150.000 piccole aziende commerciali ed artigianali a rischio chiusura, in Italia, entro l’anno: un allarme che aveva stimolato il Consigliere Regionale Andrea Pollastri (PdL) a presentare un’interpellanza per conoscere la situazione in Emilia-Romagna e come la Regione intenda intervenire a sostegno delle suddette imprese.
Una ricerca della CGIA di Mestre aveva evidenziato che gli affitti di negozi e imprese artigiane, benché in leggero calo negli ultimi due o tre anni, hanno subito, dal 2001 al 2011, aumenti con valori decisamente superiori all’inflazione, attestatasi intorno al 24%.
Il dato relativo a Bologna, unica città emiliano-romagnola presa in esame, segnala, per quanto riguarda il centro storico, un valore in media con l’inflazione (+23,4%) mentre per la periferia un dato decisamente maggiore (+38%).
In altre parti d’Italia si sono avuti rincari ancora maggiori, basti pensare all’89,1% del centro di Bari, al 70,1% di Genova ed al 68% di Palermo.
Questi rincari, che pesano su gran parte delle attività commerciali ed artigiane (circa due terzi) occupano locali in affitto, si aggiunge l’onere crescente delle tasse locali, in particolare l’IMU (+75%), oltre ad utenze e costi fissi, anch’essi aumentati negli anni.
Ale maggiori spese, però, non corrisponde un aumento dei fatturati: anzi, tra il 2005 ed il 2011, l’indice delle vendite del commercio fisso al dettaglio è diminuito del 4,7%, mentre quello della grande distribuzione è cresciuto del 6,6%, anche per effetto del moltiplicarsi di nuovi centri commerciali.
Rispondendo, l’Assessore allo Sviluppo Economico Gian Carlo Muzzarelli, ha ricordato che “Tra il 2001 e il 2011 il numero delle imprese artigiane in Emilia-Romagna è aumentato da 136.141 a 142.846 unità, pari ad un + 4,9%. Il punto più alto è stato raggiunto nel 2006, con 148.480 unità. Nel terzo trimestre 2011 erano 142.846. Un aspetto interessante e incoraggiante è l’aumento continuo delle società di capitali, che è il segno di una migliore organizzazione e del rafforzamento delle imprese. Le attività commerciali sono passate da 65.847 nel 2000 a 74.165 a fine 2011. Gli esercizi di vicinato a fine 2010 erano 69.257, contro i 61.983 del 2000”.
“Per quanto riguarda il valore degli affitti dei locali artigianali e commerciali – ha proseguito -, non risultano al momento indagini specifiche della situazione a livello regionale, a parte quelli già citati che riguardano esplicitamente la città di Bologna.
Il calo del 3,7% dell’artigianato nel terzo trimestre 2011 e le difficoltà delle microimprese, su cui incidono ovviamente singoli e specifici fattori di costo, come possono essere gli affitti, l’energia, le imposte o il credito, sono però da imputare prima di tutto alla crisi generale provocata dalla finanza a fine 2008 e tuttora in corso. In particolare incide il calo della domanda, sia di prodotti finiti che di beni intermedi, dovuta al calo di investimenti ed alla stagnazione dei consumi delle famiglie. Una stima del rischio di chiusura di imprese artigiane e commerciali risulta però alquanto difficile, per non dire azzardata, ma è senz’altro necessario proseguire le politiche di sostegno delle piccole imprese, che, per quanto ci riguarda, sono rivolte al sostegno degli investimenti, all’innovazione, alla creazione di reti, all’avvio di nuove imprese, nonché a favorire la trasmissione d’impresa che, in particolare per quelle artigiane, assume importanza rilevante per la continuità di attività artigiane tradizionali e di qualità che caratterizzano il nostro territorio regionale. Nei riguardi delle attività commerciali sono stati concessi contributi per la realizzazione di progetti sperimentali individuati con modalità concertative fra la Regione Emilia-Romagna e i Comuni in seguito a cui sono stati concessi, nel 2011, 700 mila euro.”
“Mi pare di capire – commenta Pollastri – che non vi sia una strategia chiara da parte della Regione: si ripropongono gli interventi di sempre, quasi dimenticando che la situazione è radicalmente cambiata rispetto al pre-crisi. Si punta tutto sui nuovi investimenti ma oggi il problema delle imprese non è crescere ma stare in piedi, tra scarsità di nuove commesse, lentezze dei pagamenti e difficoltà ad accedere ai crediti.”
“Spero vivamente – chiosa l’azzurro – che le previsioni drammatiche dello studio CGIA non si verifichino ma che servano quantomeno a destare l’attenzione dei decisori politici ed amministrativi, tra cui al Regione, nei confronti di una situazione che non può più essere sottovalutata: si istituisca un tavolo con le categorie economiche ed il mondo dell’Università per valutare ed ideare nuovi interventi.”