Dalla Olimpiadi ai telegiornali passando per il festival di San Remo e i reality. Il mondo della televisione è stato messo sotto la lente, ieri sera, dal noto critico Aldo Grasso, firma del Corriere della Sera e professore universitario salito agli onori delle cronache internazionali lo scorso anno per essere stato insultato da Adriano Celentano in diretta televisiva (Grasso assente, peraltro) dal palco dell’Ariston di San Remo, in pieno festival. Aldo Grasso era ospite per il terzo anno consecutivo di Open City, l’International Summer School diretta dalla professoressa Guya Bertelli del Politecnico di Milano e tenuta come ogni anno nei suggestivi ambienti della sede piacentina dell’ex Macello, tra via Scalabrini e lo Stradone Farnese. Il padiglione Nicelli ieri era gremito di studenti di architettura provenienti da tutto il mondo. E proprio sul binomio architettura-comunicazione è stata incentrata la lezione di Grasso; un binomio sempre più attuale e dal quale i progettisti del futuro, ma anche del presente, non possono più prescindere: la trasformazione rivoluzionaria della comunicazione ha cambiato e sta cambiando il modo in cui i luoghi vengono vissuti. Parliamo di comunicazione in generale, nella quale i social network e gli smartphone la fanno da padrona, ma la televisione – seppur in modo di verso da qualche anno fa – ha ancora un ruolo da protagonista.
“Intanto c’è da dire che non si può più parlare di televisione ma bisogna parlare di televisioni” ha detto Aldro Grasso. “Un dato molto interessante che viene rilevato in questo period – ha proseguito – è che la televisione generalista sta perdendo pubblico ma stanno aumentando le altre televisioni. In altre parole il bacino d’utenza, anche per gli effetti della crisi, è sempre molto ampio ma decisamente più frammentato. E questo impone cambiamenti”.
Al critico, a margine della conferenza, abbiamo chiesto cosa salverebbe della tv di oggi e senza pensarci molto la risposta è stata “le olimpiadi”. O meglio – ha spiegato Grasso – la copertura di immagini che Sky ha fatto delle olimpiadi di Londra definendola “un evento epocale” e parlando di un modo nuovo di seguire un evento sportivo tant’è che a rimanere indietro sono stati i telecronisti “che ci raccontavano le olimpiadi come se fossero in radio, non tenendo conto di quel che vedevamo”.
E cosa non salva proprio? Anche in questo caso, risposta secca e senza esitazioni: “I telegiornali. A parte qualche rara e bella eccezione, sono troppo poco indipendenti, troppo asserviti alla politica”.