I sindaci di tutta la provincia sono riuniti in questo momento a nella sala consigliare del Comune di Piacenza. O meglio, una ventina di primi cittadini su 48 si sono uniti per dare un segno forte, anzi due: il primo alle popolazioni terremotate a due passi qui, nella nostra regione; il secondo segno è al governo centrale. Un segno di protesta, quest’ultimo, per fare capire allo Stato centrale che così, con queste regole, con questa impostazione che penalizza le amministrazioni locale chiamate a “tappare i buchi della spesa pubblica” – come ha sottolineato il padrone di casa Paolo Dosi, sindaco di Piacenza – non si può andare avanti.
Il primo a prendere la parola è stato Giovanni Compiani, sindaco di Fiorenzuola, che in questi mesi si è fatto carico di tenere i contatti con tutti i colleghi della provincia per fare fronte comune. “A Piacenza c’erano le elezioni – ha subito precisato Compiani – e mi sono fatto carico io di portare avanti questa iniziativa, ma da oggi la presidenza torna al neosindaco del capoluogo Paolo Dosi”.
“I comuni virtuosi come i nostri – prosegue Compiani, prendendo spunto dalla tragedia del terremoto in Emilia, che è il primo pensiero della riunione di oggi – sanno dove mettere le mani per rendere più sicuro il territorio, ma spesso le mani le hanno legate. Certo, i fatti di questi giorni ci imporranno di rivedere le mappe del rischio sismico e questi cambiamenti dovranno tradursi probabilmente in nuove norme, nuovi studi; ma è chiaro che il patto di stabilità ha in qualche modo impedito opere che sarebbero andate anche nella direzione della sicurezza. Spero che ora, emergenza a parte, si pensino interventi strutturali in prospettiva, per il futuro”.
“E in proposito di futuro – continua il primo cittadino di Fiorenzuola – rappresenta un’incertezza enorme. Io dico già da ora che il patto di stabilità noi non riusciremo a rispettarlo, a meno di non chiudere mezzo comune. La figura del sindaco se andiamo avanti così diventerà perfettamente inutile. Ma noi non rinunceremo alla nostra azione: vogliamo fare in modo che agli alti livelli dello Stato si rendano conto che la partita della coesione sociale, dell’economia vera si gioca qui, a livello locale. La crisi sta colpendo in modo forte le nostre comunità. Vogliamo che i comuni acquistino un posto diverso nella scala dei valori del governo centrale”.
E ancora: “Questi sono problemi che sentiamo tutti, indipendentemente dai partiti e dalle visioni politiche. E vogliamo che continui ad essere così. Abbiamo aperto un profilo Facebook per iniziare un percorso di condivisione delle problematiche e degli spunti, ed è solo il primo passo. Tenere i comuni aperti ai cittadini è un’altra cosa che intendiamo fare tutti, il più possibile, iniziando dal 2 giugno.
Altre iniziative? Ora una manifestazione nazionale forse avrebbe poco senso; potremmo pensare noi sindaci di scendere in mezzo alla nostra gente, a livello locale, nella città capoluogo. Si è anche pensato a un incontro con i nostri parlamentari per sensibilizzarli sempre di più sulle criticità locali. Ci accorgiamo che altri livelli dello stato, dalle regioni a Roma, hanno sensibilità diverse e magari è ora che inizino a ripensare certe uscite. Noi a Fiorenzuola, per esempio, abbiamo avuto 3mila euro di spese di rappresentanza.. si inizia così, credo”.
“Qui da noi il livello della politica ha conservato un livello di credibilità che altrove non è stato mantenuto – ha detto con forza Dosi – e intendiamo farlo notare mentre denunciamo scelte centrali che stanno penalizzando troppo i comuni, cambiando il concetto stesso di fiscalità”
Dura presa di posizione, poi, di Fabio Callori, sindaco di Caorso: “Noi continuiamo a fare richieste ma nessuno ci dà le risposte che ci aspettiamo”. E aggiunge con decisione: “Questa imu non è dei comuni” è il testo di un cartello che solleva e che verrà mostrato anche alla festa del 2 Giugno.
Ha preso poi la parola il sindaco di Rottofreno Raffaele Veneziani sottolineando la necessità che il denaro degli imprenditori locali resti il più possibile nelle loro tasche: “E’ vergognoso che in questo periodo ci vengano tolte risorse che con merito sono state generate sul nostro territorio. In proporzione i tagli che hanno interessato i comuni in questa parte d’Italia sono largamente maggiori rispetto a quelli che hanno toccato il Mezzogiorno”.
Qualcosa dobbiamo fare, afferma Gianni Zanrei di Carpaneto. E l’idea è “potente”: “Chiudiamo tutti un servizio, ma facciamolo tutti, in modo che si accorgano di cosa stiamo parlando. E che ci denuncino tutti. Poi dobbiamo alzare il livello della nostra protesta”.