Casella uccisa dal batterio escherichia coli, difesa: “No a nesso con il cibo”

Gianna Casella è stata uccisa dalla tossina Shiga 1 che è derivata dall’eschirichia coli, un batterio che si annida nell’intestino e può essere letale. Un batterio che secondo il medico legale Novella D’Agostini, incaricato dalla procura di Piacenza nell’ambito delle indagini sulla misteriosa morte della nota cantante dialettale, si può annidare in sostanze alimentari esclusivamente di provenienza extraeuropea. Il che in qualche modo rafforzerebbe l’ipotesi al momento presa in considerazione dagli investigatori, ovvero il nesso tra il piatto di cozze che Gianna Casella avrebbe mangiato quattro giorni prima di morire in un ristorante orientale della città e l’infezione che l’ha uccisa.

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Un nesso che dovrà essere accertato dall’istituto superiore della sanità di Roma, interessato dal dottor Massimo Confalonieri, microbiologo dell’ospedale di Piacenza a cui era stato commissionato un test su alcuni campioni prelevati dall’intestino della vittima; “test rapido di screening – precisa il medico – e il risultato è da confermare”. E per farlo il microbiologo piacentino ha interessato un altro specialista del settore, il dottor Alfredo Caprioli dell’Istituto superiore di Sanità di Roma.

Sulla base dell’esito del test effettuato a Piacenza, il medico legale Novella D’Agostini, incaricata dalla Procura di effettuare l’autopsia sulla salma di Gianna Casella e di formulare le prime valutazioni, ha scritto nella sua relazione che ritiene verosimile che l’infezione sia stata contratta “a seguito dell’ingestione di alimenti di varia origine (carne o pesce o legumi o verdure) di provenienza extracomunitaria (stante la non rilevabilità di tale ceppo batterico sul territorio italiano)”. E conclude: “Si ritiene pertanto che vi sia pericolo di ulteriori tossinfezioni alimentari nonché di diffusione epidemica”.

Un pericolo che deve aver convinto il pm Emilio Pisante a chiedere il sequestro preventivo del ristorante orientale; sequestro concesso ieri dal gip Gianandrea Bussi in attesa che si sappia qualcosa di più dall’incrocio degli esiti delle varie analisi sui campioni prelevati dal corpo della povera Gianna Casella e sugli alimenti sequestrati nel ristorante.

“E’ un provvedimento di rigore eccessivo – sostiene l’avvocato Alberto Tucci del foro di Milano che assiste i tre ristoratori – Sarebbe bastato attendere gli esiti delle analisi sulla merce sequestrata. Noi non condividiamo assolutamente quanto ha dichiarato la dottoressa D’Agostini quando afferma che la presenza di eschirichia debba necessariamente essere collegata a prodotti extracomunitari. Esistono studi documentati che dicono il contrario, e peraltro è ancora fresco il ricordo dell’epidemia che colpì la Germania lo scorso anno e venne attribuita ai cetrioli spagnoli”. Il legale milanese ha annunciato di prendere in considerazione la possibilità di ricorrere al Tribunale della libertà contro il provvedimento del gip.

 


Gianna Casella sarebbe stata uccisa da un batterio particolare che chiama “escherichia coli“, è piuttosto raro, e si annida nell’intestino producendo una tossina che può anche essere letale. Così è stato, appunto, per la cantante piacentina.

 

Tracce di questo particolare batterio sono state trovate nel corso degli esami tossicologici disposti dal pm Emilio Pisante dopo l’autopsia svolta dal medico legale Novella D’Agostini per chiarire le cause di un decesso che è tuttora un mistero.

I pochi punti fermi di questa vicenda sono il crollo repentino delle condizioni di salute di una 70enne, che a quanto pare stava benissimo, e la conseguente morte per infezione sei giorni dopo aver mangiato cozze in un ristorante orientale della città il cui sequestro preventivo è stato convalidato ieri dal giudice per le indagini preliminari. I tre gestori cinesi sono sotto inchiesta per omicidio colposo. Adesso la palla passa al più autorevole dei laboratori italiani, ovvero l’Istituto superiore della Sanità di Roma che dovrà analizzare il batterio trovato nel corpo di Gianna Casella.

Gli esiti di queste analisi, attesi a breve, incrociati con i test che si stanno svolgendo sugli alimenti sequestrati nel ristorante in questione, potranno servire agli inquirenti per capire se sia possibile o meno mettere in relazione il pranzo a base di cozze con la setticemia che ha portato alla morte della cantante. E non è detto che sia così: il cibo non è affatto l’unico “veicolo” di trasmissione dell’escherichia coli.

Intanto, sempre sul fronte investigativo, pare che non stia portando a nessun risultato la ricerca di eventuali altri intossicati dopo aver mangiato nel ristorante ora sotto sequestro.