, sono i lavoratori che hanno deciso di continuare l’attività a parlare. “Dobbiamo portare a casa i soldi per vivere” hanno spiegato i microfoni di Radio Sound, precisando che, nonostante alcune problematiche “gli accordi presi tra l’azienda e i sindacati sono rispettati”.

Una seconda versione, in contrasto con quella dei Cobas, che troverà un chiarimento forse dopo l’incontro in corso.

Nonostante tutto, comunque, coloro che non hanno scioperato, chiedono a coloro che hanno organizzato il picchetto di continuare “se lo ritengono giusto, però devono smetterla con le minacce e le aggressioni verso chi invece ha deciso di continuare a lavorare”.

AGGIORNAMENTO ore 10.30 – Continua il blocco dei cancelli, da parte dei facchini legati ai Cobas allo stabilimento Ikea di Piacenza. I lavoratori, supportati dal sindacato, hanno passato la notte davanti alla ditta e dalle prime luci dell’alba sono tornati a ostruire la strada che permette ai camion di entrare ed uscire con le merci. Dopo gli scontri di ieri (che hanno portato a tre denunce), in particolare tra lavoratori che scioperano e altri che volevano entrare, continua quindi la mobilitazione. Al loro fianco, i facchini, possono contare anche su alcuni esponenti di Rifondazione comunista. A breve è atteso un incontro, tra i rappresentanti locali dei Cobas e i rappresentanti dell’azienda. I sindacalisti, capeggiati da Mohamed Arafat sono intenzionati a chiedere all’Ikea la sostituzione della cooperativa che gestisce il lavoro all’interno del magazzino. Le cause, come denunciato in passato è l’inadempienza contrattuale e il mancato rispetto del contratto nazionale.

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AGGIORNAMENTO ORE 16 – Intorno alle 16 i facchini hanno sciolto il picchetto: “E’ dalle 4 del mattino che siamo qui, siamo stanchi e abbiamo speso tutta la giornata a manifestare le nostre idee, per oggi può bastare”. I tir dei fornitori possono ora varcare i cancelli dell’azienda. Ovviamente gli autocarri che per ore e ore hanno atteso di poter rientrare formano una lunga fila.

Domani probabilmente sarà un’altra giornata di protesta, i facchini di Piacenza potrebbero raggiungere lo stabilimento Ikea di San Giuliano e spostare lì la manifestazione. D’altro canto qualcun altro spiega che nella mattinata di domani verranno bloccati gli ingressi anche dell’altro stabile Ikea di Piacenza.

 


 

AGGIORNAMENTO ore 14.30 – Dopo gli scontri e il ritorno della calma ora la polizia allo stabilimento Ikea sta cercando di mettere in sicurezza la zona. In particolare delimitando i facchini in protesta dalle prime ore dell’alba, rispetto a coloro che hanno deciso di lavorare e che ora, alla spicciolata, escono dai cancelli a fine turno. Per questo le forze dell’ordine hanno bloccato una delle due strade che porta allo stabilimento, per far defluire coloro che non hanno aderito allo sciopero e non farli entrare in contatto con coloro che continueranno a oltranza il picchetto. La situazione pare essere tornata alla normalità, anche se continua la protesta di una sessantina di lavoratori, supportati dal sindacato Si Cobas, che sembrano decisi a rimanere davanti all’Ikea per bloccare il la produzione e far valere i propri diritti.

I motivi della protesta sono contratti irregolari, mancanza di relazioni sindacali. Dalla prima mattina un cinquantina di lavoratori Ikea si sono radunati davanti ai cancelli dello stabilimento piacentino, seduti per terra e intonando cori contro le cooperative e la dirigenza della società. Un lavoratore s’è avvicinato ai cronisti mostrando le ultime buste paga, lamentando pagamenti irregolari e straordinari mai pagati, spiegando che molti lavoratori sarebbero obbligati a lavorare molte più ore del dovuto, mentre ad altri vengono ridotte le ore di servizio, con stipendi che scendono fino a 400 euro al mese. Ad essere penalizzati sarebbero i lavoratori iscritti al sindacato Si Cobas: Mohammed Arafat, rappresentante del sindacato, chiede una volta per tutte il rispetto del contratto nazionale di lavoro: “C’è gente che fa 60, 70 ore al mese, mentre chi è dalla parte della cooperativa arriva anche a 250 ore. Di conseguenza ci sono stipendi di 400 euro e altri che arrivano fino a 2500!”

