Siccità record, agricoltura in ginocchio. Chiesti tavoli di confronto

La siccità sta assumendo sempre di più le caratteristiche di vera e propria emergenza e a questo punto l’arrivo degli acquazzoni previsti per il fine settimana non è certo salutato con entusiasmo. Anzi: i temporali potrebbero anche peggiorare le cose, soprattutto per quanto riguarda le colture di pomodoro, senza contare il rischio che i terreni, ormai secchi, non assorbano adeguatamente l’acqua con la conseguenza che le piene e le frane diventerebbero una possibilità più che concreta.

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“E’ un’annata davvero particolare – commenta Enrico Chiesa, presidente di Confagricoltura Piacenza – con temperature oltre i massimi stagionali e con una siccità che sta durando da un tempo lunghissimo. Ora il problema è l’aumento dei prezzi e la pioggia che dovrebbe arrivare nel fine settimana non costituisce più un beneficio sensibile: la stagione irrigua è finita”.

In altre parole, l’acqua serviva prima. Ed è qui che Chiesa parte con una stoccata alla politica regionale e in particolare all’assessore all’Ambiente: “Vista l’eccezionalità della stagione – dice – era legittimo pensare che potevano essere assunti provvedimenti eccezionali per evitare danni gravissimi alla nostra agricoltura: non derogare alle disposizioni sul minimo deflusso vitale dei fiumi in un’estate del genere significa condannare le coltivazioni di questo territorio”.

E anche sul fronte degli allevamenti la situazione non è affatto migliore.

Il presidente nazionale di Confagricoltura Mario Guidi ha scritto una lettera al ministro per le Politiche agricole Mario Catania sollecitando la riapertura di uno o più “tavoli di confronto” tra i componenti delle varie filiere zootecniche “per affrontare la difficile situazione di mercato e definire un’intesa che salvaguardi le produzioni nazionali”. “Tra i molti i danni, diretti ed indiretti, provocati o aggravati dalla siccità non vanno dimenticati quelli che sta sopportando la zootecnia” – ha sottolineato Guidi. “Si è delineato un quadro economico insopportabile per le aziende zootecniche che si aggrava giorno dopo giorno, nel silenzio e nel disinteresse complessivo verso la loro situazione. Strette nella morsa dell’aumento dei prezzi delle principali materie prime, del costo del petrolio e dei suoi derivati e della riduzione dei prezzi dei prodotti, le imprese zootecniche italiane sono ormai allo stremo. Rischiamo di perdere un tessuto produttivo vitale e fondamentale per il made in Italy agroalimentare”.  “Le temperature registrate in questi giorni, con il caldo che non dà tregua neppure di notte, provocano un crollo verticale della produzione di latte – sottolinea Filippo Gasparini, Presidente della Sezione Lattiero-Casearia di Confagricoltura Piacenza – ma a preoccupare profondamente non è l’emergenza contingente quanto la crisi mondiale dei cereali che sta mettendo sotto scacco le aziende e che morderà nei prossimi mesi. Il mais, in particolare, è la coltura attorno alla quale gravita tutto il sistema zootecnico nazionale – prosegue Gasparini – per questo come Confagricoltura chiediamo da tempo un piano nazionale per il mais e ne abbiamo denunciato la mancanza. Chiediamo anche una revisione delle norme europee che penalizzano oltremodo questa coltura così fondamentale per il comparto produttivo”. A causa della siccità, la peggiore degli ultimi 55 anni che sta danneggiando le colture cerealicole del Midwest degli Stati Uniti ma anche altri grandi paesi produttori come la Russia, oltre che flagellando le campagne italiane, si prevede una drastica riduzione delle produzioni cerealicole che determinerà una flessione degli stock mondiali in particolare di mais (-8%, scendendo a quota 123 milioni di tonnellate) e soia (-4%, attestandosi a poco più di 53 milioni di tonn) ed avrà ripercussioni negative durature su mercati e approvvigionamenti. “Senza mais va in crisi tutto il sistema zootecnico perché i bisogni di amido delle mandrie sono crescenti – spiega Gasparini – e se l’apporto proteico, solitamente ottenuto somministrando soia, può essere in qualche modo supplito modificando la razione, l’amido contenuto nel mais è insostituibile.  Il caldo torrido sta poi generando problemi in termini di tossine nella coltura, di questo ci troveremo a dover parlare tra qualche mese quando non troveremo prodotto idoneo da somministrare in allevamento. Per concludere, quest’anno, nella nostra zona, si sono anche registrati danni da diabrotica e mentre tutto il mondo si preoccupa del mais il nostro Pese sembra volerlo condannare, perché è una coltura che necessita di acqua e di fertilizzanti, ignorando che significa condannare a morte la zootecnia italiana. Siamo liberi e liberisti, ma vogliamo un piano per il mais dato che le leggi attuali, di fatto, ne limitano la produzione, mentre produrlo in azienda è certamente il miglior modo per mettersi al riparo dalla volatilità delle quotazioni. A livello europeo, poi – rincara Gasparini – le leggi sembrano quasi architettate apposta per affossare la produzione di mais nel nostro Paese: la direttiva nitrati limita fortemente la somministrazione di azoto, il rispetto del DMV mette in crisi l’irrigazione e senz’acqua, con temperature elevate, si generano problemi di micotossine. A completare l’opera c’è l’ideologico aprioristico divieto dell’uso degli OGM. Una volta che, a livello aziendale, viene messo in crisi l’approvvigionamento di mais s’innesca la crisi per l’intera filiera. A livello europeo questo a qualcuno potrebbe anche far comodo. Non certo – conclude Gasparini – alle aziende agricole italiane né al sistema Paese”.