Ha fatto il giro d’Italia ieri la notizia del suicidio di Francesco Fiordelisi, l’uomo di 75 anni che si è sparato con un revolver in pieno giorno di fronte ad alcuni passanti che stavano camminando tranquillamente sul marciapiede di via Buzzetti, in una delle zone residenziali più eleganti della città. Tre colpi, due all’addome che l’hanno fatto accasciare al suolo e uno fatale alla tempia. Sposato, padre di famiglia, Fiordelisi gestiva un autolavaggio sulla via Emilia Pavese e, stando a ciò che i parenti hanno dichiarato ai carabinieri, da qualche tempo soffriva di depressione. Eppure aveva in casa tre armi: la Smith&Wesson calibro 38 con cui si è tolto la vita, un fucile da caccia e una pistola soft air, tutte detenute regolarmente.
Un caso drammatico che punta di nuovo i riflettori sul mondo delle armi, già più volte oggetto di dibattito a vari livelli ma che, come sempre, torna in auge ogni volta che qualcuno si fa male sul serio. Ed è questo il caso, purtroppo. Il povero Francesco Fiordelisi aveva regolarmente acquistato le armi e altrettanto regolarmente ne aveva denunciato il possesso in questura; in quell’occasione aveva dovuto dimostrare non solo di saperle usare e di avere i requisiti “morali” per poterle detenere (in altre parole, doveva essere incensurato), ma aveva dovuto anche dimostrare con un certificato medico di avere i requisiti psico-fisici. Tutto ciò, lo ripetiamo, al momento dell’acquisto e il punto è proprio questo: una persona i requisiti psicofisici può pure averceli al momento dell’acquisto di un’arma ma può anche darsi che nel corso degli anni li perda: si ammala, impazzisce, cade in depressione. Ma ciò nonostante non esisteva alcun obbligo di legge che imponesse una verifica: se compravi un’arma legittimamente, la potevi tenere per sempre. L’unica differenza era per le licenze di porto, ovvero quelle che consentono ai privati cittadini di girare armati al di fuori delle mura domestiche; in questi casi il certificato medico lo si deve presentare una volta all’anno al questore o al prefetto.
Per il resto, come s’è detto, non esisteva alcun obbligo di legge; almeno fino al primo luglio del 2011. La legge è cambiata, infatti, ed è cambiata proprio sulla base dei tanti, troppi casi simili a quello che domenica mattina ha sconvolto Piacenza e l’Italia (la notizia è stata ripresa del Corriere della Sera). “Per ridurre il rischio che si verifichino fatti del genere – ci spiega il sostituto commissario Angelo Giannatiempo, responsabile dell’ufficio armi e licenze della questura – è entrata in vigore il primo luglio 2011 una norma che impone la verifica periodica dell’idoneità psicofisica di chi detiene armi: ogni sei anni dovrà essere presentato un certificato medico”.