“Picchiava Kaur e sapeva che era incinta”

Ultimamente era saltato fuori che lui la picchiava, la maltrattava. Poi aveva chiamato qui i genitori e il fratello e da qual momento ha iniziato ad abbandonare un po’ la moglie”.

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A parlare è il  titolare dell’azienda agricola, in località Zoppa di Baselicaduce (Fiorenzuola), che dava lavoro a Singh Kulbir, il 37 enne indiano reo confesso dell’omicidio della moglie, Kaur Balwinde, connazionale di 27 anni.

Una testimonianza importante quella dell’agricoltore che, come dice lui stesso “quando sono arrivati gli abbiamo messo su casa  e dato lo stipendio che gli spettava” e conosceva bene la coppia da almeno cinque anni.  Quindi ha visto da vicino l’evoluzione che ha portato al tragico evento e si è sentito di confermare come i comportamenti violenti dell’uomo si fossero già manifestati in passato.

La casa di Franco (il titolare) dista pochi metri dalla stalla riadattata ad abitazione, dove è avvenuto l’omicidio. Per arrivare all’azienda si deve imboccare una stradina di ghiaia bianca, seminascosta da una curva, a metà strada tra Besenzone e Baselicaduce. Un micro mondo, di due case e tanto verde intorno, le stalle, qualche cane che scorrazza nel cortile e dove la vita può scorrere tranquilla o finire con drammatica indifferenza.

I problemi tra i due, sempre secondo la ricostruzione del titolare, si erano accentuati negli ultimi tempi: “Lei un giorno era andata via, lo aveva denunciato ed era scappata dalla famiglia a Firenze. Poi era tornata e aveva trovato la porta chiusa”.

Ma è qui, che oltre alle botte, Franco ha svelato un altro particolare che smentirebbe la versione data dall’omicida: “Quando hanno litigato l’ultima volta li abbiamo chiamati in casa per sapere cos’era successo. Lui non la voleva più vedere mentre lei diceva che sarebbe rimasta per il figlio e perché ne aspettava un altro”.

Singh Kulbir avrebbe saputo, quindi, che la moglie era incinta, a differenza di quanto riferito agli inquirenti.

Inquietanti anche i ricordi che, lentamente, riaffiorano dalle parole dell’uomo: “Quando era venuto in casa nostra avevamo immaginato qualcosa….Era già un po’ di tempo che ci portava via latte e gasolio. Era un ladro. E lei questo lo usava come ricatto, gli diceva: ‘Se dico a Franco cosa fai ti lascia a casa subito’. Così lui, prima voleva tornare in India, poi aveva paura che parlasse e infatti ha parlato. E’ stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Lui aveva paura di perdere il posto”.

Insomma, oltre al movente passionale, fin qui ipotizzato dalle forze dell’ordine, vi sarebbero motivi legati anche al lavoro e alla condotta dello straniero nell’azienda nella quale lavorava.

Ma non solo. Perché se la questione culturale è stata esclusa da chi conduce le indagini, sono ancora le parole del titolare a ricordare il carattere di Kaur Balwinde, tutt’altro che una donna remissiva come la tradizione imporrebbe: “Lei erano venti anni che era qui, si pensava occidentale, italiana e nello stesso tempo non aveva paura di lui. E’ stato il suo danno. Perché se avesse avuto paura…invece lei era aggressiva, non lo temeva. E poi è andata a finire così…”.