Si tratta di tendenze da confermare, ma il mondo dell’agricoltura teme si debba monitorare la possibilità concreta di dover far fronte all’ondata di caldo più intensa dell’estate. Se si dovesse verificare l’ipotesi tracciata negli ultimi giorni dai più prestigiosi centri di calcolo (ECMWF e GFS), l’Italia potrebbe finire “nel forno” in modo più serio durante la prossima settimana, come mai accaduto nel corso di quest’estate finora, comunque, così calda. L’ondata di calore potrebbe avere anche delle similitudini con quelle più intense che si sono verificate nell’agosto 2003, infliggendo il colpo di grazia alle colture già da tempo riarse dal caldo e in stress idrico. “I danni causati dal caldo africano e dalla siccità nelle campagne sono molto gravi – sottolinea Enrico Chiesa, Presidente di Confagricoltura Piacenza – tanto che chiediamo che venga dichiarato lo stato di calamità naturale. Nella nostra provincia la situazione è particolarmente drammatica in Val Nure e Val Trebbia dove, nonostante l’applicazione certosina del DMV nella parte finale dei torrenti non c’è una goccia d’acqua, in barba a tutti gli obiettivi di salvaguardia ambientale ai quali si è voluta sacrificare l’agricoltura. Lo stato di calamità naturale deve essere richiesto, poi, anche per la Val Tidone, dove le grandinate hanno devastato i vigneti, andando ad aggravare il problema della siccità”. Carenza d’acqua e caldo record stanno provocando un collasso da calore all’agricoltura, con deperimento organico delle piante di mais, girasole, soia, bietola, pomodoro, uva, ed i raccolti falcidiati. I corsi fluviali sono a secco mentre le temperature, a causa dell’anticiclone “Ulisse” ed ai venti caldi dall’Algeria, sono sempre più alte. Si teme anche per gli allevamenti, per la scarsità di foraggi e le carenze idriche. Secondo le stime di Confagricoltura, si può prevedere, in generale, che andranno persi un terzo dei raccolti di mais e la metà di quelli di soia. La siccità, anche al Nord, non è più un evento episodico ma una situazione strutturale che va fronteggiata – osserva l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – con una politica di costruzione e di gestione di invasi adeguati per la razionalizzazione delle risorse idriche; servono politiche indirizzate alla ricerca ed all’innovazione per sostenere le aziende nelle scelte colturali e produttive e per individuare nuove varietà di piante a minore esigenza idrica e finanziamenti per favorire investimenti aziendali per un migliore uso delle acque. “Abbiamo raccolto anche gli appelli del Consorzio di bonifica – sottolinea Chiesa – che invita ad irrigare di notte e solo le colture che ne hanno estremo bisogno, ma è sempre più chiaro che l’unico strumento possibile per garantire il DMV, nella nostra provincia, è stoccare l’acqua in bacini montani e collinari in grado di rilasciarla nella stagione secca, a beneficio di tutte le utilizzazioni. Un’ultima considerazione, infine, meritano le considerazioni lette i giorni scorsi per quanto riguarda un maggior prezzo riconosciuto al pomodoro da industria: sono destituite di ogni fondamento perché è vero che i raccolti sono a rischio, ma purtroppo il prezzo deriva da un contratto che non prevede aggiornamenti sulla base di eventi congiunturali. Oltretutto il prodotto sta rischiando di riscontrare una minor remunerazione proprio in conseguenza dell’applicazione di alcuni parametri, già criticati a suo tempo, che stanno penalizzando i produttori oltre ogni aspettativa”.