Festival Teatro Antico di Veleia, con Margherita Hack e Giulio Scarpati

I nostri antenati hanno trovato nel cielo le conoscenze più utili alla sopravvivenza: hanno imparato a orientarsi in mare o nei deserti, a costruire orologi e calendari. Incantati dai movimenti degli astri e dei pianeti, intimoriti da inspiegabili fenomeni come le eclissi o le comete, hanno anche popolato il firmamento di dèi ed eroi che ne spiegassero il mistero.

Radio Sound

In un percorso che tocca l’astronomia e l’archeologia, la scienza e il mito, Margherita Hack ci insegna a “leggere” il cielo notturno: partendo dalle costellazioni, visibili a occhio nudo e ben riconoscibili, Margherita Hack spiega la formazione e la struttura delle stelle e i fenomeni astronomici che vi sono legati, accompagnandoci attraverso galassie, buchi neri e nebulose, raccontando le leggende e i miti legati alle stelle nelle differenti culture, spaziando alle cosmogonie, dall’archeologia, all’arte e alla letteratura.

Sul filo delle appassionanti storie collegate a Cassiopea e a Orione, all’Orsa Maggiore e al Sagittario, la grande astrofisica riporta alla vita il cielo che le troppe luci delle nostre città hanno oscurato, svelando il suo presente e il suo passato: l’esperienza degli uomini che hanno denominato le stelle e decifrato i loro segreti; i sogni e le paure degli antichi che hanno riposto fra gli astri più brillanti le loro favole più belle, rendendole immortali.

Ad accompagnare Margherita Hack, in questo evento unico, il giornalista/esploratore Viviano Domenici e il grande Giulio Scarpati – amatissimo volto del dottor Lele di Un medico in famiglia e indimenticato protagonista de Il giudice ragazzino (che gli valse il David di Donatello) – interpreta alcuni brani letterari e poetici su miti, eroi, dei creati dalla fantasia umana per spiegare i misteri delle stelle.

Margherita Hack

Margherita Hack è una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana e ha vissuto lavorando in grande stile alla scienza astrofisica. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, ha svolto un’importante attività di divulgazione e ha dato un valido contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle.

Vegetariana e animalista convinta, Margherita Hack frequentò il liceo classico e iniziò a giocare a pallacanestro e a fare atletica, ottenendo ottimi risultati a livello nazionale nel salto in alto. Ritrovò Aldo dieci anni dopo, nel 1943, all’Università di Firenze, dove frequentavano rispettivamente la Facoltà di Fisica e quella di Lettere. Si sposarono l’anno successivo e sono ancora uniti. A guerra finita, nel 1945, fu possibile laurearsi con una tesi di astrofisica relativa a una ricerca sulle cefeidi, una classe di stelle variabili. Il lavoro fu condotto presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri, dove la Hack iniziò a occuparsi di spettroscopia stellare, che sarebbe diventato il suo principale campo di ricerca.

Iniziò un periodo di precariato come assistente presso lo stesso Osservatorio e come insegnante presso l’Istituto di Ottica dell’Università di Firenze. Il primo impiego le venne offerto nel 1947 dalla Ducati, un’industria di Milano che iniziava a occuparsi di ottica. Margherita lo accettò e si trasferì col marito, ma l’anno successivo preferì tornare all’ambiente universitario fiorentino.

Dal 1948 al 1951, insegnò astronomia come assistente e nel 1950 entrò in ruolo. Nel 1954 ottenne la libera docenza e, sotto la spinta del marito, iniziò la sua attività di divulgatrice scientifica, collaborando con un quotidiano. Chiese e ottenne il trasferimento all’Osservatorio di Merate, presso Lecco, una succursale dello storico Osservatorio di Brera. Nello stesso periodo, teneva corsi di astrofisica e di radioastronomia presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Milano e iniziò le sue numerose collaborazioni con università straniere in qualità di “ricercatore in visita”. Accompagnata dal marito, che la seguiva in ogni spostamento, collaborò con l’Università di Berkeley (California), l’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey), l’Institut d’Astrophysique di Parigi (Francia), gli Osservatori di Utrecht e Groningen (Olanda), l’Università di Città del Messico; è stata anche “docente in visita” presso l’Università di Ankara (Turchia).

Nel 1964 divenne professore ordinario, ottenendo la cattedra di astronomia presso l’Istituto di Fisica teorica dell’Università di Trieste e come tale ebbe l’incarico della direzione dell’Osservatorio astronomico. La sua gestione, durata fino al 1987, rivitalizzò un’istituzione che era l’ultima in Italia sia per numero di dipendenti e di ricercatori che per strumentazione scientifica, portandola a rinomanza internazionale. L’enorme sviluppo delle attività didattiche e di ricerca, che Margherita Hack aveva promosso in università, pose il problema di creare un Istituto di Astronomia. Fu istituito nel 1980 e sostituito nel 1985 da un Dipartimento di Astronomia, che la scienziata diresse fino al 1990. Dalla sua nascita, nel 1982, la studiosa ha curato una stretta collaborazione anche con la sezione astrofisica della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa).

