Migliaia gli esodati a Piacenza: “Unica soluzione è trovare un altro lavoro”

Nella nostra città potrebbero essere un migliaio gli esodati, ovvero i lavoratori usciti dal percorso lavorativo, convinti di poter arrivare con tranquillità alla pensione, ma che lo spostamento in avanti dell’età pensionabile ha abbandonato in un difficile limbo.

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“Gli esodati più difficili da individuare sono coloro che lavoravano in aziende con meno di 15 dipendenti e che quindi si sono ritrovati sprovvisti di ammortizzatori sociali importanti che li accompagnano al pensionamento – spiega Adelmo Mattioli, direttore del patronato Inca Emilia Romagna – persone che vivono il loro dramma nella più totale solitudine”.

Cosa possono fare gli esodati per uscire da questa critica situazione? “Le risorse stanziate dal governo per venire in aiuto a queste persone sono sufficienti solo per 65mila lavoratori quando gli esodati in Italia sono circa 400mila – spiega Mattioli – l’unica strada da intraprendere è presentarsi al patronato Inca per una verifica della consistenza dei contributi e delle caratteristiche della perdita del lavoro, per dimostrare di essere davvero un esodato e non un lavoratore licenziato o dimessosi”.

Da lì in poi parte l’iter per ottenere sostegno dal decreto, il quale però, come si è detto, troverà soluzione solo per pochi: “Gli esodati non troveranno sostegno nella legge – conferma Mattioli – e purtroppo sono condannati a perdere alcuni diritti. Inca e sindacati avranno il compito di accompagnare queste persone nella ricerca di nuovi lavori”.

In realtà una soluzione ci sarebbe ma comprensibilmente è poco percorribile. E’ la contribuzione volontaria, che consiste nel pagare i contributi previdenziali pur non avendo più il lavoro e riuscire ad arrivare così alla pensione senza lavorare. “Una strada che quasi nessuno si può permettere di percorrere”, spiega Daniela Piacentini del patronato Inca di Piacenza e che persone in condizioni lavorative disperate ne vede ogni giorno. “Sono delle spese notevoli, stiamo parlando del 33 per cento della retribuzione che si percepiva con il lavoro poi perso. Cifre che quindi si aggirano intorno agli 8-9mila euro all’anno, fuori dalla portata di chi non ha più un reddito“.