“Ancora non rispettate le riforme introdotte dal referendum sulla gestione dell’acqua del 12 e 13 giugno”. A denunciare un mancato rispetto della sentenza della Corte Costituzionale è il Comitato Acqua Bene Comune. Uno degli obiettivi del referendum era quello di rendere illegittimo che i privati caricassero la bolletta di circa il 7%, per sopperire ai costi dovuti agli investimenti necessari all’ammodernamento degli impianti, cosa prima consentita per legge. Secondo il comitato ciò non sta avvenendo. Per questo motivo anche a Piacenza il movimento referendario ha attivato la campagna di “obbedienza civile”. I cittadini che vi hanno aderito hanno chiesto il rimborso della quota non più dovuta e la sua eliminazione dalla bolletta, comunicando al gestore e al suo “controllore” ATERSIR che si sarebbero riservati di pagare le bollette successive decurtandole di tale quota. Ad oggi sono stati inviati circa 90 reclami, molti dei quali di utenze condominiali.
DI SEGUITO IL COMUNICATO DEL COMITATO ACQUA BENE COMUNE
Mentre la recente sentenza della Corte Costituzionale ci riporta alla legalità per quanto riguarda il primo quesito, in gran parte d’Italia rimane ancora disatteso il secondo quesito referendario, che eliminava la possibilità di fare profitti sulla gestione dell’acqua, abrogando il 7% di “remunerazione del capitale investito” (che a Piacenza incide in bolletta per quasi il 20%). Per questo motivo anche a Piacenza il movimento referendario ha attivato la campagna di “obbedienza civile”. I cittadini che vi hanno aderito hanno chiesto il rimborso della quota non più dovuta e la sua eliminazione dalla bolletta, comunicando al gestore e al suo “controllore” ATERSIR che si sarebbero riservati di pagare le bollette successive decurtandole di tale quota. Ad oggi sono stati inviati circa 90 reclami, molti dei quali di utenze condominiali. Il gestore Iren Spa ha risposto che viene applicata in modo rigoroso la tariffa deliberata dall’Autorità d’Ambito (ora ATERSIR). Ma se è vero che l’Autorità ha avuto un comportamento omissivo non adeguando la tariffa alla nuova normativa, questo non elimina la corresponsabilità del gestore che continua a pretendere di incassare somme che non gli sono più dovute. Infatti secondo il DPR del 20/07/2011 è fatto obbligo a chiunque spetti di osservare e di fare osservare il risultato referendario. Inoltre ai sensi dell’art. 1339 del Codice Civile, le clausole imposte dalla legge sono di diritto inserite nei contratti, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti. E’ quindi chiaro che avendo il referendum abrogato la disposizione di legge che prevedeva la remunerazione del capitale investito, ha altresì abrogato le regolamentazioni di grado inferiore contenenti riferimenti a tale voce. Recentemente Iren ha inviato solleciti ad esponenti del comitato e altri utenti che hanno obbedito all’esito referendario pagando la giusta bolletta, considerandoli alla stregua di morosi inadempienti e minacciando le iniziative previste per i casi di morosità, fino alla sospensione della fornitura. In proposito ricordiamo che, da regolamento di acquedotto, la fornitura non può essere sospesa ma soltanto ridotta, e che in ogni caso diverse sentenze hanno considerato vessatoria la minaccia di riduzione del flusso, anche se prevista dai regolamenti di settore. Riteniamo queste minacce ancor più inaccettabili in riferimento a somme non più dovute e tra l’altro irrisorie (dai 10 ai 40 euro a seconda dell’entità della bolletta). Abbiamo quindi risposto al gestore ribadendo le nostre ragioni e diffidando dal dare seguito alle iniziative prospettate, riservandoci di agire per vie legali per tutelare i diritti dei cittadini. Tali pressioni sono ancora più paradossali se pensiamo ai 6 milioni di mancati investimenti, finanziati dalle nostre bollette e mai realizzati (libertà del 17 luglio). O se leggiamo il bilancio 2011 di Iren: Il fatturato sale del 4% grazie all’aumento della tariffa, che più che controbilancia il minor volume d’acqua distribuito, e l’utile cresce da 83 a 85 milioni. E questa sarebbe la gestione di un servizio e di un bene pubblico nell’ interesse dei cittadini? Ci appelliamo a Sindaci e amministratori (azionisti e “controllori” del gestore) affinché attuino finalmente l’esito referendario e impediscano atteggiamenti vessatori nei confronti di cittadini che fanno valere un proprio diritto. Noi andiamo avanti, e com’è accaduto per il primo quesito con la sentenza della Consulta, siamo certi che anche per il secondo quesito verrà ripristinata la legalità ed il rispetto del risultato referendario e della democrazia.
Per informazioni sulla campagna: acquapubblicapiacenza@gmail.com.