Momenti di tensione quando alcuni lavoratori, che non volevano scioperare, sono stati aggrediti da alcuni manifestanti. Aldo Milani, del Si Cobas nazionale, ha dichiarato che i manifestanti resteranno davanti al magazzino finché non saranno portati via dalla Polizia.

Abbiamo incontrato in questura Gianpiero Gortanutti, presidente consorzio gestione servizi di Milano, global contractor dell’impianto Ikea, che ha accompagnato due facchini aggrediti. Gortanutti s’è scagliato contro i rappresentanti di Si Cobas.

 “Alle sei di questa mattina, all’apertura del  primo turno, alcuni facinorosi non appartenenti all’organico Ikea, hanno cercato di impedire l’entrata nei due depositi. Si sono concentrati sul deposito più grande, quello di 200.000 metri quadrati. I lavoratori che volevano prendere servizio sono stati aggrediti mentre si trovavano a bordo dei propri mezzi: le loro macchine sono state prese a calci. Sceso dall’auto, un dipendente è stato colpito ed è dovuto ricorrere al pronto soccorso, una ragazza è stata strattonata ed è stata pure ricoverata. Per l’uomo sono stati dichiarati sei giorni di prognosi, per la donna fortunatamente solo uno. Questo non è uno sciopero, sono disordini creati ad arte, perché noi non vogliamo cedere a nessun ricatto da parte di questo pseudo consorzio. Tutti i nostri dipendenti intendono andare a lavorare!”

Chi sono questi facinorosi?

 “Sono i Si Cobas: hanno tentato un dialogo con noi con la prima agitazione organizzata il giugno scorso. Secondo noi però il dialogo deve essere basato su basi corrette, non su ricatti continui, come abbiamo detto nella riunione in provincia di venerdì scorso. Purtroppo, davanti a questi ricatti, riteniamo non ci sia la possibilità di dialogare.”

S’è parlato di alcuni lavoratori sospesi…

“Solo dodici lavoratori sono stati sospesi perché la settimana scorsa avevano bloccato una parte dell’attività, si tratta di un provvedimento disciplinare. Aspettiamo le loro motivazioni, e poi le cooperative decideranno in merito.”

I Si Cobas parlano di disparità di trattamento a livello di stipendio.

“Il contratto applicato è quello di trasporto merceologistica ed è applicato al 100% di quello che richiede la normativa e la retribuzione, non ci sono differenze. Le uniche sono tra mansioni, quindi i livelli. L’unica differenza che c’è oggi deriva da un calo di volumi, c’è un reparto che sta facendo meno delle otto ore, una questione che stia cercando di risolvere in maniera equa, facendo lavorare meno tutti. Loro ci hanno chiesto di aumentare da sei a otto ore, magari facendo una sinergia con gli altri impianti, ma è molto difficile a causa della diversità delle attività. E’ un periodo che terminerà a breve, quando i volumi aumenteranno con la campagna natalizia: in quel caso arriveranno anche gli straordinari, che danno la possibilità, sui dodici mesi, di fare 168 ore.”

 


 

“Devo dare da mangiare alla mia famiglia e mi impediscono di lavorare. Non è giusto”. E’ la protesta, confusa e concitata, di due facchini dell’Ikea che questa mattina sarebbero stati aggrediti da alcuni appartenenti al sindacato Si Cobas che dalle 6 è in sciopero di fronte ai magazzini del colosso svedese che a Piacenza ha i depositi che servono i negozi di mezza Italia. “Sono una minoranza – aggiungono i lavoratori che denunciano l’aggressione – ma impediscono a tutti gli altri di andare al lavoro perché non sono iscritti al loro sindacata”.

Accuse pesanti che in questi minuti vengono messe a verbale negli uffici della questura dove i due lavoratori africani si trovano insieme a un rappresentante delle cooperative alle quali l’Ikea ha subappaltato i lavori di facchinaggio.

 


L’accusa è la solita: accordi non rispettati e lavoratori discriminati. E in più ai rappresentanti dei Cobas sarebbe impedita l’attività sindacale. E’ tutta benzia su un fuoco che sta bruciando ormai da tempo e che ultimamente è arrivato a picchi di massima tensione all’Ikea di Le Mose, dove il colosso dell’arredamento ha il deposito che serve buona parte del Nord Italia.

 

Dopo la manifestazione della scorsa settimana, cobas di nuovo in agitazione da questa mattina fuori dai magazzini Ikea con una sessantina di lavoratori che a quanto pare impediscono ai camion di muoversi. Imponente lo schieramento di forze dell’ordine, soprattutto per evitare che la situazione degeneri in seguito a un piccolo incidente che ha coinvolto due facchini, a quanto pare urtati da un mezzo che tentava di entrare.