La carriera scientifica di Margherita Hack si è intrecciata a quella degli astronomi più importanti dell’ultimo secolo. Le sue ricerche hanno toccato diversi settori, contribuendo in modo significativo allo studio e alla classificazione spettrale.

Ha alternato la stesura di testi scientifici – sull’astronomia generale e la spettroscopia stellare – a carattere universitario, alla scrittura di testi a carattere divulgativo, come “Le nebulose e gli universi-isole” (1959), “La radíoastronomia alla scoperta di un nuovo aspetto dell’Universo” (1960), “L’universo. Pianeti, stelle e galassie” (1963), “Esplorazioni radíoastronomíche” (1964), “L’universo violento della radioastronomia” (1983), “Corso di astronomia” (1984), “L’universo alle soglie del Duemila” (1992), “La galassia e le sue popolazioni” (1992), “Alla scoperta dei sistema solare” (1993), “Cosmogonie contemporanee” (1994), “Una vita tra le stelle” (1995), “L’amica delle stelle” (1998). Il trattato “Stellar Spettroscopy”, scritto a Berkeley, nel 1959, con Otto Struve (1897-1963) è considerato ancora un testo fondamentale. Straordinaria divulgatrice, ha collaborato a numerosi giornali, a periodici specializzati e ha fondato nel 1978 la rivista “L’Astronomia” che dirige tuttora. Nel 1980 ha ricevuto il premio Accademia dei Lincei e nel 1987 il premio Cultura della Presidenza dei Consiglio. E’ membro dell’Accademia dei Lincei, dell’Unione Internazionale Astronomi e della Royal Astronomical Society. Nel 1992 la scienziata è andata fuori ruolo per anzianità e ha continuato l’attività di ricerca senza l’impegno dell’insegnamento. Nel 1993 è stata eletta consigliera comunale a Trieste.
Dal 1997 è in pensione, ma dirige ancora il Centro Interuniversitario Regionale per l’Astrofisica e la Cosmologia (CIRAC) di Trieste e si dedica a incontri e conferenze al fine di “diffondere la conoscenza dell’Astronomia e una mentalità scientifica e razionale”.

Giulio Scarpati

Occhi chiari, sorriso franco ma indifeso, ha l’aria classica del «ragazzo della porta accanto». Esordisce in Roma Paris Barcellona (1990) di P. Grassini e I. Spinelli, ma è G. Piccioni che ne fa un prototipo generazionale dominato da dolcezza e disorientamento con Chiedi la luna (1991) e Cuori al verde (1996). Lavora anche con E. Scola (Mario, Maria e Mario, 1993), M. Guglielmi (L’estate di Bobby Charlton, 1995) e M. Ponzi (Italiani, 1996; A luci spente, 2003), ma è con A. di Robilant che dà una delle sue prove migliori interpretando il giovane magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia, in Il giudice ragazzino (1994). Dalla fine degli anni ’90 lavora soprattutto in televisione, dove ottiene un clamoroso successo di pubblico interpretando il ruolo del protagonista, accanto a L. Banfi, dello sceneggiato Un medico in famiglia. (fonte Mymovies)

Viviano Domenici

Giornalista, responsabile per decenni delle pagine scientifiche del Corriere della Sera, Viviano Domenici ha seguito straordinarie spedizioni di ricerca paleontologica e antropologica nei cinque continenti: con i Boscimani nel deserto del Kalahari, in Papua Nuova Guinea con una tribù di pigmei cannibali, in Iran, alla scoperta di Persepoli, la città-teatro dei Re Achemenidi, nel Mali tra i villaggi di fango dei Dogon, in Indonesia nei villaggi-barca dei Toraja, a Calakmul, la metropoli dei Maya nella foresta dello Yucatan, in Cappadocia, nel Paese dei “camini di fate” e delle città sotterranee, in Polinesia, Perù, Colombia, in Turkmenistan per gli scavi archeologici della civiltà delle Oasi, in Kazakhstan alla ricerca delle tombe degli Sciti, in Sudan fra le piramidi e i tesori dei Faraoni Neri, in Madagascar, in Mongolia alla ricerca fossili di uova e scheletri di dinosauri; in Tanzania nella Olduvai Gorge, tra ominidi di due milioni di anni fa…

Ha pubblicato monografie a carattere storico-archeologico, ottenendo diversi premi e riconoscimenti (Premio Chiusi Anno degli Etruschi / Istituto Italiano di Studi Etruschi, Premio Galestro/Regione Toscana / Scavi sub. Isola del Giglio; Premio Cagliari/Regione Sardegna / Scavi Monte d’Accoddi; Premio Mazzotti-Gambrinus per un libro di esplorazione; Premio “In difesa della Ragione”; Premio Cavalli d’Oro di San Marco/Istituto Veneto Lettere ed Arti; Premio Neos dell’Associazione Giornalisti di viaggio….).